La storiografia italiana e francese è solita applicare la definizione di “invasioni barbariche” a quel vasto fenomeno di spostamenti a catena che si verificò tra l’Asia e l’Europa a partire dal IV secolo d. C., portando popolazioni eterogenee a stabilirsi in sedi diverse da quelle originarie, spesso sui territori appartenenti o appartenuti all’Impero romano. Gli storici tedeschi e ungheresi, per ragioni facilmente comprensibili, hanno preferito far uso di termini più neutri e anodini, quali Völkerwanderung e népvándorlás (“migrazione di popoli”).

L’odierna penetrazione di masse umane originarie dell’Asia e dell’Africa entro i confini europei è a volte paragonata al fenomeno che ebbe luogo nel Tardoantico e nell’Alto Medioevo; ed anche i termini “migrazione” e “invasione”, quando vengono applicati al caso attuale, riflettono prospettive e percezioni alquanto diverse.

“Migrazione”, infatti, è il termine con cui viene comunemente indicato lo spostamento che individui, famiglie o gruppi più o meno numerosi intraprendono con l’intenzione di stabilirsi in una nuova sede, in maniera provvisoria o definitiva.

La teoria geopolitica è solita distinguere i movimenti migratori, rispetto alla volontà dei migranti, in volontari e coatti1. Si parla di migrazione volontaria quando gl’individui decidono liberamente di andare a stabilirsi in un luogo in cui sperano di migliorare la loro condizione economica. Invece, una migrazione viene considerata coatta quando i migranti trasferiscono altrove la loro residenza per effetto di una costrizione esercitata dal potere politico (ad esempio, nel caso in cui siano vittime di una deportazione); il movimento migratorio è considerato coatto anche quando viene intrapreso allo scopo di evitare il coinvolgimento in eventi bellici o in catastrofi naturali.

Alle due suddette varianti della tipologia migratoria è possibile aggiungerne una terza: quella che in uno studio recente Kelly M. Greenhill (già assistente del senatore John Kerry e consulente del Pentagono) definisce come coercive engineered migration, ossia “migrazione coatta progettata”. Le migrazioni “create ad arte” (engineered) sono, secondo la definizione fornita dalla studiosa stessa, “movimenti di popolazione transfrontalieri che vengono deliberatamente creati o manipolati al fine di estorcere concessioni politiche, militari e/o economiche ad uno o più Stati presi di mira”2.

Le migrazioni coatte progettate vengono a loro volta distinte in espropriatrici, esportatrici, militarizzate. “Le migrazioni progettate espropriatrici – scrive la Greenhill – sono quelle il cui obiettivo principale consiste nell’appropriazione del territorio o della proprietà di un altro gruppo o gruppi, oppure nell’eliminazione di tale gruppo o gruppi in quanto minacciano il dominio etnopolitico o economico di coloro che progettano l’(e)migrazione; rientra in questo caso ciò che è comunemente noto come pulizia etnica”3.

Si parla invece di “invasione” allorché un gruppo militare o anche un gruppo di civili penetra in un territorio, vi si diffonde e lo occupa, sottraendolo, tutto o in parte, al controllo ed alla sovranità della popolazione autoctona. Non è dunque necessario che un’invasione, per essere tale, venga portata a termine con le armi; anzi, un’invasione può avvenire in modo pacifico, se a stanziarsi su un determinato territorio e a modificarne l’omogeneità etnica o culturale sono masse umane disarmate ma numericamente consistenti.

Vi sono infatti casi nei quali un fenomeno immigratorio si configura come un’invasione vera e propria. L’immigrazione di massa possiede allora l’efficacia di un’arma di distruzione di massa. Esempi storici in tal senso non mancano: si pensi all’immigrazione che ha praticamente cancellato dal territorio degli attuali Stati Uniti d’America la presenza della popolazione autoctona o a quella che ha trasformato la Palestina nell’odierno “Stato d’Israele”. Da parte sua, Kelly M. Greenhill individua circa una cinquantina di casi di migrazioni architettate o comunque eterodirette ed utilizzate, tutti casi verificatisi dopo che nel 1951 entrò in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati.

