Sia che si utilizzi il calendario gregoriano oppure, nel caso degli ortodossi, quello giuliano, il 2013 sta in ogni caso volgendo al termine. Un anno ricco di soddisfazioni per la Russia e di conseguenza per Vladimir Putin, il quale ha consacrato con le questioni siriana, prima, e del nucleare iraniano, poi, il definitivo ritorno del paese eurasiatico quale protagonista delle relazioni internazionali. Tuttavia, le soddisfazioni non sono venute esclusivamente dalle qualità diplomatiche del presidente russo e del suo brillante ministro degli Esteri, Lavrov, ma è stato anche il colosso energetico di stato Gazprom – efficace e convincente strumento di politica estera di Mosca in Europa e nel mondo – a mietere importanti successi a livello internazionale, stringendo accordi di rilevanza strategica.

Il più recente e importante sotto molteplici punti di vista è ovviamente quello che ha riguardato l’Ucraina di Yanukovich, il quale, dopo essere rimasto alla finestra nei giorni delle intense ma spaesate manifestazioni (le varie fazioni scese in piazza richiedevano un’adesione all’UE in termini irrealizzabili nella realtà), ha convenuto nell’accettare la proposta del Cremlino, rivelatasi l’unica affidabile. Questa ha avuto come basi dell’accordo l’investimento di 15 miliardi di dollari nel debito di Kiev e soprattutto l’ingente sconto sulle forniture di gas – pari a un terzo del prezzo attuale – che diventerà effettivo dal 1 gennaio 2014, garantendo più che una boccata d’ossigeno alla traballante economia ucraina. Dovendo questa fare affidamento più sul pragmatismo di Mosca (e quindi di Gazprom), che sulle ingannevoli sirene di Bruxelles.

Nel piano di ristabilimento dell’influenza russa sui paesi storicamente vicini per motivi storico-religiosi e che fa seguito alla volontà di Putin nel riavvicinare l’Ucraina alla Madre Russia, un altro importante tassello è costituito dalla Serbia. Belgrado si è trovata a spegnere gli entusiasmi per l’ingresso nell’Unione Europea dopo aver valutato con attenzione sia i risultati delineatisi nelle limitrofe Slovenia e Croazia, che la dubbia affidabilità degli investimenti comunitari, volgendo nuovamente lo sguardo verso il suo maggior investitore estero e storico alleato: Mosca. Un prestito di 500 milioni di dollari è stato accordato nella scorsa primavera per bilanciare il calo del flusso di denaro proveniente dall’eurozona, ed è notizia recente la volontà da parte della Russia di investire nei prossimi tre anni una cifra pari a circa 5 miliardi di euro nel paese balcanico. Anche in questo caso, è Gazprom ad essere trainante per l’accordo: oltre ai lavori – già in corso – per la costruzione del tratto di competenza serbo del gasdotto South-Stream, i rubli in arrivo serviranno per apportare nuove tecnologie e ammodernare le imprese serbe attive nel settore energetico (compreso il ramo eolico), con lo scopo ultimo di fare della Serbia una piattaforma balcanica per la distribuzione di energia e stringendo quindi i legami economici con la Russia, suo fornitore.

Ma se è l’Europa dove Gazprom si rivela essere sempre più protagonista con forniture record[i] e una recente svolta anche nell’immagine che l’azienda vuol dare di sé (da quest’anno sponsorizza, oltre a diverse squadre, anche la massima competizione calcistica europea per club, la Champions League), l’Asia centrale rimane anch’essa fra le priorità di Mosca, a testimoniare che il Grande Gioco sembra non conoscer fine. Con il Kazakhstan già ampiamente membro dell’Unione Doganale e la recente svolta del Turkmenistan a favore della Russia – alla quale ha ceduto i giacimenti di gas che avrebbero dovuto contribuire a riempire il gasdotto d’ispirazione euro-atlantica Nabucco – un altro passo in avanti verso la riconquista dell’ex spazio imperiale è costituito dall’accordo stretto con il Kyrgyzstan: in base ad esso, la repubblica centroasiatica ha ceduto al simbolico prezzo di 1 dollaro la compagnia Kyrgyzgas (con i suoi giacimenti e le sue infrastrutture) a Gazprom, seguendo la cancellazione di 500 milioni di dollari di debito quale premio di Putin dopo la decisione presa dal parlamento di Byshkek di rescindere l’accordo con gli Stati Uniti; i quali dovranno, nel 2014, abbandonare il Paese dopo anni di presenza militare. Si tratta di un primo passo che potrebbe portare col tempo il Kyrgyzstan a divenire membro dell’Unione Doganale, seguendo la strada che ha recentemente deciso d’intraprendere l’Armenia (proprio a discapito dell’UE) e gli auspici nella medesima direzione già espressi a novembre dal Tagikistan, altro stato centroasiatico.

