William Bavone ha intervistato per noi Carlos Pereyra Mele, docente universitario argentino, membro del CEES e del Comitato Scientifico di “Eurasia”

WB – La situazione geopolitica attuale mette in risalto una forte instabilità europea (uno dei tre pilastri del modello della Globalizzazione). A tale dissesto si cerca di ottemperare con l’introduzione di governi tecnocratici poco convincenti sui risultati ottenibili per un rafforzamento armonico dell’intera meso-area. Dall’Argentina del 2001 impariamo che per dissuadere la tecnocrazia da un suo proliferare, occorre una presa di coscienza popolare in grado di ristabilire una sovranità legittima, ma il contesto sociale in cui ci troviamo non dimostra tale capacità intrinseca al popolo, secondo lei cosa può aiutare il risveglio della popolazione europea?

CPM – E’ interessante che venga fatta questa domanda ai latinoamericani e agli argentini in particolare dato che sono sempre stati considerati gli “estranei”, gli “inesperti”, nel momento in cui venivano presentati alla così detta società sviluppata del primo mondo. Erano l’esempio da non seguire ed oggi è tutto il contrario. La nostra (popolo argentino) esperienza ci dice che la società europea non ha ancora raggiunto il fondo della crisi e che nel momento in cui non sembra esserci più via d’uscita al sistema, emerge dapprima una reazione gregaria e successivamente ve ne è una più organizzata. Si tratta di una strada dolorosa da percorrere. Per alcuni aspetti noi argentini siamo molto esperti in ciò visto che siamo stati il banco di prova di tutti gli esperimenti del neoliberismo, ma essendo considerati periferici al sistema, l’ impatto sulla nostra società non ha preoccupato a livello mondiale (Per questo ho fatto il mio breve saggio sul Golpe del Mercato in Europa al quale ci riferiamo). Paradossalmente tale condizione di marginalità è stata d’aiuto all’Argentina: permise di generare una coscienza anti-imperialista appoggiata dal sistema e dai media. La popolazione era in gran fermento e allo stesso tempo iniziava un gran lavoro per la prima esperienza di politica peronista.

WB – L’Europa ha dimostrato tutta la sua vulnerabilità nel farsi travolgere dalla speculazione finanziaria giunta al suo apice. Le nuove riforme a livello macro si dirigono verso uno “snellimento” istituzionale quale risposta al momento di criticità. A suo avviso è la strada giusta da seguire, oppure occorrono riforme che risanino la vecchia struttura senza pregiudicarne le fondamenta (i singoli Stati)?

CPM – La visione che si ha in America Latina è che la magnifica idea di integrazione continentale dell’Europa, è stata bombardata da un sistema economico finanziario che ha cercato di liberarsi da tutti i controlli istituzionali comunitari in primo luogo, approfittando dei tassi elevati di consumo della sua popolazione incrementando i propri profitti a scapito dell’apparato produttivo europeo. Per conseguire tale fine si la finanza ha approfittato della complicità dei politici (che hanno accettato a scatola chiusa il nuovo Dio Mercato, indifferentemente dal loro credo politico), intellettuali e università. Questi hanno dato sostegno ideologico al cambio di sistema: un modello speculativo piuttosto che basato sulla produzione. I mass media, come tutti sappiamo, sono stati gli strumenti utilizzati dai poteri finanziari, per addomesticare con successo la popolazione. È necessaria quindi una rifondazione del sistema Europeo, che consideri le asimmetrie dei suoi Stati , che controlli l’apparato speculativo finanziario e ritorni alla produzione reale.

WB – Francia e Germania sono viste da Lei quali “speculatori” del sistema Europa, ossia come Nazioni che hanno implementato il loro sviluppo “approfittando” dell’Eurozona. Ma se guardiamo da un livello macro, non potrebbe essere che le due Nazioni rappresentino semplicemente delle “mucche da mungere” più grandi e che con il tempo saranno piegate anche loro dalla finanza occidentale?