Perciò l’invasione migratoria attualmente diretta verso l’Europa, se si vuole riproporre un termine usato dalla studiosa statunitense, è “un’arma di guerra” (a weapon of war)4, che rientra nel novero delle armi non convenzionali impiegate nella cosiddetta “guerra asimmetrica”. Come il terrorismo, la manipolazione dei mezzi di comunicazione, la pirateria informatica, le turbative dei mercati azionari, così anche i flussi migratori che investono l’Italia e la regione balcanica – flussi sollecitati, attirati, agevolati ed importati – costituiscono un’arma non convenzionale utilizzata per destabilizzare l’Europa.

È dunque in corso qualcosa che, a detta di Samar Sen, ambasciatore dell’India all’ONU, assomiglia molto ad una guerra. “Se aggredire un Paese straniero – argomenta il diplomatico – significa colpire la sua struttura sociale, danneggiarne l’economia, costringerlo a rinunciare a porzioni del suo territorio per accogliere profughi (refugees), qual è la differenza tra questo tipo di aggressione e il tipo più classico, che si ha quando viene dichiarata una guerra?”

Il medesimo concetto è stato espresso nel corso di una conferenza sul conflitto in Cossovo tenuta l’11 dicembre 2000 alla Brandeis University: “La natura della guerra è cambiata – ebbe a dire Martha Minow, della Harvard Law School –; ora la guerra sono i profughi (refugees)”.

Gli strateghi di questa guerra sui generis agiscono allo scoperto. Uno di loro, il famigerato speculatore statunitense George Soros, il 20 settembre 2016 ha apertamente rivendicato dalle colonne di “The Wall Street Journal” il proprio ruolo di finanziatore dell’invasione. “Ho deciso – ha dichiarato – di stanziare 500 milioni di dollari per investimenti destinati in modo specifico ai bisogni di migranti, rifugiati e centri d’accoglienza. Investirò in nuove imprese, società già esistenti, iniziative di impatto sociale fondate dai migranti e rifugiati stessi. Anche se il mio impegno principale consiste nell’aiutare migranti e rifugiati che arrivano in Europa, cercherò progetti di investimento che avvantaggino i migranti in tutto il mondo”5.


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  1. E. Squarcina, Glossario di geografia politica e geopolitica, Società Editrice Barbarossa, Cusano Milanino 1997, p. 97.
  2. “cross-border population movements that are deliberately created or manipulated in order to induce political, military and/or economic concessions from a target state or states” (K. M. Greenhill, Weapons of Mass Migration. Forced Displacement, Coercion, and Foreign Policy, Cornell University Press, Ithaca and London 2010, p. 13).
  3. Dispossessive engineered migrations are those in which the principal objective is the appropriation of the territory or property of another group or groups, or the elimination of said group(s) as a threat to the ethnopolitical or economic dominance of those engineering the (out-)migration; this includes what is commonly known as ethnic cleansing” (K. M. Greenhill, Weapons of Mass Migration, cit., p. 14).
  4. Strategic Engineered Migration as a Weapon of War (“Civil Wars” 10, no. 1, March 2008, pp. 6-21) è il titolo di un articolo di K. M. Greenhill che ha anticipato Weapons of Mass Migration.
  5. “I have decided to earmark $500 million for investments that specifically address the needs of migrants, refugees and host communities. I will invest in startups, established companies, social-impact initiatives and businesses founded by migrants and refugees themselves. Although my main concern is to help migrants and refugees arriving in Europe, I will be looking for good investment ideas that will benefit migrants all over the world” (“The Wall Street Journal”, Sep 20,2016).
Claudio Mutti, antichista di formazione, ha svolto attività didattica e di ricerca presso lo Studio di Filologia Ugrofinnica dell’Università di Bologna. Successivamente ha insegnato latino e greco nei licei. Ha pubblicato qualche centinaio di articoli in italiano e in altre lingue. Nel 1978 ha fondato le Edizioni all'insegna del Veltro, che hanno in catalogo oltre un centinaio di titoli. Dirige il trimestrale “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”. Tra i suoi libri più recenti: A oriente di Roma e di Berlino (2003), Imperium. Epifanie dell’idea di impero (2005), L’unità dell’Eurasia (2008), Gentes. Popoli, territori, miti (2010), Esploratori del continente (2011), A domanda risponde (2013), Democrazia e talassocrazia (2014), Saturnia regna (2015).