Non sarà l’inizio della Terza Guerra Mondiale e nemmeno comprometterà definitivamente i rapporti fra Russia e Turchia ma l’abbattimento del caccia russo da parte dell’aviazione di Ankara segna un ulteriore passo azzardato della politica estera turca, in piena deriva atlantista.

Qualche considerazione a freddo porta a ritenere verosimile l’idea di una sorta di trappola fatta scattare deliberatamente in ambito NATO: la decisione di abbattere l’aereo militare – appartenente a un Paese, la Russia, impegnato in una campagna antiterrorismo ufficialmente condivisa dalla Turchia – è stata presa dai comandi militari turchi. Il capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, Hulusi Akar, avrebbe avvertito – secondo una ricostruzione fatta dai media turchi – il Primo Ministro Davutoḡlu per una formale approvazione dell’abbattimento, sulla scorta delle severe “regole d’ingaggio” approvate nel 2012 in seguito all’abbattimento di un aereo militare turco in territorio siriano.

Sembra dubbio che Davutoḡlu avrebbe dato il suo assenso se obbiettivamente informato della vera situazione in atto; e i tentativi di Erdoḡan di un recupero di dialogo con Putin tradiscono un certo sconcerto e imbarazzo. Fatto sta che la ricostruzione diffusa dagli alti comandi militari appare quantomeno forzata: 10 avvertimenti ai due aerei russi fatti in cinque minuti ? Con uno sconfinamento effettivo di 17 secondi ? Un mistero della logica. Un fatto talmente grave (17 secondi !) da imporre l’eliminazione – con relativa probabile morte dei piloti – di aerei impegnati in una missione condivisa almeno formalmente, e in cui era comunque indiscutibile che l’obiettivo non fosse il territorio turco ?

Potrebbe forse essere utile ricordare come il generale Akar – nominato capo di Stato Maggiore lo scorso agosto su indicazione del Consiglio militare supremo – abbia fama di essere molto legato alla NATO e assai vicino anche agli ambienti militari statunitensi: una scelta di continuità nella tradizione filoatlantica delle Forze Armate turche, manifestatasi come è noto per decenni con continue interferenze nella vita politica, colpi di Stato inclusi.
Merita attenzione anche una voce – prontamente tacitata – proveniente da oltreoceano. Veterans Today, organo indipendente statunitense specializzato nella controinformazione, fornisce una chiave di lettura dei fatti piuttosto sorprendente: la decisione di Ankara di procedere all’abbattimento dell’aereo russo sarebbe stata preceduta da consultazioni intercorse con il senatore John McCain, attuale presidente della commissione senatoriale sulle Forze Armate statunitensi, che avrebbe garantito – in caso di confronto diretto con la Russia – il sostegno diretto del generale Philip Breedlove, comandante delle forze NATO in Europa.

Il ruolo giocato da McCain e Breedlove è noto: il primo è da anni impegnato nella strategia della tensione contro la Siria e nel sostegno armato ai “ribelli” di ogni tipo allo scopo di rovesciare il legittimo – ma d’autorità iscritto nell’Asse del Male – governo siriano. Veterans Today lo rappresenta come mentalmente instabile e come esponente di punta – insieme ad altri, come i rappresentanti repubblicani alle presidenziali dell’anno prossimo Ted Cruz e Rand Paul – di un movimento di estremisti evangelici, End Times.

Il secondo ha recentemente dichiarato, in piena campagna antiISIS, di “non capire quello che la Russia stia facendo in Siria: assistiamo con preoccupazione a questa operazione, come ad altre che continuano ad appoggiare il regime di Assad”, ed è lo stesso che ha pubblicamente invitato i Paesi occidentali a “non escludere” un intervento militare in Ucraina.

L’attacco dei media occidentali alla Federazione Russa è continuo: tutti hanno nei giorni scorsi ripreso la notizia – lanciata dal sedicente e completamente inaffidabile “Osservatorio siriano dei diritti umani” – del presunto bombardamento del mercato di Idlib, con conseguente asserita strage (“44 morti e decine di feriti”) di innocenti. Un episodio assolutamente incontrollabile che stupisce per la precisione del dato, mentre per i bombardamenti francesi su Raqqa, “avvolta in una palla di fuoco” secondo quanto si afferma, l’Osservatorio – in realtà organismo composto da un’unica persona, residente in Inghilterra – riferisce di decine di raid aerei ma non ha riscontro di “eventuali” vittime fra la popolazione!

Tutto questo peggiora ed esaspera il clima da “guerra franca” e stimola irresponsabilmente la campagna che il mondo occidentale – entità artificiale sovrappostasi all’ Europa – conduce nei confronti della Russia; la Turchia contro i suoi stessi interessi sembra accodarsi a tale operazione, e, al suo interno, la componente militare sembra nuovamente dominare quella politica nella gestione delle emergenze internazionali.


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Aldo Braccio ha collaborato con “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” fin dal primo numero ed ha pubblicato diversi articoli sul relativo sito informatico. Le sue analisi riguardano prevalentemente la Turchia ed il mondo turcofono, temi sui quali ha tenuto relazioni al Master Mattei presso l'Università di Teramo e altrove. È autore dei saggi "La norma magica" (sui rapporti fra concezione del sacro, diritto e politica nell'antica Roma) e "Turchia ponte d’Eurasia" (sul ritorno del Paese della Mezzaluna sulla scena internazionale). Ha scritto diverse prefazioni ed ha pubblicato numerosi articoli su testate italiane ed estere. Ha preso parte all’VIII Forum italo-turco di Istanbul ed è stato più volte intervistato dalla radiotelevisione iraniana.