Il 12 marzo 2015 il Parlamento dell’Unione Europea ha votato una risoluzione sulla relazione annuale tenuta dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la sicurezza. Dopo aver esordito sottolineando “il drastico peggioramento del contesto della sicurezza in tutta l’UE, in particolare nelle sue immediate vicinanze” (par. 1), il Parlamento europeo “rammenta che l’UE ha l’obbligo (…) di garantire che la sua azione esterna sia progettata e attuata allo scopo di consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e i principi del diritto internazionale” (par. 16) e “prende atto dell’aumento della richiesta di assistenza internazionale nel sostegno alla democrazia” (par. 17).

Dopo alcune pagine, il testo della risoluzione parlamentare viene al dunque: il Parlamento “ritiene necessaria una strategia politica globale volta a ristabilire l’ordine politico europeo (…) e a vincolare tutti gli Stati europei, tra cui la Russia; (…) ritiene che lo sviluppo di un dialogo costruttivo con la Russia e con altri paesi del vicinato dell’UE in materia di cooperazione per rafforzare questo ordine costituisca una base importante per la pace e la stabilità in Europa, purché la Russia rispetti il diritto internazionale e assolva ai suoi impegni relativi alla Georgia, alla Moldova e all’Ucraina, compreso il ritiro dalla Crimea” (par. 30). Rispolverato il lessico della guerra fredda per enunciare la necessità di “contenere le ambizioni della Russia nel suo vicinato” (par. 31), il testo assume i toni dell’arringa. Il Parlamento “condanna fermamente il fatto che la Russia abbia violato il diritto internazionale mediante l’aggressione militare diretta e la guerra ibrida contro l’Ucraina, che ha provocato migliaia di vittime militari e civili, così come l’annessione e l’occupazione illegittime della Crimea e le azioni di natura analoga nei confronti dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale, territori della Georgia; sottolinea l’allarmante deterioramento del rispetto dei diritti umani, della libertà di espressione e della libertà dei media in Crimea” (par. 34); “sostiene le sanzioni adottate dall’UE in reazione all’aggressione russa contro l’Ucraina [le quali] potrebbero anche essere rafforzate” (par. 35); “invita i paesi candidati all’adesione ad allineare la loro politica estera nei confronti della Russia con quelli dell’Unione” (par. 36); infine, toccando i vertici dell’impudenza, “sottolinea la necessità di un approccio europeo coerente nei confronti delle campagne di disinformazione e delle attività di propaganda utilizzate dalla Russia all’interno e all’esterno dell’UE; esorta il SEAE e la Commissione a presentare un piano d’azione con misure concrete per contrastare la propaganda russa; chiede la cooperazione con il Centro di eccellenza delle comunicazioni strategiche della NATO sulla questione” (par. 37).

Quanto alla NATO, il Parlamento europeo considera che “la cooperazione UE-NATO debba essere rafforzata e che sia necessario intensificare la pianificazione e il coordinamento tra la difesa intelligente della NATO e la messa in comune e la condivisione dell’UE” (par. 54). Esso infatti “ritiene che gli Stati Uniti siano il principale partner strategico dell’UE e promuove un maggior coordinamento, in condizioni di parità [sic], con tale paese in materia di politica estera dell’Unione Europea e a livello globale; sottolinea il carattere strategico del partenariato transatlantico su commercio e investimenti che ha il potenziale di consentire ai partner transatlantici di fissare standard globali in materia di lavoro, salute, ambiente e proprietà intellettuale e rafforzare la governance globale” (par. 52); infine “sottolinea la necessità di definire una strategia dell’UE in coordinamento con gli Stati Uniti” (par. 55).

L’appiattimento sulle posizioni di Washington concernenti l’Ucraina, espresso in termini inequivocabili dalla risoluzione votata dal Parlamento europeo, esclude la possibilità di un accordo tra Europa e Russia, che danneggerebbe in maniera decisiva l’egemonia statunitense. Con la sua programmatica rinuncia ad assumere decisioni autonome e sovrane, l’Unione Europea tradisce ancora una volta gl’interessi fondamentali dell’Europa.

