A cavallo dei secoli XIII e XIV la geografia dell’Europa orientale presentava un aspetto completamente diverso da quello attuale ed offriva un quadro politico estremamente frammentario, nel quale stavano prendendo lentamente consistenza quelle forze che avrebbero influito in maniera determinante sulla storia successiva. La Russia era una congerie di principati, fra i quali il piccolo Ducato di Moscovia non era ancora emerso come nucleo del nuovo Stato russo. Il Regno di Polonia, che nel secolo precedente si era ridotto ad un’infinità di staterelli, non comprendeva né la Slesia né i territori baltici della Pomerelia e ad est toccava a malapena la Galizia. Sulle coste del Baltico, tra la foce della Vistola e quella della Neva, si estendeva il territorio dell’Ordine Teutonico. Tra i principati russi e la Polonia era incuneato lo Stato lituano. La parte meridionale dell’odierna Ucraina, con la penisola di Crimea, era sottoposta al dominio dei khan tatari.

Fin dagli ultimi decenni del XIII secolo, e per circa un secolo e mezzo, la Lituania spinse i propri confini verso est, senza incontrare ostacoli rilevanti. Sconfitti gli eserciti dell’Ordine Teutonico ed ampliati anche verso nord i propri territori, prima della metà del XIV secolo la Lituania era diventata “uno Stato potente”[1] che si era esteso dal Mar Baltico fin quasi al Mar Nero.

Nel 1386 il granduca lituano Jogaila (il cui nome sarebbe diventato noto all’Europa nella forma polacco-latina di Jagiello, ossia Jagellone) si risolse a farsi battezzare, cosicché, unitosi in matrimonio con l’undicenne regina polacca Jadwiga (che diventerà Santa Edvige, patrona delle regine, della Polonia e della stessa Unione Europea), poté essere incoronato re di Polonia col nome di Ladislao (1386-1434). In tal modo la Lituania rimase un granducato sotto la sovranità polacca. In base agli accordi preliminari stipulati con gli esponenti dell’aristocrazia polacca, il capostipite della dinastia degli Jagelloni si era impegnato ad unire i suoi possedimenti lituani e russi alla corona di Polonia, a far guerra contro i Cavalieri Teutonici, ad appoggiarsi alla Chiesa cattolica ed a sostenere gli sforzi compiuti dai missionari tedeschi e polacchi per convertire i Lituani pagani.

Il 15 luglio 1410 le armate del nuovo sovrano polacco e del suo cugino lituano Vytautas (1350-1430) sconfissero i Cavalieri Teutonici a Grunwald, ponendo così fine alla potenza dell’Ordine nella regione baltica. Con Vytautas, che proseguì la politica di espansione lituana a sud e ad est, conquistando vaste porzioni di territorio russo ed attirando nella sua sfera d’influenza i Tatari di Crimea, il Granducato di Lituania “raggiunse la sua massima estensione territoriale, arrivando fino al Mar Nero, con una superficie di circa 1.000.000 kmq, ovvero più del triplo di quella dell’Italia attuale”[2].

Nel secolo successivo, il 10 gennaio 1569, una dieta comune lituano-polacca ratificò a Lublino l’unione dei due Stati. Nasceva così la Repubblica delle Due Nazioni (pol. Rczeczpospolita Obojga Narodów), che sarebbe rimasta  il più esteso Stato d’Europa fino al XVII secolo, quando la volontà di potenza dell’aristocrazia polacca venne rinfocolata dal mito dell’origine sarmatica, ispiratore di una sorta di messianismo politico che si espresse in questa parola d’ordine: “Polonia caput ac regina totius Sarmatiae!” In altri termini, “sarebbe spettato alla Polonia prendere la testa di una formazione slava che avrebbe unificato la quasi totalità dei popoli dell’Europa centrale e orientale”[3], la cosiddetta “Sarmazia d’Europa”.

E invece, agitato da lotte intestine provocate dal sistema clientelare e stretta nella tenaglia di potenze periferiche emergenti quali la Russia (la “Sarmazia asiatica”) e la Prussia, il sistema geopolitico unitario realizzato dagli Jagelloni finì per scomparire progressivamente in seguito alle spartizioni della Polonia avvenute nel 1772, nel 1793 e nel 1795.

