Fonte: Atimes

LONDON – Infastidita dalle accuse di neo-colonialismo, la Cina sta cercando di giustificare il suo slancio economico verso l’Africa attraverso l’evidenza storica dei suoi antichi legami con il continente.

Gli archeologi cinesi sono stati mandati a caccia di un’antica imbarcazione sulla costa del Kenya, allo scopo di supportare le rivendicazioni che la Cina abbia battuto sul tempo gli esploratori bianchi nella scoperta dell’Africa. Allo stesso tempo, Pechino si sta preparando per aumentare i finanziamenti alle ricerche sul continente, in modo da agevolare le società e le banche che cerchino qui una possibilità di espansione.

Lo scorso mese è stato inaugurato il nuovo Centro di Ricerca Cina-Africa del ministero del commercio. Lo scopo del centro è di “fornire al governo cinese una base teorica per il processo decisionale relativo alle questioni africane”: parole di Huo Jianguo, presidente della Accademia Cinese del Commercio Internazionale e la Cooperazione Economica, dello stesso ministero. Il centro fornirà anche un servizio di consultazione per le società che intendano espandere i loro affari nel continente.

Per molto tempo la nostra strategia in Africa ha ricalcato la nostra strategia di sviluppo economico- ‘attraversare il fiume tastando i sassi’ – dichiara He Wenping, direttore di Studi Africani all’Istituto di Studi dell’Asia Occidentale e Africani dell’ Accademia Cinese di Scienze Sociali. “Non eravamo preparati ad andare in Africa ed abbiamo dovuto pagare un caro prezzo, imparando dai nostri errori. Ma ora stiamo consolidando la nostra strategia e l’apprendimento in materia sarà oggetto di un nuovo interesse.”

Molta speranza è riposta sulla caccia al tesoro che gli archeologi Cinesi e Africani stanno portando avanti in Kenya, sulle tracce di un’ antica imbarcazione e di altre evidenze di commercio precedente al quindicesimo secolo. Si pensa che la nave affondata fosse parte di una flotta comandata dall’Ammiraglio Zheng He, un eunuco musulmano che, secondo le rivendicazioni Cinesi, avrebbe raggiunto l’Africa Orientale 80 anni prima del navigatore portoghese Vasco de Gama, sotto la dinasta Ming.

Il progetto di esplorazione, della durata di tre anni, è stato inaugurato a luglio; simbolicamente, questo rappresenta lo sforzo, sempre più intenso, che la Cina sta intraprendendo per presentare la moderna conquista dell’Africa come una continuazione dell’antico “viaggio di pace e amicizia” di Zheng He.

I documenti cinesi parlano di una flotta di 300 navi e migliaia di marinai, che sotto la guida di Zheng He attraversarono l’ Oceano Indiano e l’Oceano Pacifico. A partire dal 1405, Zheng He portò avanti sette spedizioni in Asia, Africa e nel Medio Oriente.

Si dice che l’ammiraglio abbia raggiunto la costa del Kenya fin dal 1418, carico di merci e di doni da parte dell’imperatore cinese. La nave che gli archeologi sperano di trovare dovrebbe essere affondata durante il viaggio di ritorno in Cina, portando fra le altre cose una giraffa inviata dal Sultano di Malindi come regalo alla Corte Cinese.

Il suo viaggio è davvero un simbolo delle intenzioni cinesi verso l’Africa, sia di quelle passate che di quelle presenti”, insiste Zheng He. “I cinesi che raggiunsero l’Africa non erano colonizzatori, ma viaggiatori ed esploratori”.

La Cina è il maggiore importatore di minerali grezzi dall’Africa. La sua incursione nei Paesi Africani è stata ritratta da alcuni critici come un “saccheggio”, provocando stizza a Pechino. Il progetto archeologico mette in luce il desiderio cinese di pubblicizzare il fatto che il suo nascente rapporto con l’Africa ha alle spalle una storia più lunga di quanto originariamente si riteneva. Non si tratta inoltre di un legame puramente economico, ma anche storico.

Prima di pochi anni fa, i funzionari cinesi amavano sottolineare il supporto cinese ai movimenti di liberazione africani nella loro lotta per l’indipendenza, insieme alla loro comune eredità ideologica anti-colonialista. Ma oggi gli accademici ritengono che i sessant’anni di storia delle relazioni Cino- Africane non possano competere con la presenza occidentale nel continente, risalente al quindicesimo secolo.

Molti studiosi cinesi hanno evidenziato che la Cina non ha, riguardo l’Africa, la ricchezza di informazioni che i Paesi Occidentali hanno accumulato nei secoli. Senza il comune retroterra religioso che lega i Paesi Africani con quelli europei, la Cina ha dovuto rispolverare la storia antica nello sforzo di giustificare la sua espansione nel continente.

Vista la necessità di diffondere la sua visione della storia e dello sviluppo fra i due continenti, a Pechino è stata ipotizzata l’istituzione di un Fondo di Ricerca Cina- Africa, a supporto di quelle istituzioni o di quegli individui che volessero intraprendere degli studi in materia.

Gran parte delle ricerche intraprese dagli studiosi è finanziata da istituzioni internazionali e sovvenzioni dei Paesi Occidentali.

Anche gli studenti africani, in questo senso, sono considerati un fattore rilevante. Negli anni recenti, il governo cinese ha incoraggiato sempre più studenti africani a studiare nel Paese, offrendo migliaia di borse di studio. Nel 2009, la Cina ha ospitato 120000 studenti africani, 10 volte di più di quanto fatto nel 2000. Allevati come le future élite governative, a questi studenti viene insegnato non solo il cinese ma anche discipline scientifiche, ingegneristiche e agrarie.

Tutto ciò non è passato inosservato in Europa, che la Cina accusa di guardare all’Africa come al proprio “cortile”. Secondo un recente report della Chatham House di Londra, i governi occidentali, il mondo accademico e i media avrebbero lasciato appassire le risorse e le conoscenze in materia africana.
“Al di là della retorica sull’importanza dell’Africa, le risorse diplomatiche e commerciali ad essa destinate sono ancora oggetto di tagli in molti Paesi occidentali, conducendo ad una spirale discendente di ignoranza, e quindi di marginalizzazione nelle informazioni strategiche”, ha scritto l’autore del report Tom Cargill.

Se non verrà interrotta, avverte il report, questa tendenza eliminerà il vantaggio relativo, nella conoscenza politica e accademica dell’Africa, che i Paesi Occidentali detengono sulla Cina.

*Traduzione di Federica Nalli ( dottoressa in Scienze Politiche -Università degli studi di Firenze)


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