La rilevanza dell’Ucraina nella strategia del controllo americano sull’Europa è stata lucidamente evidenziata da Zbigniew Brzezinski circa vent’anni fa, quando non era facile immaginare il ruolo centrale che l’Ucraina avrebbe assunto sullo scacchiere eurasiatico. Eppure il geopolitico americano ne aveva indicato la funzione di “perno” (pivot), l’importanza vitale per la Russia e per l’intera Eurasia. “L’Ucraina, un nuovo ed importante spazio sullo scacchiere eurasiatico, – possiamo leggere in The Grand Chessboard – è un perno geopolitico, perché la sua esistenza stessa come paese indipendente serve a trasformare la Russia. Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero eurasiatico. La Russia senza l’Ucraina può ancora lottare per uno statuto imperiale, ma allora diventerebbe uno Stato imperiale prevalentemente asiatico, più facilmente trascinabile in conflitti debilitanti con le risorte popolazioni dell’Asia centrale (…) Comunque, se Mosca riprende il controllo dell’Ucraina, coi suoi 52 milioni di abitanti e le sue grandi risorse, nonché l’accesso al Mar Nero, la Russia automaticamente ritrova il modo per diventare un potente Stato imperiale, esteso sull’Europa e sull’Asia”1.

Quindi gli Stati Uniti devono impedire ad ogni costo che Mosca estenda all’Ucraina la propria egemonia, perché ciò significherebbe l’espulsione della potenza americana dal continente eurasiatico. Nonostante Washington abbia tardato “a riconoscere l’importanza geopolitica di uno Stato ucraino separato, (…) gli artefici della politica americana sono anche giunti a descrivere il rapporto americano-ucraino come ‘un partenariato strategico'”2.

Offrendo all’Ucraina la possibilità di entrare nell’Unione Europea, patrocinando il colpo di Stato di Kiev, fornendo aiuto politico e militare al regime golpista, appoggiando le iniziative antirusse del governo statunitense, l’Unione Europea e le cancellerie di alcuni paesi europei hanno collaborato attivamente alla realizzazione del piano elaborato dallo stratega della Casa Bianca, secondo il quale l’Europa costituisce la “testa di ponte democratica” degli Stati Uniti nel continente eurasiatico3. È infatti lo stesso Brzezinski a dichiarare esplicitamente: “Un’Europa allargata e una NATO allargata serviranno gl’interessi a breve e a lungo termine della politica statunitense. Un’Europa allargata estenderà il raggio dell’influenza americana senza creare, allo stesso tempo, un’Europa così politicamente integrata che sia in grado di sfidare gli Stati Uniti in questioni di rilievo geopolitico, in particolare nel Medio Oriente”4.

Un anno prima che Brzezinski assegnasse all’Europa il ruolo di “testa di ponte” per la conquista americana dell’Eurasia, l’ideologo dello “scontro delle civiltà” teorizzava, in relazione all’Ucraina, la necessità di “un forte ed efficace sostegno occidentale, che a sua volta potrebbe giungere solo qualora i rapporti tra Russia e Occidente si deteriorassero come ai tempi della Guerra Fredda”5.

Se sul fronte ucraino il tentativo di conquista dell’Eurasia fa ricorso alla collaborazione scoperta e diretta dell’Unione Europea, sui fronti del Vicino Oriente e del Nordafrica la strategia statunitense del “caos creativo” utilizza i movimenti di matrice wahhabita e salafita e, in special modo, il cosiddetto “Stato Islamico”. La natura eterodossa e settaria di queste forze, i cui nemici principali sono la Repubblica Islamica dell’Iran ed i suoi alleati, ha attivato una sorta di guerra intraislamica che, contribuendo a destabilizzare i paesi dell’area compresa fra la Tunisia e l’Iraq, favorisce la supremazia del regime sionista e fornisce l’occasione per un più deciso impegno occidentale in tutta la regione.

