Fonte: http://licpereyramele.blogspot.com/2011/08/la-leccion-de-libia-para-los.html

Fino a febbraio di quest’anno sembrava che l’uomo forte della Libia: Muamar Gheddafi, la “guida” della Grande Yamahiriya Araba Libia Popolare Socialista, nome ufficiale dello Stato della Libia, che era riuscito a superare le furie delle rivoluzioni arabi nel Nord Africa e in Medio Oriente rovesciare “due vecchi dittatori pseudo democratici”: Ben Ali, della Tunisia e, Hosni Mubarak, dell’Egitto, entrambi appoggiati dagli USA e dall’Europa, i quali eseguivano con molta larghezza il brutale ma semplice esercizio della realpolitik delle potenze occidentali: individui che fanno ricorso a metodi ripugnanti e che sono eticamente detestabili, ma che affrontano i nostri nemici con molta efficacia e ciò ci soddisfa a tal punto da chiudere un occhio di fronte ai loro eccessi.

Un altro dettaglio da non sottovalutare e che si differenziava dai regimi egiziano e tunisino era che quello libico si fondava su una tribucrazia (governo delle tribu) il cui sistema operò negli ultimi quaranta anni e che prima dell’invasione occidentale era riuscita a che  “la Libia di di Gheddafi fosse l’unico paese africano con un indice di sviluppo umano simile a quello di qualsiasi paese dell’Europa con un introito per capita di circa 13.000 dollari americani, una speranza di vita dalla nascita di 77 anni, una popolazione di circa 6.530.000 abitanti in un ampio territorio con 1.759.540 Km2, con un indice di povertà che non raggiungeva il 5% e aveva un tasso di alfabetizzazione del 83%, inoltre la Libia possedeva un pingue prodotto interno lordo di circa $ 76.557.000.000” (1).

Ma Gheddafi aveva commesso un gravissimo gesto d’indisciplina per la triade continentale, dal momento che frappose degli ostacoli nei negoziati con le aziende a capitale nordamericano e inglese per l’estrazione delle sue risorse energetiche (solo agivano in second’ordine), aveva aperto il gioco alle compagnie petrolifere cinesi e la cosa più grave era che voleva abbandonare la valuta americana per le transazioni internazionali il che, agli occhi dei poteri mondiali tradizionali e con la crisi in atto, era davvero troppo.

Lì ebbe inizio la demonizzazione di Gheddafi e “spontanemaente” apparvero gruppi di ribelli che ruppero il tradizionale equilibrio di potere, in particolare, nella zona della Cirenaica con centro il Benghazi e qui si manifestò il primo movimento: durante alcuni giorni la “stampa seria” divulgò informazioni concernenti l’operato dell’esercito libico che assassinava centinaia di pacifici manifestanti (in genere, le denunce le generava una ONG di Diritti Umani di origine dubbiosa), ma furono trasmesse come dati veritieri; a tal punto che arrivarono giornalisti indipendenti e della catena Telesur del Venezuela, i quali dimostrarono che i presunti attacchi contro la popolazione civile da parte di aerei e carri armati erano falsi e che i “pacifici manifestanti” o “ribelli” passeggiavano per le strade di Benghazi con carri armati e armi automatiche rubate nelle caserme della città.

Successivamente, in un secondo movimento: le potenze occidentali capeggiate dall’Inghilterra e dalla Francia e appoggiate dagli USA, iniziarono ad esercitare pressioni nel consiglio di sicurezza dell’ONU, affinché si decretasse un mandato per impedire l’utilizzo dello spazio aereo libico da parte delle forze dello stato libico, ma non potè contare con l’approvazione della Cina e della Russia); con questo “mandato” la NATO iniziò le operazioni militari adempiendo al nuovo ordine di ingerenza negli affari interni degli altri stati, stabilito di recente, con il “principio” che si fonda sulla “sua” “responsabilità di proteggere” (?), dove unilateralmente si abrogano le vecchie potenze colonialiste europee e, in questo modo, si avvia l’operazione “Odissea all’Alba” (che fino a venerdì della settimana scorsa rappresentava 20.000 voli sulla Libia e più di 7.500 attacchi terrestri); nonostante il blocco, gli attacchi aerei e misilistici, i ribelli non riuscivano ad avanzare e il paese si divise in due grandi zone, la Tripolitania con la sua capitale a Tripoli (tribu pro Gheddafi) e la Cirenaica con la capitale a Benghazi (tribu contro Gheddafi).

