Tutto ha inizio il 17 dicembre 2010, quando il tunisino Mohamed Bouazizi, col suo gesto altamente simbolico, morire appiccandosi fuoco, ha innescato la miccia delle manifestazioni di piazza contro le angherie delle autorità. Quanto sta accadendo da allora in Nord Africa e nel Vicino Oriente non può che catturare, dunque, l’attenzione di chi non solo vuole comprendere l’evolversi dell’attuale scenario – evidentemente in fieri – quanto ciò che vi è dietro le “rivolte arabe”: il contesto geopolitico, il ruolo del “grande gioco” tra le potenze, le congiunture economiche globali, l’avanzata di diverse ideologie quali fattori essenziali per una comprensione più accurata. Questo compito viene facilitato dal libro Capire le rivolte arabe. Alle origini del fenomeno rivoluzionario, opera congiunta di Daniele Scalea e Piero Longo, rispettivamente segretario scientifico e ricercatore dell’IsAG e redattori entrambi della rivista Eurasia.

Il saggio si compone di 168 pagine e, arricchito da una serie di immagini e cartografie di Lorenzo Giovannini, si pone l’arduo obiettivo di scavare al fondo di un fenomeno sfaccettato i cui protagonisti si intrecciano in una rete fitta e dalle innumerevoli sfide. Lo fa attraverso un excursus diviso in tre parti: la prima, più generale, va ad indagare l’importanza geostrategica e il quadro socio-economico della regione mediterranea e vicinorientale riservando un occhio di riguardo alla strategia degli Stati Uniti quale potenza egemone che deve affrontare problemi di tenuta e stabilità della propria influenza. La seconda parte approfondisce gli aspetti più prettamente politici ed ideologici trattando della nascita del nazionalismo arabo e dell’avanzata dell’Islam politico, dedicando un ampio focus all’esperienza dei Fratelli Musulmani in Egitto. Da ultimo, la terza parte si sofferma sull’attualità e, in particolare, sui possibili scenari futuri, sulle strategie dei paesi dell’area e di quelli ad essa interessati, riconoscendo la difficoltà di inquadrare in modo definitivo una situazione così incandescente.

La lettura scorrevole permette di affrontare con agilità le parti più storiche e tecniche della trattazione, garantendo un’ottima comprensione del background che caratterizza l’area oggetto dell’analisi. In tal modo, si giunge alla vera indagine delle origini delle rivolte e del panorama che si prospetta avendo acquisito le informazioni essenziali che guidano il lettore verso il cuore del problema. L’opera è libera da intenti puramente giornalistici, di cronaca semplicistica o romanzata: è l’oggettività a farla da padrone, non lasciando alcuna considerazione al caso.

Di rilievo risulta l’esposizione della posizione degli Stati Uniti che, ab origine, vengono ritenuti dalla stampa mondiale quali registi assoluti dietro le turbolenze del mondo arabo. Bene, gli autori, pur sottolineando l’ambiguità dell’atteggiamento di Washington, che da un lato sostiene molti dei regimi dittatoriali della regione e dall’altro si è insinuata nelle opposizioni degli stessi, pongono l’accento su una combinazione di fattori endogeni ed esogeni alla base degli attuali eventi, non riconducibili dunque esclusivamente ad un colpo di Stato eterodiretto dagli Stati Uniti. Una tale valutazione rischierebbe, infatti, di sminuire il sostrato politico-ideologico che da secoli si è andato sviluppando nella regione. È l’endogenesi dei tumulti che il volume si propone di elevare a cardine della comprensione degli stessi. Ciò giustifica l’accuratezza, anche attraverso i numerosi grafici, dell’analisi delle condizioni socio-economiche delle popolazioni nordafricane e vicinorientali: crisi alimentare, povertà e sperequazione del reddito, disoccupazione. Sono questi tutti fattori che, indubbiamente, rientrano tra le cause delle rivolte. Eppure, la complessità di tale regione del mondo si esprime anche attraverso dati che spesso vengono riproposti superficialmente come onniespressivi delle ragioni che hanno foraggiato le manifestazioni di piazza. Così, scorrendo le pagine si scopre che, in realtà, non vi può essere una chiave di lettura univoca che rende difficoltà socio-economiche e riottosità popolare elementi legati a doppio filo. Questo perché vi sono altre variabili, forse più astratte ma non meno incisive, quelle che sottintendono la suggestiva questione della volontà e del consenso e che richiedono un’analisi delle storie e delle ideologie che pian piano si sono fatte strada in questi paesi.

L’intento di chi scrive non è certo quello di svelare, passo dopo passo, le trame della disamina di Scalea e Longo, ma di evidenziare le potenzialità di tale volume non solo per chi è avvezzo alla geopolitica ma anche per chi si approccia per la prima volta a tali tematiche. La semplicità della scrittura e la sua profonda accuratezza permettono di addentrarsi senza timori nella fitta rete di relazioni, evoluzioni, ideologie che fanno capolino capitolo dopo capitolo.

Ci sono in gioco gli interessi e la stabilità non solo di quei regimi che stanno subendo direttamente le proteste vivaci della popolazione ma anche degli altri paesi che guardano ad esse con un misto di timore e soddisfazione, perché, in fondo, nessuno può sentirsi esente dall’impatto e dalle conseguenze che ne deriveranno quando si compirà l’atto finale.

Ma cosa accadrà effettivamente? Gli scenari disegnati con estrema chiarezza nel volume lasciano intendere, ancora una volta, le mille sfaccettature delle rivolte e, dunque, la realtà complessa e variegata che il destino dell’Islam politico potrebbe segnare. Il cammino dei movimenti che in questi mesi stanno sconvolgendo gli assetti regionali del Nord Africa e del Vicino Oriente, così come quello degli Stati Uniti, in primis, e delle altre potenze internazionali, è in salita. Consistenti sono le difficoltà nel prevedere il quadro geopolitico e le relazioni interstatali che andranno ridisegnandosi col tempo. Il volume dei due redattori di Eurasia affronta questo difficile compito con grande professionalità e, siamo sicuri, dando spazio a scenari e prospettive che potrebbero trovare la loro realizzazione completa. Certo, questo significa che le sfide che si pongono di fronte ai principali attori politici saranno di portata storica e nulla potrà essere dato per scontato negli esiti finali.

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