Home Negozio Riviste LXVIII – “Siamo sull’orlo della guerra”

LXVIII – “Siamo sull’orlo della guerra”

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“Washington ha svolto un ruolo centrale nel condurre l’Ucraina sulla via della distruzione. La storia condannerà severamente gli Stati Uniti e i loro alleati per la loro politica incredibilmente stupida nei confronti dell’Ucraina”. A queste parole di John Mearsheimer ha fatto eco Henry Kissinger in un’intervista al “The Wall Street Journal”: “Siamo sull’orlo della guerra con Russia e Cina su questioni che in parte abbiamo creato noi, senza alcuna idea di come andrà a finire o cosa dovrebbe portare”.

Descrizione

DOSSARIO: “SIAMO SULL’ORLO DELLA GUERRA”

Mentre sul territorio ucraino infuriano i combattimenti, la comunità degli analisti si sforza di trovare un senso strategico agli eventi in corso. Una possibile chiave interpretativa dell’agire di Washington sui teatri eurasiatici può essere cercata nelle teorizzazioni di Zbigniew Kazimierz Brzezinski, nato a Varsavia nel 1928 e scomparso negli USA nel 2017, consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Jimmy Carter dal 1977 al 1981.

Il riesplodere del conflitto in Ucraina ha fatto riemergere prepotentemente la rivalità tra Russia e Regno Unito. L’innalzamento del livello di scontro successivo al 24 febbraio 2022 ha fatto sì che la Russia non sia più un partecipante di secondo livello, garante di una delle parti coinvolte piuttosto che parte attiva e ciò ha prodotto inevitabili conseguenze anche sui garanti dell’altra parte, il cui supporto bellico è via via cresciuto fino ad includere l’invio di armi pesanti, aerei e probabilmente mercenari. Sebbene un ulteriore innalzamento del livello di scontro sia al momento piuttosto improbabile, la crisi di Kaliningrad mostra che tale rischio non è assente. Qualora tale rischio dovesse verificarsi, Russia e Regno Unito si troverebbero in guerra per la prima volta dal 1855.

Il 15 agosto 1971, il Presidente USA Richard Nixon annunciò che il dollaro non sarebbe più stato convertito in oro. Questa decisione conferì agli Stati Uniti d’America una capacità decisionale senza precedenti: l’emissione di quantità crescenti di dollari avrebbe sì svalutato la moneta, ma la svalutazione sarebbe stata distribuita su tutti gli altri Paesi che avrebbero dovuto acquistarla per le transazioni internazionali di materie prime. Dopo la crisi finanziaria del 2008, fu la Cina in accordo con i Paesi BRICS a parlare per la prima volta di superare lo “standard del dollaro” con i diritti di prelievo da un paniere composto dalle principali monete mondiali. Un processo che finora era stato più oggetto di dibattito intellettuale che di vera e propria realizzazione, ma dopo le sanzioni statunitensi alla Russia sta decollando concretamente. Come ribadito da Vladimir Putin al recente Forum economico di San Pietroburgo: “L’era del mondo dominata dagli USA è finita per sempre”.

Controllare il mercato globale del grano significa disporre di un’importante leva nelle relazioni internazionali e nell’esercizio della sfera di influenza geopolitica. L’Ucraina ha sempre rivestito un ruolo chiave nell’esportazione del grano, in epoca sia sovietica sia postsovietica, tanto da essere definita il granaio d’Europa. Ma oggi la produzione ucraina è controllata dalle multinazionali americane del settore agroalimentare, in particolare Monsanto, Cargill e DuPont, che rendono il granaio ucraino un elemento integrativo di quello americano. Proprio per questo diversi analisti parlano di una ‘annessione’ dell’Ucraina da parte degli Stati Uniti. Ciò conferisce all’attuale guerra una diversa prospettiva, che il presente saggio, ricostruendo le dinamiche dell’annessione americana del granaio ucraino, analizza in dettaglio sia a livello storico sia per le implicazioni geopolitiche.

La Carta delle Nazioni Unite, che vieta ai membri dell’ONU di “ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di uno Stato, sia in un altro modo incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite”, è stata impunemente calpestata dalla più grande alleanza militare esistente, la NATO, la quale ha combattuto la maggior parte delle guerre “illegali”.

