La crisi tagika e le manipolazioni esterne

Quale impatto per il Kirghizstan, e dunque per l’avvenire dell’Asia centrale?

“L’aumento dei casi d’infiltrazione di bande terroristiche dal (….) l’Afghanistan, nei paesi centro-asiatici limitrofi ed il numero di scontri armati nei territori  di questi ultimi, particolarmente del Tadjikistan, agitano i paesi della regione e la Russia “

Vitali Tchourkine[i]

Ambasciatore della Russia alle Nazioni Unite

Mercoledì 29 settembre 2010

La crescita delle tensioni nazionali ed etno-religiose nel Tadjikistan, si inscrivono nel prolungamento di una grave crisi, scoppiata inizialmente tra questi paesi durante il periodo 1992-1997,  e molto presto trasformata  in una cruenta lotta civile. Questo conflitto contrapponeva il potere centrale ( “i laici”) ed i combattenti islamici ( i “religiosi”) e fece all’epoca, circa 150.000 morti. Ma già sotto il regime sovietico, si presentò in una forma attenuata, a volte latente – con un ruolo particolarmente attivo del Movimento Islamico dell’Uzbekistan (MOI) . Ora un’implicazione indiretta ed immediata influenzerà il futuro politico del Kirghizstan, e in tal senso, della parte Centro-asiatica dell’ex impero sovietico, degli ultimi resti di uno stato-perno.

Oggi queste tensioni, fomentate dall’esterno, si accompagnano ad un rafforzamento della “minaccia terroristica” (secondo il termine ufficiale) verso l’Asia centrale, tra cui il Tadjikistan – con il Kirghizstan- sarebbe una leva privilegiata. Fondamentalmente, tale minaccia terroristica, sarebbe legata allo sviluppo parallelo dell’economia della droga e di ideologie religiose radicali, favorendo la nascita ad una nuova forma di criminalità internazionale. Durante gli anni successivi, tale criminalità è stata discussa per la crescita vertiginosa degli attentati. Cosi, secondo il ministro Tagiko (tajik –tagiko è un’espressione comune, per indicare un largo raggio di persone d’origine principalmente iraniana, di lingua persiana) dell’interno A.  . Kakharov; in 12 anni (1997-2009), l’attività di 200 bande terroristiche ha comportato l’attuazione di 3000 crimini, di cui 170 attentati, sono stati smascherati nel Tadjikistan. “ I paesi dell’Asia centrale sono, la lastra rotante del mercato di stupefacenti, e la piattaforma della criminalità transnazionale” ha precisato il presidente del dipartimento federale dell’ufficio della polizia criminale (BKA), Ziercke[ii]. Sul lungo periodo, quest’instabilità crescente, si inscrive in un contesto più largo, di  fragilità politica dell’Asia centrale, zona economica strategica del passato URSS.

Ora, nella misura in cui si prenda in considerazione la vicinanza delle prossime elezioni presidenziali\legislative nel Kirghizstan- previste il 10 ottobre 2010- la crisi tagika, acquisisce una dimensione politica non neutrale, per l’avvenire del paese.  Senza entrare in un anti-americanismo, ispirato dalla teoria dei complotti, si ha il diritto di interrogarsi sull’attitudine americana di fronte a questa crisi, e di interrogarsi sulla sua neutralità. L’amministrazione americana, sarebbe in effetti obiettivamente interessata, sull’evolversi della situazione nel Tadjikistan, per tre ragioni principali. In primis, creando le condizioni per l’acuirsi di questa situazione, potrebbe per rimbalzo fare pressione, sul governo kirgiko attuale, e sull’elettorato, invitandolo a scegliere il “suo” candidato. In un passato recente, le amministrazioni Carter, Regan e Bush hanno dimostrato un certo talento, nella manipolazione della “minaccia islamica” secondo la loro terminologia. Inoltre un’instabilità regionale aumentata, potrebbe legittimare l’inserimento di una stazione militare americana nel Tadjikistan per l’apparente motivo della “lotta anti-terroristica” o vedendo, perciò la “guerra preventiva” o il “dovere morale d’integrazione”, già invocato dalla precedente amministrazione Bush. Infine, alimentando un conflitto periferico nel Tadjikistan, (come in Afghanistan nel 1979, e in Cecenia nel 1994), Washington potrebbe continuare la sua strategia, d’erosione politica e di esaurimento economico, di una potenza russa, dunque obbligata ad intervenire come arbitro ultimo- come già fece negli anni ’90. Perché delineando la CEI -dunque l’Asia centrale- come sua “zona di interesse vitale”  la Russia ha il “dovere di integrazione” rinforzato dall’obbligo morale, di aiutare un paese fratello, un tempo sue repubbliche sovietiche, ovvero  la sua tutela politica.  Tale intervento sarebbe più giustificato, poiché il Tadjikistan fa parte delle strutture politico- militari (OTSC, OCS[iii]) messe in opera per Mosca, per assicurare lo spazio post-sovietico e neutralizzare le “nuove minacce”-  di cui i movimenti separatisti\terroristici dominati da fondamentalisti islamici. La cosa più inquietante, è che ora negli scontri armati entrano “forze dell’ordine” e “militanti islamici”- secondo l’espressione ufficiale- si moltiplicano nel Tadjikistan, principalmente nelle sue frontiere, con le Repubbliche sorelle con l’Asia centrale e dell’ l’ex-URSS[iv] (Afghanistan, Kirghizstan e Uzbékistan). In tal senso, si percepisce una collisione di interessi, da una parte, le correnti nazionali di obbedienza religiosa, vogliose di impiantarsi in zone centro-asiatiche (in tale modo, espellendo definitivamente Mosca), e dall’altra parte un’ala (conservatrice) dell’elite politica americana vicina al Pentagono, e fautrice di un rafforzamento della presenza americana, in periferie post-sovietiche, attraverso il suo sistema militare e l’introduzione di nuove basi. Altrimenti detto, si potrebbe giustamente sospettare una strumentalizzazione politica della crisi tagika, da parte di una potenza americana tendente ad intensificare la sua presenza in Asia centrale, nell’ottica infine, di controllare meglio il nodo nevralgico dell’Eurasia post-comunista- e obliquamente, avere il dito puntato sui circuiti energetici.