L’idea di richiamare in vita la Repubblica delle Due Nazioni venne ripresa nel periodo dell’esilio parigino dal principe Adam Jerzy Czartoryski (1770-1861), “questo aristocratico che per i suoi seguaci era il ‘re senza corona’ della Polonia”[4], il quale riteneva che col sostegno di Gran Bretagna, Francia e Turchia sarebbe stato possibile resuscitare la Polonia, incorporarvi le regioni orientali della Prussia e ricostituire uno Stato polacco-lituano federato con Estoni, Lettoni, Ucraini, Cechi, Slovacchi, Ungheresi, Romeni e Slavi del Sud. In tal modo, la potenza prussiana sarebbe stata fortemente ridimensionata e la Russia sarebbe stata costretta ad abdicare al suo ruolo nell’Est europeo. Ma il progetto di Czartoryski, che ai suoi fautori dovette sembrare realizzabile nel periodo dei moti antimperiali del 1848-’49, fallì per il disinteresse occidentale e per l’intransigenza ungherese nei confronti di Cechi, Slovacchi e Romeni, oltre che per l’ostilità della Russia e della Prussia.

A favorire la ricomparsa del progetto furono la sconfitta della Russia, della Germania e dell’Austria-Ungheria nella prima guerra mondiale, nonché lo sconvolgimento prodotto in Russia dalla Rivoluzione d’Ottobre. Dopo la guerra combattuta tra la Russia e la Polonia e conclusasi il 18 marzo 1921 col trattato di pace di Riga, il Maresciallo Józef Piłsudski (1867-1935), capo provvisorio del rinato Stato polacco, lanciò l’idea di una federazione di Stati che, estendendosi “tra i mari” Baltico e Nero, in polacco sarebbe stata denominata Międzymorze, in lituano Tarpjūris e in latino, con un neologismo poco all’altezza della tradizione umanistica polacca, Intermarium. La federazione, erede storica della vecchia entità politica polacco-lituana, secondo il progetto iniziale di Piłsudski (1919-1921) avrebbe dovuto comprendere, oltre alla Polonia quale forza egemone, la Lituania, la Bielorussia e l’Ucraina. È evidente che il progetto Intermarium era rivolto sia contro la Germania, alla quale avrebbe impedito di ricostituirsi come potenza imperiale, sia contro la Russia, che secondo il complementare progetto del Maresciallo, denominato “Prometeo”, doveva essere smembrata nelle sue componenti etniche.

Per la Francia il progetto rivestiva un certo interesse, perché avrebbe consentito di bloccare simultaneamente la Germania e la Russia per mezzo di un blocco centro-orientale egemonizzato dalla Polonia. Ma l’appoggio francese non era sufficiente per realizzare il progetto, che venne rimpiazzato dal fragile sistema d’alleanze spazzato via dalla Seconda guerra mondiale.

Una più audace variante del progetto Intermarium, elaborata dal Maresciallo tra il 1921 e il 1935, rinunciava all’Ucraina ed alla Bielorussia, ma in compenso si estendeva a Norvegia, Svezia, Danimarca, Estonia, Lettonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Grecia, Jugoslavia ed Italia. I due mari diventavano quattro, poiché al Mar Baltico ed al Mar Nero si venivano ad aggiungere l’Artico e il Mediterraneo. Ma anche questo tentativo fallì e l’unico risultato fu l’alleanza che la Polonia stipulò con la Romania.

L’idea di un’entità geopolitica centroeuropea compresa tra il Mar Baltico e il Mar Nero fu riproposta nei termini di una “Terza Europa” da un collaboratore di Piłsudski, Józef Beck (1894-1944), che nel 1932 assunse la guida della politica estera polacca e concluse un patto d’alleanza con la Romania e l’Ungheria.

Successivamente, durante il secondo conflitto mondiale, il governo polacco di Władisław Sikorski (1881-1943) – in esilio prima a Parigi e poi a Londra – sottopose ai governi cecoslovacco, greco e jugoslavo la prospettiva di un’unione centroeuropea compresa fra il Mar Baltico, il Mar Nero, l’Egeo e l’Adriatico; ma, data l’opposizione sovietica e la renitenza della Cecoslovacchia a federarsi con la Polonia, il piano dovette essere accantonato.

Con la caduta dell’URSS e lo scioglimento del Patto di Varsavia, l’idea dell’Intermarium ha ripreso vigore, rivestendo forme diverse quali il Consiglio di Cooperazione nel Mar Nero, il Partenariato dell’Est e il Gruppo di Visegrád, meno ambiziose e più ridotte rispetto alle varianti del progetto “classico”.

Ma il sistema di alleanze che più si avvicina allo schema dell’Intermarium è quello teorizzato da Stratfor, il centro studi statunitense fondato da George Friedman, in occasione della crisi ucraina. Da parte sua il generale Frederick Benjamin “Ben” Hodges, comandante dell’esercito statunitense in Europa (decorato con l’Ordine al Merito della Repubblica di Polonia e con l’Ordine della Stella di Romania), ha annunciato un “posizionamento preventivo” (“pre-positioning”) di truppe della NATO in tutta l’area che, a ridosso delle frontiere occidentali della Russia, comprende i territori degli Stati baltici, la Polonia, l’Ucraina, la Romania e la Bulgaria. Dal Baltico al Mar Nero, come nel progetto iniziale di Piłsudski.