E qui entra in gioco il terzo movimento, che consiste nella partecipazione diretta degli USA nel conflitto per rompere l’equilibrio inestabile dello stesso (che alla lunga avrebbe favorito la vittoria dei gheddafisti se fosse continuato così), “riorganizzando” i ribelli con l’incorporazione di mercenari e di gruppi di islamisti fondamentalisti come al Qaeda, aggiungendo l’appoggio delle petromonarchie del Qatar e degli Emirati Arabi, in più, l’appoggio logistico, degli armamenti e dei bombardamenti puntuali (utilizzo dei “dron”aerei a controllo remoto senza equipaggiamento), e inserendo la nuova “dottrina militare che difende il nuovo direttore della CIA, il generale dell’esercito David H. Petraeus. La guerra la fanno i corrispondenti “nativi”, mentre che Washington si limita a prepararli per tale scopo e forse per intervenire con la sua aviazione e/o con la sua armata, ma non più con truppe terrestri, così come è avvenuto in Iraq e in Afganistan (2). Da ciò possiamo concludere che sotto l’aspetto militare, gli Stati Uniti conservano ancora un potere unilaterale a livello globale. E approfondendo l’utilizzo dell’arma che maggiore successo gli ha conferito negli ultimi anni per legittimare le sue guerre: le catene mediatiche, grazie alle quali sono riusciti a disinformare gran parte della popolazione mondiale, tergiversando l’informazione e armando uno scenario che non ha nulla a che fare con la verità, bensì con i suoi interessi. Questa concentrazione si è approfondita negli anni ottanta ed è continuata fino ad ora, il che ci porta ad affermare che la concentrazione dei mezzi nelle mani di pochi magnati implica una minore libertà d’informazione e, inoltre, ad asserire che i gruppi mediatici sono interrelati economicamente con il complesso industriale-militare tecnologico nordamericano (la CNN International si può vedere in 212 paesi con una audience giornaliera di mille milioni a livello mondiale, l’impero di Murdoch comprende l’Inghilterra, l’Australia, START TV in Asia, FOX, NBC, ecc.)

Improvvisamente lo status quo bellico si è rotto e le forze ribelli sono entrate a Tripoli, mettendo in fuga a Gheddafi e i suoi seguaci. La verità è che la NATO con l’appoggio degli USA ha agito direttamente e le immagini dei ribelli libici che hanno occupato la capitale del paese hanno formato parte di uno scenario teatrale più che di uno reale. Dato che giovani privi di esperienza militare non sarebbero mai riusciti a sconfiggere un esercito professionale per quanto indebolito si possa trovare, la falsificazione mediatica è arrivata al punto di utilizzare attori per interpretare la cattura del figlio di Gheddafi, Seif el islam. “Tutto il mondo ha visto come i ribelli arrestavano il figlio del colonnello”, ma la notte successiva, Seif el Islam in persona, comparve sano e salvo davanti ai giornalisti stranieri per smentire le informazioni sul suo arresto. Ma, l’immagine della sconfitta del regime di Gheddafi era già pronta e 11 paesi avevano riconosciuto i ribelli come i nuovi padroni del paese. (3)

Questa storia di una morte annunciata ci deve far riflettere come agisce il mondo capitalista occidentale atlantista in crisi e i sudamericani dobbiamo prendere appunti su questa realtà, particolarmente dopo il successo dell’operazione NATO-USA per mettere in “ordine” il Nord Africa e insediare il nucleo operativo del Comando Africa (AFRICOM), con vantaggi portuali in Libia e per controllare le risorse energetiche così indispensabili per le loro economie indebolite, in particolare, quella francese e inglese.

Adesso sappiamo che i nuovi argomenti interventisti si baseranno nella teoria del Diritto di Proteggere e l’arma mediatica spianerà la strada per la sua attuazione. Latinoamerica rappresenta un immenso spazio appetibile agli interessi delle potenze della traide e su questa drammatica esperienza l’UNASUR e il Consiglio di Difesa Sudamericano con il suo CEED, devono disporre delle dottrine per garantire la pace e il benessere nella nostra regione.

(1) Articolo “El Coronel no tiene quien le escriba”,  Lic. Juan Manuel Lozita

(2) Allerta per i paesi dell’ALBA per il modello libico: http://www.prensamercosur.com.ar/apm/nota_completa.php?idnota=5245

(3) Articolo completo in: http://actualidad.rt.com/actualidad/internacional/issue_28811.html

(trad. di v. Paglione)


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