Muovendosi dal cuore dell’Asia verso Est, giungono quest’anno altre notizie che fanno brillare l’astro di Gazprom. In direzione meridionale, spiccano gli storici e sempre più saldi legami con il Vietnam che il presidente Putin non ha dimenticato di enfatizzare nella sua recente visita a Hanoi: con l’interscambio commerciale cresciuto del 20% solo nel 2012 e la collaborazione sul piano energetico più che florida con ben tre joint-venture russo-vietnamite attive nella ricerca di idrocarburi e nella costruzione della prima centrale nucleare vietnamita, le relazioni fra i due paesi sono ai massimi storici con interessanti prospettive per il futuro. Verso Nord-Ovest, invece, è notizia di due giorni fa l’avvio dei lavori per l’oleodotto che avrà il compito di trasportare petrolio dalle regioni settentrionali della Siberia verso la Cina, con il fine di aumentare l’esportazione di idrocarburi verso oriente in risposta al calo della domanda dei clienti europei dovuto alla crisi. L’infrastruttura (la cui costruzione è affidata all’equivalente russa della nostra Saipem, Transneft) sarà completata nel 2016 e trasporterà i prodotti di Gazprom e di altre compagnie russe in Cina, costituendo la seconda rete in questa direzione.

Ulteriori passi in avanti sono stati effettuati dall’Azienda russa guidata da Alexey Miller anche in America latina, nell’ottica di mantenimento e accrescimento dei legami politico-commerciali con determinati paesi. La recente cancellazione del debito, ancora risalente ai tempi dell’URSS, con Cuba – pari a circa 29 miliardi di dollari – a seguito della visita del Primo Ministro russo Medvedev lo scorso febbraio, risponde ad una strategia di ammorbidimento nei confronti di un paese con legami storici, interessi attuali, ma soprattutto importanti scenari futuri: come l’avvio di ricerche per la perforazione da parte di Gazprom dei fondali cubani off-shore alla ricerca di idrocarburi. Poi, un importante accordo strategico – anche in chiave geopolitica – è stato siglato con la Bolivia di Evo Morales, vulcanico presidente dichiaratamente ostile all’ingerenza statunitense nel Sud America e che si è definito “gioioso” per l’ingresso della Russia nell’economia boliviana. Il giacimento in questione, quello di Acero, sarà sfruttato da una joint-venture dove parteciperà anche il gruppo franco-belga Total ma su cui il governo boliviano manterrà la maggioranza. Infine, un considerevole aiuto pari ad un miliardo di dollari, arriverà da Gazprom alla compagnia statale venezuelana PDVSA, attualmente in difficoltà finanziaria e bisognosa sia di iniettare capitali freschi nelle sue casse per aumentare gli investimenti, sia di attirare la competenza che il gigante russo può fornire al fine di sfruttare in maniera appropriata le enormi riserve petrolifere del sottosuolo, da cui l’economia del paese largamente dipende. In cambio del prestito, Gazprom costituirà con la suddetta compagnia una joint-venture per sfruttare alcuni giacimenti nelle regioni occidentali, seguendo un ben preciso disegno politico nei confronti dello stato a cui la Russia è assai legata e che con il neo presidente Maduro sembra voler continuare nella strada intrapresa con coraggio dal defunto Chavez, grande amico di Vladimir Putin.

I passi in avanti compiuti da Gazprom grazie al suo potere energetico, hanno corso quest’anno su di un binario parallelo a quello dei successi conseguiti da Mosca in campo internazionale, decretando definitivamente il 2013 come base per una nuova era in cui la Russia ritorni ad essere ai vertici della politica mondiale. Gli scenari energetici e geopolitici che si prospettano nel 2014 – quali ad esempio le partite che si giocheranno per lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi in Grecia e a Cipro, da un lato, e nell’Artico, dall’altro – saranno di notevole interesse e vedranno questa volta, agire sulla scena mondiale, un ritrovato attore di cui il mondo avvertiva la mancanza.




[i] Gazprom fornisce il 25% del gas totale all’Unione Europea, detenendo il monopolio delle forniture di gas in: Bosnia ed Erzegovina, Estonia, Finlandia, Macedonia, Lettonia, Lituania, Moldavia e Slovacchia. Inoltre, vanta un semi-monopolio in Bulgaria, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Austria e Turchia; con considerevoli quote di esportazioni in Romania, Germania, Francia e, ovviamente, Italia.


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