Il 6 agosto 2015 il presidente polacco Andrzej Duda ha preconizzato la nascita di un’alleanza regionale esplicitamente ispirata al modello dell’Intermarium. Un anno dopo, dal 2 al 3 luglio 2016, nei locali del Radisson Blue Hotel di Kiev ha avuto luogo, alla presenza del presidente della Rada ucraina Andriy Paruby e del presidente dell’Istituto nazionale per la ricerca strategica Vladimir Gorbulin, nonché di personalità politiche e militari provenienti da varie parti d’Europa, la conferenza inaugurale dell’Intermarium Assistance Group, nel corso della quale è stato presentato il progetto di unione degli Stati compresi tra il Mar Baltico e il Mar Nero.

Nel mese successivo, i due mari erano già diventati tre: il 25-26 agosto 2016 il Forum di Dubrovnik sul tema “Rafforzare l’Europa – Collegare il Nord e il Sud” ha emesso una dichiarazione congiunta in cui è stata presentata l’Iniziativa dei Tre Mari, un piano avente lo scopo di “connettere le economie e infrastrutture dell’Europa centrale e orientale da nord a sud, espandendo la cooperazione nei settori dell’energia, dei trasporti, delle comunicazioni digitali e in generale dell’economia”. L’Iniziativa dei Tre Mari, concepita dall’amministrazione Obama, il 6 luglio 2017 è stata tenuta a battesimo da Donald Trump in occasione della sua visita a Varsavia. L’Iniziativa, che a detta del presidente Duda nasce da “un nuovo concetto per promuovere l’unità europea”, riunisce dodici paesi compresi tra il Baltico, il Mar Nero e l’Adriatico e quasi tutti membri dell’Alleanza Atlantica: Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Austria, Slovenia, Croazia, Ungheria, Romania, Bulgaria.

Sotto il profilo economico, lo scopo dell’Iniziativa dei Tre Mari consiste nel colpire l’esportazione di gas russo in Europa favorendo le spedizioni di gas naturale liquefatto dall’America: “Un terminale nel porto baltico di Świnoujście, costato circa un miliardo di dollari, permetterà alla Polonia di importare Lng statunitense nella misura di 5 miliardi di metri cubi annui, espandibili a 7,5. Attraverso questo e altri terminali, tra cui uno progettato in Croazia, il gas proveniente dagli USA, o da altri paesi attraverso compagnie statunitensi, sarà distribuito con appositi gasdotti all’intera ‘regione dei tre mari’”[5].

Così la macroregione dei tre mari, essendo legata da vincoli energetici, oltre che militari, più a Washington che non a Bruxelles ed a Berlino, spezzerà di fatto l’Unione Europea e, inglobando prima o poi anche l’Ucraina, stringerà ulteriormente il cordone sanitario lungo la linea di confine occidentale della Russia.


NOTE

[1] Josef Macek, L’Europa orientale nei secoli XIV e XV, Sansoni, Firenze 1974, p. 16.

[2] Beruta Žindžiūtė Michelini, Lituania, NED, Milano 1990, p. 50.

[3] Francis Conte, Gli Slavi. Le civiltà dell’Europa centrale e orientale, Einaudi, Torino 1990, p. 293.

[4] Oscar Halecki, I Polacchi, in Il mondo degli Slavi, a cura di Hans Kohn, Cappelli editore, Bologna 1970, p. 115.

[5] Manlio Dinucci, Sui Tre mari dell’Europa bandiera Usa, Rete Voltaire, Roma, 10 luglio 2017 http://www.voltairenet.org/article197081.htm


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Claudio Mutti, antichista di formazione, ha svolto attività didattica e di ricerca presso lo Studio di Filologia Ugrofinnica dell’Università di Bologna. Successivamente ha insegnato latino e greco nei licei. Ha pubblicato qualche centinaio di articoli in italiano e in altre lingue. Nel 1978 ha fondato le Edizioni all'insegna del Veltro, che hanno in catalogo oltre un centinaio di titoli. Dirige il trimestrale “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”. Tra i suoi libri più recenti: A oriente di Roma e di Berlino (2003), Imperium. Epifanie dell’idea di impero (2005), L’unità dell’Eurasia (2008), Gentes. Popoli, territori, miti (2010), Esploratori del continente (2011), A domanda risponde (2013), Democrazia e talassocrazia (2014), Saturnia regna (2015).