Malgrado le pressioni del Consiglio Europeo, della Commissione e di numerosi Stati membri che avevano moltiplicato le promesse  tardive per convincere i deputati, l’assemblea plenaria del Parlamento europea a Strasburgo ha rifiutato , l’11 febbraio, di ratificare l’accordo “Swift” firmato dalla Commissione europea con le autorità statunitensi. Si tratta di una reazione del Parlamento di fronte a una evoluzione strutturale delle relazioni transatlantiche, che dà all’esecutivo statunitense una sovranità diretta sulle popolazioni europee. Se la reazione dei deputati non ha i mezzi per rimettere in causa il rapporto di dominazione che presiede a queste relazioni, essa sottolinea tuttavia una battuta d’arresto nell’esercizio dell’egemonia statunitense, nel processo del riconoscimento da parte  degli  europei al diritto che l’Amministrazione americana si è data per organizzare la loro esistenza.

Il testo sottoposto ai deputati accordava ai servizi degli USA il diritto di raccogliere, sul suolo europeo, le informazioni relative alle transazioni finanziarie transnazionali che uscivano dai paesi membri della UE

Con larga maggioranza, l’Assemblea ha seguito l’istruzione della Commissione delle Libertà e della Giustizia che, il 4 febbraio, aveva chiesto all’Assemblea di rigettare l’accordo del 30 novembre 2009, validato dal Consiglio dei ministri degli Interni dell’UE.

Tale accordo permetteva alle autorità americane di prendere, dai server della società Swift allocati nel territorio del Vecchio Continente, dati finanziari di cittadini europei. Per la Commissione delle Libertà, il testo non offriva sufficienti garanzie per la protezione dei dati personali trasmesse all’Amministrazione USA. Inoltre, la Commissione era insorta contro il carattere unilaterale del testo, giacché gli Americani sarebbero i soli a poter disporre di tali dati. Gli investigatori europei non hanno infatti accesso ai dati americani custoditi nel server allocato negli USA.

A partire dagli attentati dell’11 settembre 2001, Swift, società americana di diritto belga, ha trasmesso clandestinamente al Dipartimento del Tesoro degli USA dozzine di milioni di dati confidenziali concernenti le operazioni dei suoi clienti. Nonostante la flagrante violazione dei diritti europeo e belga sulla protezione dei dati personali, questo trasferimento non è mai stato messo in causa. Al contrario, l’UE e gli USA hanno firmato diversi accordi destinati a legittimare questo tipo di  raccolta di dati. È l’ultimo di questi accordi che ora viene rifiutato dal Parlamento europeo. L’accordo in questione fa seguito ad una riorganizzazione del sistema Swift che ha lo scopo di non far più uscire i dati inter-europei dal suolo del Vecchio Continente, e di non inviarli più, cioè, nel server situato negli USA. Questo cambiamento implicava che gli USA avessero accesso diretto ai dati presenti nei server europei. Ciò significa il riconoscimento di un trasferimento di sovranità all’esecutivo statunitense.

L’opposizione del Parlamento a questo trasferimento unilaterale dei dati finanziari degli Europei costituisce una battuta d’arresto nel processo del riconoscimento dell’egemonia USA sui cittadini del Vecchio Continente. Tuttavia, il rapporto di dominazione statunitense resta intatto, poiché gli americani non hanno mai cessato di aver accesso ai dati, anche quando la violazione del diritto dell’Unione era stata denunciata e quando ancora nessun accordo che legittimava la raccolta era stato firmato. È ancora adesso il caso.

Il nuovo server situato sul suolo europeo è operativo dalla fine del 2009 e le autorità statunitensi vi accedono direttamente, giustificando la loro azione con l’emergenza della lotta al terrorismo. Si può supporre che questa situazione di fatto non sarà modificata dal voto del Parlamento europeo.

Le conseguenze della reazione del Parlamento europeo devono essere lette anche su un altro piano, quello dell’evoluzione dell’insieme delle relazioni tra gli USA e l’UE, in particolare le relazioni relative al progetto di realizzazione di un grande mercato transatlantico, vero atto d’integrazione dell’Unione Europea in una struttura politica “imperiale”  organizzata dall’esecutivo statunitense. In questo progetto, è prevista la creazione di un’assemblea transatlantica destinata a legittimare l’azione in corso. Alla luce della reazione del Parlamento, quest’ultimo obiettivo potrebbe non essere raggiunto così facilmente, come sperato dalle autorità statunitensi, dalla Commissione e dal Consiglio dell’UE.

Jean-Claude Paye, sociologo, autore  de La fine dello Stato di diritto. Manifestolibri. In “Eurasia. Rivista di Studi Geopolitici” ha pubblicato: Spazio aereo e giurisdizione statunitense (nr. 4/2007, pp. 109-113), Gli scambi finanziari sotto controllo USA (nr. 1/2009, pp. 109-120).

(traduzione a cura di O.S.)


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