Il 4 ottobre circa 50 clandestini sono sbarcati sulla costa laziale, evento che genera e non manca di ravvivare le polemiche tra l’organizzazione umanitaria e il ministero dell’interno. L’oggetto di discussione riguarda soprattutto la possibilità dello sviluppo di altre “rotte” per l’immigrazione , preoccupazione paventata dalla Caritas, che a più riprese denuncia le misure sugli extracomunitari poste in atto dal governo attuale. A ciò si aggiunge l’affermazione di Oliviero Forti, responsabile immigrazione Caritas, sull’aumento di onde migratorie, a seguito del Trattato di amicizia Paternariato e Cooperazione Libia-Italia, sottoscritto definitivamente nel Febbraio 2009. Il Viminale, per contro, sostiene che non solo gli sbarchi in Italia sono diminuiti dell’88% ma, che è assolutamente da escludere la possibilità di nuove “porte di servizio” per l’Italia. Secondo dati Istat dal 18\2009 al 317\2010 gli approdi clandestini constano di 3,499 stranieri, provenienti dal nord Africa, i quali pagano dai 2,500 euro fino a 10-12,000 euro, viaggiando in condizioni disumane; fattore che ha contribuito ad un aumento delle morti durante la traversata verso l’Italia.

Clandestinità: numeri e date

L’accaduto del 4 ottobre, costituisce solo uno dei tanti eventi di clandestinità che si aggiunge ai passati ( durante l’estate circa un migliaio di extracomunitari sono approdati sulle coste della Sicilia, Calabria, Sardegna). Al fine di arginare il problema, l’amministrazione italiana ha adottato una serie di provvedimenti:  nel 2008 viene fissato il limite massimo di cittadini extracomunitari ammessi in Italia, a 150.000;  nel Novembre 2008, viene approvato dalla camera il Trattato di amicizia, paternariato e cooperazione Italia-Libia, firmato a Benghasi nel 2008; al senato passa il reato di immigrazione clandestina; viene acuita la condanna per chi non rispetta la nuova politica di espulsione (multe e detenzioni). A ciò vanno associate le molteplici iniziative, poste in atto dall’ala leghista, che prevede il pugno di ferro contro gli stranieri ( vagoni separati per i mezzi pubblici, espulsione immediata, niente aiuti e finanziamenti e soprattutto controlli a tappeto).

Talvolta la situazione è degenerata, causando duri scontri, come l’episodio di Rosarno, nella piana di Gioia Tauro, dove una parte della comunità immigrata locale è scesa in strada per protestare contro le inumane condizioni di vita.

Nel 2009, fa notare la Caritas, si è assistito ad un calo dell’accoglienza, ad una sorta di abdicazione al dovere di soccorso, che ha mutato lo “spirito italiano” nei confronti degli stranieri che, secondo l’organizzazione, sono sempre più demonizzati.  La Banca d’Italia, dal canto suo, ha sostenuto ed asserisce che gli espatriati sono indispensabili al mercato del lavoro, giungendo a costituire il 10% della forza lavoro nazionale. Basti pensare al mercato agricolo nel sud dell’Italia, che si costituisce e si fonda sulle braccia straniere; la maggior parte, vive in tende e ricoveri di fortuna all’interno di strutture abbandonate. Le imprese condotte da extracomunitari sono circa 7.000, in pratica l’1% del totale. Oltre il 40% degli stranieri, sono impiegati nella raccolta di frutta, ortaggi, pomodori, bestiame e infine vendita di  prodotti agro-alimentari. La presenza di braccianti stranieri, si concentra, secondo il rapporto Inea, (ente pubblico di ricerca nel campo strutturale e socio economico del settore agro-industriale, forestale e della pesca) soprattutto al nord e all’Italia centrale, con punte dell’80%.

La cooperazione Italia-Libia

Il Trattato di amicizia, paternariato e cooperazione sottoscritto con la Libia, si prefiggeva, secondo quanto affermato dai responsabili del governo, di diminuire sensibilmente il flusso di ondate migratorie, attraverso misure congiunte di controllo. Per Piergiorgio Saviola, responsabile della fondazione Migrantes, tale aspettativa è stata disattesa, e  si contribuisce ad alimentare una cultura dell’ostilità; sottolinea, inoltre,  che <<Le ultime leggi sulle emigrazioni tradiscono uno scivolamento verso posizioni ispirate all’indesiderabilità >>. Tuttavia, alla luce degli ultimi avvenimenti, sembra che riguardo al punto sulla lotta all’immigrazione, ci siano e ci sono forti incomprensioni per le misure da adottare. Sono note, infatti, le recenti polemiche che accuserebbero il governo libico, di non aver fermato il traffico di immigrati verso l’Italia. L’articolo 19 del Trattato prevede, da un lato l’attuazione dell’accordo del 2000 (firmato a Bengasi), in cui la Libia è definita “come un prezioso alleato, col quale continuare e implementare a 360 gradi un progetto di cooperazione nei più svariati settori: da quello economico a quello culturale, da quello energetico a quello della difesa e, ovviamente, quello della “lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti, e all’immigrazione clandestina”. Dall’altro lato prevede la concretizzazione   di due protocolli del 2007, il pattugliamento con equipaggi misti, con motovedette messe a disposizione dall’Italia. A ciò va incluso, un sistema di tele-rilevamento alle frontiere terrestri libiche.

