Un articolo1 di Metin Gurcan apparso su Al Monitor (sito specializzato su Vicino Oriente sorto nel 2012) introduce alcune interessanti ipotesi circa la riorganizzazione delle Forze Armate turche e degli stessi servizi di sicurezza in seguito alle massicce epurazioni succedute al tentato colpo di Stato del luglio 2016.

In sintesi, due sembrano essere gli ambienti suscettibili di trovare grandi spazi di intervento nel “vuoto” lasciato dai gűlenisti estromessi: quello coincidente o attiguo al partito di governo AKP e quello legato all’ideologo Doğu Perinçek, attuale segretario del Vatan Partisi (Partito Patriottico), un movimento dal peso elettorale ridottissimo (0,25 % alle ultime elezioni generali) ma che sembrerebbe vantare quadri qualificati e capacità relazionali importanti.
Perinçek, che fu anche a capo dell’IşçI Partisi (Partito dei Lavoratori) si è sempre presentato come un nazionalista filorusso e antioccidentale ma anche come kemalista laico e ostile a ogni presenza islamica nella politica turca; non sono mancate in passato alcune ambiguità, legate alla sua presunta appartenenza all’organizzazione Ergenekon.

L’aspetto interessante della “candidatura” di Perinçek sta ora nella affermata disponibilità a un accordo con la componente islamica – segnatamente con l’AKP – e pertanto nella caduta di quella pregiudiziale laicista che di fatto ha sempre costituito il cavallo di Troia dell’occidentalismo in Turchia.
Già il 20 gennaio Perinçek aveva affermato pubblicamente di aver formato con i “conservatori-religiosi” (l’AKP) un fronte comune patriottico; e la vicenda inquietante dell’ennesimo golpe (15 luglio) ha rafforzato tale convergenza, più volte ribadita da Perinçek. D’altra parte, quando a maggio il Primo Ministro Davutoğlu fu estromesso, Perinçek disse con chiarezza che se ne stava (fortunatamente) andando l’uomo politico più vicino agli Stati Uniti: la politica turca si riorientava potenzialmente in una direttrice più gradita, verso un recupero di sovranità.

Gurcan nel suo articolo sostiene che “per alcuni” addirittura Perinçek gode ad Ankara di un credito superiore a quello del Primo Ministro Yıldırım, e che Erdoğan avverte un bisogno vitale dell’appoggio del suo gruppo: forse c’è dell’esagerazione in questo ma non del tutto, se è vero che – come ha riportato la rivista statunitense Foreign Policy in un servizio del 12 luglio –  il gruppo Perinçek dispone per esempio di buone entrature presso il governo siriano e presso l’ambiente politico russo.

In ogni caso – e al netto di provvedimenti di epurazione talora affrettati e arbitrari assunti nell’immediatezza del golpe – è certo che l’estromissione della presenza gűlenista dai vertici dell’apparato statale e militare risulta indispensabile per scongiurare ennesimi colpi di Stato e per recidere i legami con quel mondo occidentale che ha sempre considerato la Turchia come propria colonia e sentinella.


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  1. http://www.mesop.de/mesop-todays-commentary-by-metin-gurcan-al-monitor-the-growing-influence-of-the-perincek-group/
Aldo Braccio ha collaborato con “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” fin dal primo numero ed ha pubblicato diversi articoli sul relativo sito informatico. Le sue analisi riguardano prevalentemente la Turchia ed il mondo turcofono, temi sui quali ha tenuto relazioni al Master Mattei presso l'Università di Teramo e altrove. È autore dei saggi "La norma magica" (sui rapporti fra concezione del sacro, diritto e politica nell'antica Roma) e "Turchia ponte d’Eurasia" (sul ritorno del Paese della Mezzaluna sulla scena internazionale). Ha scritto diverse prefazioni ed ha pubblicato numerosi articoli su testate italiane ed estere. Ha preso parte all’VIII Forum italo-turco di Istanbul ed è stato più volte intervistato dalla radiotelevisione iraniana.