Le relazioni russo-kazake sul Caspio

La regione caspica è al centro di una fitta rete di relazioni geopolitiche e geoeconomiche che riguardano sia gli Stati che si affacciano sul bacino acquifero, sia gli Stati ad essi vicini o collegati. Il più importante oggetto delle relazioni tra questi paesi è l’energia. L’estrazione, la produzione e l’esportazione di idrocarburi ha un significato decisivo per l’economia e per la statura internazionale dei cinque paesi costieri: Russia, Kazakhstan, Turkmenistan, Iran e Azerbaijan.

I volumi di risorse presenti nel sottosuolo terrestre e marino non sono comparabili a quelli mediorientali, ma rappresentano una risorsa fondamentale per l’equilibrio degli approvvigionamenti tra Asia ed Europa[i].

Il problema fondamentale della regione caspica rimane la suddivisione concertata della superficie, del fondale e delle risorse marine. Il Caspio è il più grande bacino di acqua salata che non comunica col mare aperto. Infatti, ad oggi si dibatte ancora sul suo status giuridico: che le parti lo riconoscano unanimemente come mare o lago avrà ripercussioni importanti sulle leggi internazionali che si applicheranno per suddividerlo. Ad oggi, si sono succeduti solo accordi bi- o trilaterali, a partire dal trattato di amicizia russo-persiano raggiunto nel 1921, poco prima della costituzione formale dell’Unione Sovietica (1923). Successivamente, un secondo trattato su commercio e navigazione fu siglato dalle medesime parti nel 1940.

Il percorso politico, economico e giuridico

Dal 25 dicembre 1991, i paesi sovrani sulle coste del Caspio diventarono cinque: ad Iran e Russia, si affiancarono le ex repubbliche sovietiche di Azerbaijan, Kazakhstan e Turkmenistan. Peculiari e contingenti motivazioni spinsero ciascuno di essi a rivendicare diversi paradigmi legali per sancire l’esatta suddivisione delle responsabilità e dell’autorità sul bacino acquifero. Negli anni Novanta, decine di incontri si tennero solo per riconciliare le posizioni dei vari paesi su questo tema.

Il Kazakhstan premeva per il riconoscimento di settori distinti all’interno del quadro del Diritto del Mare; la Russia propose più volte una suddivisione che considerasse una immaginaria linea mediana (cosa che le avrebbe concesso una sezione sproporzionata rispetto alle altre); il Turkmenistan ha cercato di rimanere fuori dai negoziati internazionali o regionali, coerentemente con la propria politica isolazionista; l’Azerbaijan, non avendo ancora scoperto i suoi migliori giacimenti offshore, giocava a parteggiare politicamente per il partito più conveniente; l’Iran non riconobbe la separazione delle Repubbliche dall’Unione Sovietica, rinunciò a qualsiasi incontro che le vedesse rappresentate al tavolo dei negoziati e chiese che il Caspio non fosse suddiviso (se non in cinque parti uguali), ma usato congiuntamente, sia per la pesca, sia per la navigazione, sia per l’estrazione di idrocarburi – l’ipotetica sezione iraniana non conterrebbe giacimenti significativi.

In questo scenario geopolitico, tutt’ora irrisolto, la Russia ha preferito intraprendere negoziazioni bilaterali che permettessero alle compagnie petrolifere di far riferimento a un quadro legislativo su cui ci fosse almeno l’accordo da parte di due paesi. L’accordo con il Kazakhstan, raggiunto nel 1998, sanciva la linea mediana come principio di suddivisione della superficie e dei fondali – e conseguentemente degli idrocarburi nel sottosuolo – della parte nord-orientale del Caspio. Al summit sul Caspio, tenutosi ad Ashgabat nell’aprile 2002, durante incontri bilaterali, Putin e Nazarbayev apposero le rispettive firme presidenziali su un protocollo che delimitava con precisione la sovranità su tre giacimenti vicini al confine stabilito: Kurmangazy al Kazakhstan, Tsentral’noe e Khvalynskoe alla Russia. In base ad accordi del 2006, lo sfruttamento dei tre si sarebbe portato avanti attraverso joint ventures paritetiche tra compagnie russe e kazake[ii]. In particolare, Kurmangazy mostra caratteristiche interessanti che aiutano a comprendere l’interdisciplinarità e lo spessore del ruolo dell’energia nella formazione delle politiche estere.