CPM – Germania e Francia insieme all’Italia furono alla base del modello di integrazione europea e quando l’alleato degli Stati Uniti,la Gran Bretagna, ne entrò a far parte senza condizioni – da parte della Comunità – il sistema subì un cambio di modello. Questo perchè i fondatori del neo-liberalismo su scala globale furono la coppia Reagan-Teacher (Stati Uniti – Regno Unito) e, mediante l’integrazione al modello europeo, riuscirono ad ottenere l’espansione del sistema finanziario che diventò inarrestabile e senza il controllo degli Stati. Questi si ridussero a seguire le direttive che venivano emanate da questo potere sconfinato, ma dato che tutti facevano parte del modello e gli sfruttati erano “gli altri”, non se ne preoccupavano. Oggi invece accade che “gli altri” sono gli europei. È chiaro che Francia e Germania subiranno il colpo, già lo vediamo con Zarkosy e la Merkel, che procedono ad applicare soluzioni tradizionali ed ortodosse ai loro Paesi, esigendo prima di tutto che gli altri Stati dell’Unione prendano la stessa amara medicina. Ma se qualcosa abbiamo imparato, avendone già sofferto le conseguenze devastanti, è che al “sistema” non interessa il dolore, il caos e la distruzione che crea con le sue “azioni di salvataggio”, si preoccupa solo di mantenere i propri livelli di garanzie e privilegi. Per capire il modello ed il livello di controllo e dominio che ha raggiunto sullo Stato, vi raccomando di leggere l’articolo su come si gestisce il sistema finanziario negli Stati Uniti: Sei sorprendenti rivelazioni sul “governo segreto” di Wall Street der Les Leopold-(1), hanno lucrato fino a quando il Vaticano ha emesso un comunicato col quale sollecitava un governo mondiale (?) per uscire dalla crisi.

WB – L’incombere dei capitali del BRICS in soccorso al sistema occidentale potrebbero rivelarsi come un neocolonialismo finanziario – cioè trasformare l’Europa in un territorio “posseduto” dai capitali stranieri – oppure possono dar vita ad un riassestamento più equilibrato dei rapporti bilaterali tra aree geografiche?

CPM – La penetrazione di capitali provenienti dai BRICS, mi sembra che si riduca per lo più al capitale cinese e in minor misura russo (per quanto concerne l’energetico). Le altre potenze emergenti non partecipano a questo schema e ricordate che i capitali di queste seguono il modello dettato dalle regole di gioco stabilite dal “sistema” o se decidessero di investire nelle migliori imprese europee , non credo che possano rappresentare la salvezza dalla crisi del Vecchio Continente. Solo una negoziazione basata sulla forza dell’Europa (unita) permetterà di non cadere nel neocolonialismo a cui fa riferimento. A tal proposito, sembra fuorviante parlare della possibilità che l’Europa sia conquistata dall’Estremo Oriente, ma è pur sempre un possibile scenario se pur lontano.

WB – Si parla da anni di una riforma del FMI e della BM; secondo Lei, è sufficiente o è necessario un cambiamento rivoluzionario di tali istituzioni?

CPM – Sappiamo tutti che le due agenzie nascono per arginare le conseguenze della II Guerra Mondiale, che sono state create per stabilire un equilibrio tra i due blocchi vincitori, ma questa è una storia morta così come l’utilizzo del dollaro come standard globale per gli scambi commerciali e l’imposizione della triade (USA, UE e Giappone) al blocco sovietico. Questi due organismi (FM e BM) sono stati il ​​braccio operativo per la globalizzazione finanziaria che oggi è fuori controllo e sono solo uno strumento utilizzato da quel sistema per continuare a garantire la propria sopravvivenza. È giunto il momento di attuare profondi cambiamenti di queste organizzazioni o crearne nuove.

WB – Per concludere una domanda sull’area Latinoamericana. Nel suo ultimo articolo su EURASIA (1 Dicembre) traccia le strategie geopolitiche che potrebbero riguardare il Sud America. Più nello specifico parla dell’ ”agenda”degli USA. A tal proposito, non potrebbe essere che su quell’agenda il SUD sia messo in stand-bay in attesa di governi più benevoli verso l’asimmetria dei rapporti bilaterali?

CPM – Il tempo corre contro gli Stati Uniti: la creazione di organismi fuori dall’influenza USA – come UNASUR, il Consiglio di difesa Sudamericano, il Banco do Sur, il recente incontro del CELAC – l’emergere di concorrenti commerciali come Cina e India e, in minor misura la Russia, hanno spiazzato gli USA – che hanno problemi anche di stabilità economica interna. Diventa sempre più difficile tornare ai vecchi tempi, quando l’Americalatina era il loro “cortile”. Il Brasile che, oltre ad essere un ombrello sul continente, svolge un ruolo nel processo di integrazione reale e non dialettica a cui sono molto legati i Paesi a sud del Rio Grande. Prendiamo per esempio i due Stadi del Sud alleati degli USA: Cile e Colombia hanno dimostrato una forte intenzione di costruire strumenti per ripararsi dalla crisi globale dando vita all’ UNASUR e migliorando le loro relazioni bilaterali con i “nemici” di Washington. In realtà agli Stati Uniti è rimasta una scelta: o perseguire nell’uso dell’espediente del conflitto per cercare di mantenere la sua presenza in Americalatina e nei Caraibi o stabilire un dialogo serio e utile per il Continente in modo tale da continuare a mantenere una posizione di rilievo nello stesso.

 

* Carlos Pereyra Mele, docente universitario argentino, membro del CEES e del Comitato Scientifico di “Eurasia”

*William Bavone è laureato in Economia Aziendale (Università degli Studi del Sannio, Benevento)


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