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XII – Geopolitica e diritto internazionale

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Il diritto internazionale è correlato alle dottrine geopolitiche e ne costituisce sotto diversi aspetti uno dei fondamenti. Una potenza egemone, anche quando esercita il proprio dominio con l’arbitrio più brutale, avverte la necessità di fare appello al diritto quale fonte ultima delle sue azioni. Le annessioni, le conquiste, la riconfigurazione dei territori, le evacuazioni e gli spostamenti dei popoli comportano innovazioni giuridiche e, spesso, una nuova concezione della “giustizia”.

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Descrizione

EURASIATISMO

La prima legislazione longobarda in Italia ad opera di Rotari è ancora legata alle antiche tradizioni di stirpe. Vi è ancora la netta divisione tra liberi e non liberi tipica della società germanica e guerriera. Grande importanza quindi è ancora ricoperta dall’esercito, fulcro della società longobarda. Con l’Editto, Rotari tentò di imporsi come figura superiore ai duchi, affinché la nuova realtà potesse vivere e prosperare nella penisola.

Mentre ebrei e cristiani hanno creduto di ritrovare le caratteristiche delle bibliche genti di Gog e Magog nei vari popoli affluiti dal cuore dell’Eurasia verso occidente, la cultura islamica è stata meno propensa ad assegnare un preciso contenuto etnico all’archetipo coranico di Ya’jûj e Ma’jûj.

L’istituto del califfato emerge nella storia islamica immediatamente dopo la scomparsa del Profeta, nel 632. Dopo l’abolizione del califfato ottomano, avvenuta quasi un secolo fa ad opera di chi non aveva alcun titolo per pronunciarsi su questa materia, l’Islam non ha più avuto un califfo. Il califfato è un istituto necessario affinché l’Islam sia vivo ed operante? Oppure si tratta di una questione chiusa, che verrà riaperta solo „alla fine dei tempi”?

GEOPOLITICA E DIRITTO INTERNAZIONALE

L’attuazione del Piano del rappresentante dell’ONU Martti Ahtisaari equivale ad una violazione del diritto internazionale. Il Piano, che mira a creare un protettorato della NATO, fa parte della strategia statunitense intesa a sostituire l’ONU con l’organizzazione militare dell’Alleanza Atlantica. Si tratta dell’ennesimo tentativo attuato per imporre il sistema unipolare.

Ci sono quattro diritti (il „diritto d’ingerenza”, il „diritto dei popoli a disporre di se stessi”, il „diritto delle minoranze”, il „diritto alla giustizia”) che, nel modo in cui sono stati trasformati in doveri di moralità, attestano l’ipocrisia dell’Occidente. Trasformarli in doveri umanitari significa disconoscere le loro vere implicazioni.

Preso atto dell’orientamento politico occidentale, che prefigura la creazione di un’entità politica cossovara, l’Autore cerca di individuare i diritti previsti dalla „Proposta Ahtisaari” (e, in seguito, dalla Costituzione del Cossovo) per la comunità serba, una volta che essa sia divenuta una comunità minoritaria nello Stato cossovaro.

L’Autore propone, come strategia culturale alternativa alla vigente ideologia dei diritti umani, che questi si fondino non sull’individuo isolato, come è avvenuto fin dalla Rivoluzione Francese, ma sulla persona umana, la quale implica, per la sua esistenza, una comunità in cui l’uomo trovi la sua realizzazione completa. L’Autore, argentino, cita a questo proposito una frase di Peron: „Non può esistere uomo libero in una comunità che non lo sia”.

L’instaurazione di un ordine internazionale di „grandi spazi” presuppone, nel caso europeo, una rivoluzione politico-giuridica basata su tre elementi: federalizzazione degli Stati membri dell’Unione, scissione tra Europa e Stati Uniti e, se non l’abolizione dell’ONU, almeno una riforma radicale della sua Carta.

L’aggressione contro l’Iraq del 19 marzo 2003 rimarrà un caso da manuale negli annali internazionali. Benché del tutto illegale, né il Consiglio di Sicurezza né l’Assemblea generale dell’ONU l’hanno condannata né, a fortiori, hanno reclamato sanzioni contro gli USA.

Il Consiglio dell’Unione Europea ha impegnato i suoi cittadini in un sistema di controllo dei passeggeri aerei con destinazione USA, che dà alle autorità statunitensi la possibilità di far evolvere questa procedura secondo le loro proprie finalità.

