L’affaire Strauss Khan potrebbe avere altre implicazioni rispetto a quelle propugnate dai media, quali la possibile aggressione sessuale oppure la perturbazione politica nella designazione dei candidati alle presidenziali francesi. Nel dibattito sulla questione si è parlato di tutto: sessismo, violenza contro le donne, seduzione “alla francese”, omertà dei politici e dei media francesi di fronte a simili condotte, differenze fra sistema giudiziario europeo e statunitense; di tutto meno che delle potenziali conseguenze che le dimissioni di Strauss Khan avrebbero sulla politica del FMI. Ed invece l’affaire Strauss Khan potrebbe costituire il sintomo di un cambiamento di strategia dello stesso Fondo Monetario Internazionale; tali dimissioni forzate cadono infatti in un momento decisivo per la definizione delle operazioni del Fondo. Sotto la presidenza di DSK, quest’ultimo è stato prioritariamente coinvolto nel salvataggio della zona euro, così come nel progetto di una valuta internazionale atta a ridurre progressivamente la dipendenza dell’economia mondiale dal dollaro americano.
Sin dal momento della sua candidatura,  Christine Lagarde ha rimarcato le proprie differenze di vedute rispetto a  Dominique Strauss Khan. Ella ha insistito sul fatto che il FMI “non deve esercitare il proprio ruolo solamente in Europa, ma deve anche rispondere alle richieste di assistenza provenienti dai paesi del Medio Oriente e dell’Africa del Nord”. Da tale semplice dichiarazione traspare già una deviazione rispetto alle politiche cui ha dato impulso Strauss Khan: l’intervento del FMI non sarà più centrato principalmente sul continente europeo; piuttosto dovrà offrire il suo supporto materiale anzitutto alla politica statunitense di riassetto del Medio Oriente e dell’Africa del Nord. Si tratta, in tale contesto, di un mutamento d’ordine strategico, poiché il FMI è diventato – sotto la direzione di Strauss Khan – un fondo monetario europeo, il quale ha giocato un ruolo centrale non solo nel salvataggio dei paesi dell’Est, ma anche della zona euro. L’intervento del FMI ha protetto i paesi in difficoltà dagli attacchi operati dalle agenzie di rating statunitensi, ed ha  permesso loro di accedere ai prestiti anche al di fuori di condizioni di mercato. Nell’Aprile 2011, i crediti ottenuti dai paesi europei costituivano circa l’80% dell’ammontare concesso dal Fondo.

 

Mentre gli europei facevano affidamento sui contributi del Fondo – per un secondo piano di prestiti di circa cento miliardi di euro in favore di Atene – il nuovo direttore del FMI, M. Lipsky, si è rifiutato di prendere in considerazione tale progetto.

Gli Stati Uniti hanno posto fine ad un periodo di vacche magre per l’istituzione quando, cedendo a intense pressioni, erano finalmente giunti ad accettare una triplicazione delle risorse del FMI in occasione del G20 di Londra del 2 Aprile 2009; in questo modo 500 miliardi di dollari si sono aggiunti ai 250 di risorse preesistenti. E’ stata inoltre prevista una somma di 250 miliardi proveniente da una emissione supplementare dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP), l’unità di conto del FMI, al fine di permettere l’aumento delle proprie risorse da parte del Fondo stesso e finanziare i paesi messi in difficoltà dalla crisi finanziaria.
Attualmente, il DSP non è che una moneta di riserva detenuta dalle banche centrali e non costituisce strumento di pagamento se non per certe transazioni del Fondo. La Cina, dal canto suo, ha preso in considerazione la possibilità che i DTS costituiscano una moneta di pagamento in grado prima o poi di rimpiazzare il dollaro.

In un saggio pubblicato il 23 Marzo 2009 ed intitolato Riformare il Sistema Monetario Internazionale, Zhou Xiaochuan, governatore della banca centrale cinese, vedeva nel FMI il germe di una banca centrale internazionale in grado di gestire la liquidità mondiale con un obiettivo di stabilità globale dei prezzi in DSP. Di conseguenza, egli ha proposto una ridefinizione dei Diritti Speciali di Prelievo a partire da attività reali direttamente negoziabili. Il valore del DSP non sarebbe più costituito dalla media ponderata dei tassi di cambio delle monete nazionali che lo compongono, così come le controparti della loro emissione non sarebbero più dei diritti fissi assegnati agli Stati che impegnano la propria moneta nella composizione del DSP, ma le riserve di cambio depositate in funzione dell’attività economica reale. Zhou Xiaochuan propone un ordine finanziario internazionale regolato sul peso economico attuale delle nazioni, con particolare considerazione dell’economia cinese; il FMI disporrebbe così di un potere di emissione autonomo.
La Cina non è isolata: la Russia, il Brasile ed anche l’India hanno mostrato interesse per queste proposte ed il FMI stesso non è rimasto inerte: dal 7 Gennaio 2010 al 13 Aprile dello stesso anno ha pubblicato almeno tre rapporti favorevoli alla creazione di una nuova moneta internazionale. Il FMI ha proposto che i Diritti Speciali di Prelievo servano non solo come moneta di riserva, ma anche come moneta di pagamento di certe attività, come l’oro e il petrolio, attualmente negoziati in dollari. Il Fondo esaminerà parimenti la possibilità di emissione di obbligazioni in DSP, che ridurrebbe la dipendenza delle banche centrali dai buoni del Tesoro americano.
Nicolas Sarkozy si era congratulato di tale contributo al dibattito sulla riforma del sistema monetario internazionale, che costituirebbe una priorità della presidenza francese del G20 del 3 e 4 Novembre 2011 a Cannes. In occasione della riunione del G20 di metà febbraio, Christine Lagarde aveva già dichiarato che il suo paese avrebbe lavorato alla realizzazione di una transizione pianificata verso un sistema finanziario mondiale che si basi su di una pluralità di valute nazionali. Tuttavia al G8 di Deauville del 26 Maggio, sottoposto parimenti alla presidenza francese, la questione non è stata affrontata, e questo nonostante ne fosse stata prevista la discussione in preparazione del G20 incentrato sull’organizzazione monetaria a livello globale. Se il summit ha stanziato un aiuto di 40 miliardi di dollari ai paesi delle “primavere arabe”  ed ha affermato che Gheddafi deve lasciare il potere, ha invece passato sotto silenzio tale problematica, il cui richiamo avrebbe infastidito gli Stati Uniti.

* Jean-Claude Paye, sociologo, contribuisce frequentemente a “Eurasia”. Sulla rivista ha pubblicato: Spazio aereo e giurisdizione statunitense (nr. 4/2007, pp. 109-113), Gli scambi finanziari sotto controllo USA (nr. 1/2009, pp. 109-120), La gerarchizzazione del sistema finanziario (nr. 1/2010, pp. 237-248), La crisi dell’euro e il mercato transatlantico (nr. 1/2010).

Traduzione di Giacomo Guarini


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