Anche in questo quadrante l’Europa ha messo le proprie energie a disposizione di una manovra che è rivolta contro di essa e contro il continente di cui essa è parte. In Libia, l’aggressione anglo-francese ha dato via libera a bande terroriste che esercitano una pressione sull’Europa mediterranea e giustificano agli occhi di quest’ultima l’esistenza della NATO, ossia dello strumento militare con cui gli USA tengono incatenata l’Europa stessa e con cui preparano la guerra contro la Russia. Non solo. Distruggendo la Libia, gli esecutori della strategia del “caos creativo” hanno aperto un varco attraverso cui milioni di disperati invadono l’Europa, facendo crollare il costo del lavoro e indebolendo ulteriormente la coesione sociale dei paesi europei.

In questo scenario, la tesi dello “scontro delle civiltà” svolge egregiamente il suo ruolo. Azioni terroristiche come quella di Tunisi – e come quella precedente di Parigi, provocata dalla pervicacia del laicismo blasfemo – vengono magistralmente utilizzate per rafforzare una concezione negativa dell’Islam e per rilanciare l’immagine dell’Occidente quale portatore di libertà e tolleranza. Facendosi carico di un’offensiva contro l’Islam, l’Europa non fa altro che eseguire il “lavoro sporco” richiesto dal progetto americano, per cui, in definitiva, essa si impegna in una lotta mortale contro se stessa.


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  1. “Ukraine, a new and important space on the Eurasian chessboard, is a geopolitical pivot because its very existence as an independent country helps to transform Russia. Without Ukraine, Russia ceases to be a Eurasian empire. Russia without Ukraine can still strive for imperial status, but it would then become a predominantly Asian imperial state, more likely to be drawn into debilitating conflicts with aroused Central Asians (…) However, if Moscow regains control over Ukraine, with its 52 million people and major resources as well as its access to the Black Sea, Russia automatically again regains the wherewithal to become a powerful imperial state, spanning Europe and Asia” (Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard. American Primacy and its Geostrategic Imperatives, Basic Books, New York 1997, p. 46).
  2. “in recognizing the geopolitical importance of a separate Ukrainian state, (…) American policy makers also came to describe the American-Ukrainian relationship as a strategic partnership” (Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard, cit., p. 113).
  3. “Europe is America’s essential geopolitical bridgehead on the Eurasian continent” (Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard, cit., p. 59).
  4. “A wider Europe and an enlarged NATO will serve the short-term and longer-terme interests of U.S. policy. A larger Europe will expand the range of American influence without simultaneously creating a Europe so politically integrated that it could challenge the United States on matters of geopolitical importance, particularly in the Middle East” (Zbigniew Brzezinski, A Geostrategy for Eurasia, “Foreign Affairs”, Sept.-Oct. 1997, p. 53).
  5. Samuel P. Huntington, Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano 2001, p. 242.
Claudio Mutti, antichista di formazione, ha svolto attività didattica e di ricerca presso lo Studio di Filologia Ugrofinnica dell’Università di Bologna. Successivamente ha insegnato latino e greco nei licei. Ha pubblicato qualche centinaio di articoli in italiano e in altre lingue. Nel 1978 ha fondato le Edizioni all'insegna del Veltro, che hanno in catalogo oltre un centinaio di titoli. Dirige il trimestrale “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”. Tra i suoi libri più recenti: A oriente di Roma e di Berlino (2003), Imperium. Epifanie dell’idea di impero (2005), L’unità dell’Eurasia (2008), Gentes. Popoli, territori, miti (2010), Esploratori del continente (2011), A domanda risponde (2013), Democrazia e talassocrazia (2014), Saturnia regna (2015).