Col nuovo diritto internazionale, interi Stati e popoli possono essere considerati „Stati predoni” o „Stati canaglia”. L’epoca della limitazione della guerra – limitazione relativa, certo, ma comunque significativa – si è conclusa.

Per comprendere la qualità egemonica di molte relazioni che stanno ridefinendo il nuovo nomos della terra, occorre penetrare al di sotto della rete di obblighi e di impegni normativi che costituiscono il volto noto del diritto internazionale. Per questo è necessaria un’esplorazione sistematica della sfuggente zona grigia che si colloca tra quegli estremi che il lessico tradizionale ci ha abituato a contrapporre come „imperi” e „federazioni”.

Nell’attuale „retorica del terrore” non sono le azioni a qualificare il terrorismo, ma solo il fatto che chi arbitrariamente si è arrogato il diritto di distribuire tali „patenti”, perché la forza glielo permette, qualifichi come „altro”, estraneo, ostile, un qualsiasi soggetto della politica internazionale, disconoscendone le ragioni, anche se sorrette dal diritto internazionale, e la stessa „dignità”.

Le conseguenze culturali della distruzione del diritto internazionale da parte dell’imperialismo statunitense sono devastanti. Il diritto internazionale non è solo oggetto di pratica e studio per diplomatici e giuristi, ma è un elemento di sensatezza razionale più ampio. Non si può pretendere che la gente trovi normale aggredire paesi stranieri con motivazioni pretestuose e poi faccia a meno di incrementare la violenza interna e il ricorso alle droghe. Per scoraggiare il ricorso alle droghe bisogna prima convincere la gente che il mondo „normale” non è „drogato”.

Dominare l’oceano significa esercitare un potyere che non conosce barriere. Talle assenza di limiti può essere declinata secondo un duplice significato: adottando le lenti della geopolitica, questra illimitatezza allude ad un potere privo di costrizioni speciali, in grado di essere esercitato su scala tendenzialmente globale. Allo stesso tempo, questa mancanza di limitri configura un preciso Raumordnungsbegriff: chi ha occupato il mare è titolare di un ordo delocalizzato, universalistico, invasivo, capace di erodere le fondamenta della „telluricissima” sovranità statale.

Il Tribunale Speciale per il Libano potrebbe rappresentare un piccolo passo verso l’approntamento di istituzioni di respiro sovranazionale capaci di garantire quel diritto umano già affermato, sia pure con tutt’altra valenza semantica, nel preambolo della Dichiarazione del 1948: la libertà dalla paura. Oggi diremmo „dal terrore”.

Mezzo secolo dopo l’abolizione del Califfato, il 21 agosto 1969, quando a Gerusalemme fu incendiata da terroristi sionisti la moschea di al-Aqsa, il terzo luogo santo dell’Islam, il presidente del Congresso Islamico Internazionale, Haj Amin al-Huseini, invitò i capi degli Stati musulmani a convocare un vertice islamico straordinario. Fu così accelerato il processo di creazione dell’Organizzazione della Conferenza Islamica.

INTERVISTE

Dagoberto Bellucci, Intervista a Mohammad Mohammadiyeh

Mohammad Mohammadiyeh è stato per anni il responsabile Ufficio Politico del Ba’ath Libanese a Beirut.

Dagoberto Bellucci, Intervista a Marwan Fares

Responsabile delle relazioni estere del Partito Nazionale Sociale Siriano.

Dagoberto Bellucci, Intervista a Najah Wakim

Responsabile del partito politico libanese Haraqat al Shaab („Movimento del Popolo”).

Alessandro Lucchi, Intervista a Webster Griffin Tarpley

Storico e giornalista investigativo, autore de La fabbrica del terrore (Arianna), indagine sugli attentati dell’11 Settembre.

Anna Maria Turi, Intervista a Patrizia Sentinelli

Eletta alla Camera dei Deputati nella lista di Rifondazione Comuinista, è viceministra degli Affari Esteri.

CONTINENTI

Col sacco di Costantinopoli del 1204 da parte dei crociati, il mondo ortodosso viene estromesso dall’Europa esattamente come il mondo musulmano. È giunto il momento di aprirci verso quella metà della nostra stessa civiltà che ci fu tolta all’inizio del XIII secolo.

Non è possibile negare che la questione israeliana sia codeterminante nella vicenda Mattei; che Israele sia stato, se non il principale, comunque uno dei maggiori beneficiari della morte del presidente dell’ENI; che sia legittimo ipotizzare un coinvolgimento diretto del Mossad nell’attentato di Bascapé.

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