 

Grandi attese per Kurmangazy

Kurmangazy si trova circa a metà tra la costa russa e quella kazaka. Ricevette il suo nome in onore del compositore kazako Ottocentesco Kurmangazy Sagyrbaev, la cui tomba si trova presso Astrakhan, porto russo che si affaccia proprio sul Caspio. Dal maggio 2002 è all’opera una joint venture (JV) che si sta occupando dell’esplorazione di idrocarburi (principalmente petrolio) nel sottosuolo caspico. I governi della Federazione Russa e del Kazakhstan hanno nominato le rispettive compagnie nazionali alla testa della JV: KazMunaiGaz (KMG) detiene il 50% e Rosneft’ il 25% (il rimanente 25% non è stato ancora rivenduto dal governo russo dopo che Zarubezh’neft’ ha abbandonato il gruppo nel luglio 2002). All’accordo legale, è quindi seguito l’accordo economico che ha spartito gli oneri delle esplorazioni iniziali tra i due governi[iii]. Nonostante gli esami geologici preliminari abbiano dato buoni segnali nel 2004 e nel 2007, le due perforazioni-test del 2006 e 2009 non hanno riportato in superficie che detriti e acqua salata. Le due parti rimangono ottimiste sulle potenzialità stimate del giacimento[iv], che si attestano sopra i 7 miliardi di barili di petrolio (circa 1.000 milioni di tonnellate). La bassa profondità del fondale e i depositi di gesso giurassico rimangono molto promettenti secondo i geologi delle compagnie che portano avanti operazioni di esplorazione.

La poca fiducia reciproca e, soprattutto, la scoperta dell’enorme giacimento di Kashagan qualche miglio più a est avevano rallentato le trattative russo-kazake. KMG aveva anche sondato Total e Shell come possibili acquirenti di parte della quota kazaka. Una nuova politica sugli idrocarburi e sugli investimenti esteri modificò l’atteggiamento di Astana a tale riguardo.

Dal luglio 2005, l’Accordo di Produzione Condivisa (Production Sharing Agreement o PSA) tra KazMunaiTeniz (di cui KMG detiene il 100%) e Rosneft’-Kazakhstan ha dato licenza a una nuova compagnia sussidiaria per le operazioni sul campo (Kurmangazy Petroleum Ltd, controllata al 100% da KazMunaiTeniz).

Questo accordo fu il primo dopo una lunga serie di negoziazioni fallite nel settore estrattivo per entrambi i paesi. Tuttavia, l’insuccesso delle prime perforazioni non risultò in un cambiamento di rotta da parte dei due giganti energetici coinvolti. Rosneft’ e KMG mantengono buone aspettative, specialmente grazie alla loro posizione notevolmente rafforzata come “campioni nazionali” dei rispettivi paesi, meglio organizzati e con un livello di capitalizzazione decisamente superiore rispetto ai primi anni 2000.

 

Niente petrolio, ma molto inchiostro

Una semplice frase potrebbe riassumere quasi dieci anni di negoziazioni, sia politiche, sia economiche, su un giacimento che non ha portato in superficie alcuna traccia di petrolio. Kurmangazy ha mobilitato le diplomazie e i capitali di due grandi paesi esportatori di energia, nonostante le sue dimensioni limitate. La questione che concentra le attenzioni su questo sito al largo del porto di Bautino potrebbe dunque essere aliena alla mera estrazione di idrocarburi.

Crescente fermento in ambito accademico[v] è stato rivolto alla possibilità che  l’energia non sia solamente un’arma o uno strumento di politica estera, ma che possa intervenire come fattore multidisciplinare e multi-livello nella formazione della politica estera. Due paesi come Russia e Kazakhstan, la cui legittimità è assicurata dagli alti livelli di produzione ed esportazioni di idrocarburi, che collaborano amichevolmente su temi di sicurezza transfrontaliera, educazione, commercio e nel settore energetico, potrebbero evitare di costruire le loro relazioni reciproche su di un pozzo non ancora scoperto. D’altra parte, è possibile che Kurmangazy (e con esso alcuni altri casi possono essere citati) sia servito come veicolo per definire i rapporti di potere e la suddivisione dell’autorità sul Caspio, per migliorare le relazioni tra due compagnie destinate a diventare il braccio petrolifero dei rispettivi governi e ad alimentare il dibattito internazionale sull’Eldorado caspico. Tutto questo grazie a un contratto, uno studio di fattibilità e un paio di perforazioni.