Da questo punto di vista, converrebbe restituire quest’evoluzione geopolitica, al quadro d’applicazione della linea Brzezinski di destabilizzazione dell’autorità russa, sulla sua dimensione storica, e più precisamente  di distaccamento delle vecchie repubbliche sovietiche, per la  sua tutela.

Tendenzialmente ed in maniera più globale, questa strategia, tenta di estendere l’influenza americana in zone centro-asiatiche e caucasiche- di cui la parte Nord, sarebbe ormai il nervo sensibile secondo le confessioni del primo ministro russo, V. Putin che dice “ di una condivisione delle zone di influenza[v] ”  al Caucaso nord. Nei primi tempi, la riuscita di questa linea anti- Russia  implicò un supporto temporaneo di “qualche accanito islamico” secondo i termini di Z. Brzezinski[vi]. In un secondo tempo, quest’orientamento della strategia americana cercò di creare una cintura periferica, politicamente affidabile e vicina al blocco occidentale della Nato. Impregnata di ideologia Brezezinskiana, questa strategia d’accerchiamento della potenza russa, è una tendenza osservata ed accentuata a partire dall’implosione dell’Impero Sovietico nel 1991. Questa strategia, suppone un riavvicinamento multidimensionale (politico/economico/militare) dell’impero americano con i nuovi stati indipendenti (NEI) dell’ex URSS. Il suo obiettivo finale è dunque la frammentazione dell’antico spazio politico, altre volte formatosi attraverso l’Unione Sovietica.

Di conseguenza, la crisi tagika, appare come una leva potenziale per l’integrazione americana, nel destino politico degli stati perno dell’Asia centrale- tra cui a breve termine, il Kirghizstan, fragile a causa di una crisi politico-etnica dal Aprile 2010, dopo la caduta del presidente  K. Bakiev-. Questa evoluzione, s’inscrive dunque, nella lotta d’influenza implacabile, volta al cuore dell’Eurasia post-sovietica, per i due vecchi nemici della guerra fredda, e ormai arbitri attraverso la Cina. E là, la radicalizzazione della crisi tagiko- kazaka sperimenterebbe in ultima istanza, il perseguimento di una partita a scacchi strategica, tra due pretendenti per la leadership regionale. E in tal senso, come dimostrerebbe l’elezione del Kirghizistan del 10 aprile, questa crisi sarebbe un fondamentale risultato delle strategie manipolative.

Traduzione di Giulia Vitolo


[i] http://fr.rian.ru/world/20100930/187536756.html : ‘’Asia centrale : Mosca fa appello ad evitare la propagazione del conflitto’’, V. Tchourkine, 30/09/2010 – RIA Novosti.

[ii]http://www.fr.rian.ru/world/20091102/185446300.html : ‘’Terrorismo: 200 bande smantellate nel Tadjikistan in 12 anni’’, Dipartimento federale della polizia criminale, 2/11/2009 – RIA Novosti.

[iii] OCS : Organizzazione  di cooperazione d Shanghai ; OTSC : Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva.

[iv] A questo titolo, possiamo richiamare l’attentato del 19 settembre 2010, che ha causato almeno 40 morti, tra i militari tagiki.  Questa imboscata, secondo il ministero tagiko, è il lavoro di un gruppo terroristico internazionale, diretto dall’antico condottiero di guerra tragico Moullo Adoullo. Questo all’interno del paese, a partire dall’Afghanistan.  “In gran parte dei cittadini tagiki, il gruppo terrorista, comprende, dei militanti e mercenari originari del Pakistan, dell’Afghanistan, Cecenia e Russia” ha aggiunto M. Makhmadaliev, portavoce del ministero. In seguito, ha precisato che “ con la scusa della fede islamica, questi combattenti hanno voluto creare nel Tadjikistan un terreno per mantenere la loro guerra fratricida con la collaborazione di gruppi illegali”.

Fonte : http://www.fr.rian.ru/ex_urss/20100920/187466591.html : ‘’Tadjikistan : non meno di 40 soldati uccisi in un attacco’’, 20/09/2010 – RIA Novosti.

[v] http://fr.rian.ru/russia/20100831/187327751.html : ‘’Caucaso del Nord : Poutin esclude una nuova guerra ‘’, Mosca, 31/08/2010 – RIA Novosti.

[vi] Questa manipolazione del movimento islamista è stata riconosciuta per aver provocato, per Brezezinski nel 1998, stranieri convinti del ruolo messianico ed avanguardista di un’America portattrice della storia del mondo ‘’che cosa è più importante riguardo la storia del mondo ? i talebani o la caduta dellIimpero Sovietico ?qualche facinoroso islamico o la liberazione dell’Europa centrale e la fine della guerra fredda ? Fonti : ‘’Brzezinski : « Si , la CIA è entrata in Afghanistan prima dei russi…» ‘’, Z. Brzezinski, Nouvel observateur, 15-21 gennaio 1998, (p. 76).


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