Lo scenario Internazionale

Oggi la questione degli stranieri giunti nel nostro Paese, sembra non risolversi definitivamente, la dialettica riguardo tale questione si è svolta non solo all’interno dello Stato, (chiesa- governo- aiuti) ma costituisce terreno di dibattito, anche internazionalmente. Nel gennaio 2009 l’ UNHCR (agenzia dell’ONU per i rifugiati) ha fatto appello agli stati membri dell’Unione Europea, affinché garantiscano l’accesso al territorio e il diritto di asilo a chi arriva via mare; alla fine di febbraio, il 23, il Consiglio d’Europa, dichiara che le leggi italiane sull’immigrazione violano gli standard Ue  contrarie al codice etico, in generale “tali misure creano un’atmosfera negativa nei confronti degli immigrati”. A maggio l’alto commissario per i rifugiati, Antonio Guterres, ( a seguito del respingimento degli stranieri verso le coste libiche) denuncia la violazione dei diritti previsti dall’ Unione Europea, chiedendo ai governi di Malta e Italia, di continuare a garantire l’accesso al territorio e  il procedimento di accoglienza previsto dall’Unione.  Infine a settembre José Manuel Barroso, presidente della Commissione Europea, chiede all’Italia di rispettare i diritti umani, violati dalla politica di respingimento.

Situazioni come questa, si ripresentano in altre economie sviluppate, in Medio-Oriente, in Asia, nella Spagna, che ha visto un aumento modulato ma costante dell’immigrazione. La Francia che recentemente ha destato l’attenzione del mondo e dell’ Unione Europea, che attraverso la persona di Viviane Reding, commissario europeo incaricato di Giustizia, diritti fondamentali e cittadinanza, ha duramente disapprovato le misure del governo francese, sull’espulsione dei Rom. Parliamo di economie caratterizzate da grossi serbatoi di manodopera straniera, sfruttata e a basso costo.

Siamo, dunque di fronte ad una ripetizione esasperata, delle circostanze che l’Italia (e non solo) deve fronteggiare.

Tutto ciò, impone una riflessione ben ponderata.

È necessario, evitando qualsiasi approccio fazioso sul tema dell’immigrazione, valutarne l’effettiva portata, gli aspetti, e le possibili sfumature.

Analisi critica

L’obiettivo che l’Italia desidera raggiungere, vorrebbe un’importante diminuzione dell’immigrazione (clandestina e non), a tal proposito sono state “chiuse” alcune delle mete solite di approdo, come il canale di Sicilia, ed altri. Ciò ha causato inevitabilmente, la ricerca d’altre vie, come il Lazio e soprattutto strade “terrene” come il passaggio dall’Albania o dalla Grecia.

La popolazione è impaurita, diffidente, anche alla luce degli accadimenti di Rosarno e di Lampedusa. Secondo il Ministero degli Interni, un reato su tre è commesso da un extracomunitario. La preoccupazione delle istituzioni è rivolta anche alle condizioni di sovraffollamento che gli stranieri vivono, nei sempre minori Centri d’Accoglienza. È altresì indispensabile essere coscienti, di come il nostro sistema manifesti la necessità, di inserire gli extracomunitari all’interno della macchina produttiva, per agevolare i diversi settori lavorativi. Dunque, le misure volte a scoraggiare la clandestinità e l’eccessiva migrazione nel nostro Paese, devono accompagnarsi con iniziative che favoriscano l’integrazione e l’unità sociale.

Non è necessario scegliere tra l’intolleranza assoluta, e la tolleranza incondizionata.

A tal proposito, ripercorrendo la storia, un esempio calzante è fornito dalle vicende delle Province Unite, in seguito, nel 1648, L’Olanda. Agli inizi del 1500, (1517) irrompeva la dottrina protestante. Le guerre di religione, attraversavano tutta l’Europa, molti furono perseguitati, uccisi e costretti all’esilio. Le Province Unite, diventarono il baluardo della tolleranza religiosa. Molti vi si rifugiavano, sicuri di non correre alcun pericolo. Tuttavia, questo territorio, nello scopo di mantenere lo status quo, conservò una sua identità, ponendo dei limiti alle diverse confessioni religiose. Confini che rendevano possibile un buon margine di libertà, preservando la struttura e le caratteristiche proprie di questo Paese. In pochissimo, l’Olanda crebbe significativamente, grazie all’enorme ricchezza prodotta dal lavoro dei rifugiati religiosi. Tutto ciò le permise di scalzare L’Inghilterra e di guadagnare un ruolo primario nei mari e nella colonizzazione.

Questa analisi, deve, però tener conto del contesto e dello scenario odierno.

In conclusione

Sarebbe auspicabile che le misure punitive contro la clandestinità, criminalità e altro, si accompagnassero ad agenzie ad hoc per l’immigrazione, e il censimento, attraverso l’aiuto di società e fondazioni umanitarie ed assistenziali, in modo da convertire totalmente la gestione del problema. Non più, vissuto come un costante allarme, ma come una programmazione inserita nei propositi del governo.

*Giulia Vitolo è laureanda in Relazioni Internazionali (Università la Sapienza di Roma)


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