Astana e Mosca avrebbero molteplici questioni aperte all’ordine del giorno: la minoranza russa  che vive nel Nord del Kazakhstan, la diatriba sulla doppia cittadinanza, le negoziazioni sulla zona economica unica insieme alla Bielorussia, la stabilità dei confini (non controllati dalle forze militari). La Russia sta inoltre perdendo sempre più terreno, soprattutto nelle relazioni commerciali, a causa dell’interesse cinese in Kazakhstan e la prontezza di Nazarbayev nel rispondere alle richieste di Pechino.

Kurmangazy si inserisce, insieme alla pipeline Tengiz-Novorossiisk, alla CPC, alla Central Asia-Center, all’interconnessione delle reti elettriche, alla Comunità degli Stati Indipendenti e all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), tra i fattori più importanti che invitano i due paesi a cooperare. Inoltre, Kurmangazy è la testimonianza che la geopolitica dell’energia gioca un ruolo molto importante anche tra paesi che non vivono una relazione di dipendenza unidirezionale. Al contrario, il caso analizzato suggerisce che la formazione della politica estera può risentire di una forte componente energetica.

Conclusioni e prospettive

Il rapido resoconto delle relazioni russo-kazake sul giacimento di Kurmangazy serve da cartina di tornasole per comprendere le dinamiche più complesse e articolate che hanno caratterizzato i rapporti tra Mosca e Astana negli ultimi dieci anni. Tentennamenti, incomprensioni, compromessi e intese si sono susseguiti tra leaders e ministri di entrambe le parti. L’energia ha giocato un ruolo peculiare nella messa in moto del dialogo diplomatico ed è rimasta un cardine fondamentale tra le due parti e nelle loro relazioni con l’esterno, sia con i paesi che si affacciano sul Caspio, sia con Europa, Cina e Stati Uniti.

È possibile che Kurmangazy non faccia affiorare le quantità di petrolio previste. Nonostante ciò, è molto probabile che Russia e Kazakhstan rimangano vicini, continuino a dialogare su temi energetici e collaborino sui progetti di estrazione e trasporto già avviati. L’energia è dunque un soft power molto incisivo sulla formulazione della politica estera di entrambi i paesi, nei quali l’egemonia dell’esecutivo sui restanti poteri predirrebbe il contrario. Diventa quindi necessario iniziare ad includere in maniera più sistematica e coerente la variabile “energia” nelle analisi geopolitiche.

 

* Paolo Sorbello ha ottenuto la Laurea Specialistica in Scienze Internazionali e Diplomatiche dall’Università di Bologna (sede di Forlì). La sua tesi di ricerca è stata successivamente pubblicata da Lambert Academic Publishing con il titolo “The Role of Energy in Russian Foreign Policy towards Kazakhstan” (Giugno 2011). L’autore ha condotto i suoi studi presso istituzioni accademiche in Spagna, Russia e negli Stati Uniti. Ha lavorato presso importanti istituti di ricerca negli Stati Uniti e attualmente collabora con il centro di ricerca IECOB pubblicando articoli e approfondimenti su tematiche inerenti alla geopolitica dell’energia.

 


[i] Giulia Vitolo, “Il Mar Caspio e il petrolio”, Eurasia, 15 dicembre 2010 http://www.eurasia-rivista.org/il-mar-caspio-ed-il-petrolio/7455/ (ultimo accesso: 15 luglio 2011)

[ii] Incontro tra Putin e Nazarbayev durante il summit eurasiatico di San Pietroburgo del 25 Gennaio 2006. Disponibile in russo presso gli archivi del Cremlino (ultimo accesso: 15 luglio 2011) http://archive.kremlin.ru/appears/2006/01/25/1432_type63377_100650.shtml

[iii] Il totale dovrebbe aggirarsi intorno a 10 miliardi di dollari.

[iv] Le stime non sono state modificate dal 2006.

[v] Adam Stulberg, Well-oiled Diplomacy: Strategic Manipulation and Russia’s Energy Statecraft in Eurasia, SUNY Press, New York, 2007; Jeronim Perovic, Robert Orttung, e Andreas Wenger, Russian Energy Power and Foreign Relations, Routledge, New York, 2009; Adrian Dellecker e Thomas Gomart (a cura di), Russian Energy Security and Foreign Policy, Routledge/GARNET series, New York, Giugno 2011; Paolo Sorbello, The Role of Energy in Russian Foreign Policy towards Kazakhstan, Lambert Academic Publishing, Saarbrücken, Giugno 2011.

Kurmangazy Basin Map


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