In questo articolo si cercherà di analizzare lo sviluppo del sentimento nazionale ed indipendentista ucraino dalla metà del XIX secolo fino al disastro del Secondo Conflitto Mondiale, per arrivare alla sua ricostruzione (o riqualificazione) postbellica attraverso i servizi segreti occidentali (in particolar modo, MI6 e CIA). Nello specifico, si esaminerà l’idea di “costruzione ancestrale retrospettiva” alla base di questo sentimento, la convinzione di una diretta (e pura) discendenza razziale dalla Rus’ di Kiev in opposizione alla commistione etnica “moscovita” e le degenerazioni novecentesche che ciò ha comportato. Inoltre, si valuterà con attenzione il processo di “mitizzazione” dei principali protagonisti del movimento nazionalista nell’Ucraina postsovietica ed il riflesso che ciò ha avuto sull’attuale situazione di conflitto.

Grazie a documenti desecretati e pubblicati dal National Security Archive è possibile ricostruire i negoziati svoltisi al momento della riunificazione tedesca e le relative rassicurazioni fatte dagli Stati Uniti alla Russia circa la non espansione della NATO verso est. Garanzie evidentemente disattese, così come quelle fatte alla Cina riguardo Taipei. Sembra che gli USA intendano applicare alla comunità internazionale regole del tutto arbitrarie, simili agli “standard della community” imposti nei network della rete informatica.

CONTINENTI

Da quando la Russia ha lanciato la cosiddetta “operazione militare speciale”, molti hanno rivolto l’attenzione verso l’Asia orientale, tracciando un parallelo tra l’Ucraina e Taiwan. Secondo alcuni, così come l’Ucraina è stata attaccata dalla Russia, Taiwan potrebbe diventare l’obiettivo di un’invasione cinese. In effetti, sono note le rivendicazioni della Repubblica Popolare Cinese su Taiwan. Tuttavia, l’analogia tra l’Ucraina e Taiwan è mal posta, poiché i motivi alla base delle rivendicazioni russe nei confronti dell’Ucraina sono totalmente diversi da quelli all’origine delle rivendicazioni di Pechino nei confronti di Taipei. In futuro, non Taiwan, bensì la Corea del Nord potrebbe diventare l’Ucraina della Cina.

La Cina ha costruito l’architettura necessaria per completare il suo piano di connettività globale, sicché è legittimo prevedere che nei prossimi decenni la Nuova Via della Seta sarà un motore di crescita globale. L’aumento della presenza cinese nei porti mediterranei, e in particolare nel porto di Valencia, è un segnale dell’importanza che questa città spagnola ha per il traffico merci nella zona del Mediterraneo occidentale.

L’evoluzione della politica estera cinese in Africa è stata direttamente influenzata dall’andamento politico interno della Repubblica Popolare. La vittoria del Partito Comunista Cinese sul Guomindang creò i presupposti per un primo e totale isolamento esterno, seguito dalle aperture connesse alla Conferenza di Bandung. Il successivo percorso politico della RPC in Africa si sviluppò attraverso aiuti militari, propaganda e legami diplomatici, fino ad arrivare ad ingenti aiuti economici e infrastrutturali.

Le relazioni tra la Repubblica Popolare Cinese e l’Angola hanno origine nel periodo della guerra di liberazione e del successivo conflitto civile nel Paese africano. In quella fase, Pechino modificò il proprio approccio per contrastare l’Unione Sovietica nell’Africa meridionale, sullo sfondo della distensione sino-statunitense e della definitiva rottura di Mao con la dirigenza comunista sovietica, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. Successivamente, la Cina ha confermato il proprio sostegno al governo del MPLA per ragioni di opportunità e di calcolo economico. Da quel momento Pechino ha favorito la nascita di un rapporto di scambio asimmetrico, fondato sull’estensione di crediti per gli investimenti in cambio di petrolio. Ciò non è cambiato ai giorni nostri e la RPC vede nell’Angola uno Stato chiave della propria strategia economica e di penetrazione militare in Africa. Tuttavia le recenti esternazioni del presidente João Lourenço in favore di una maggiore cooperazione con l’Occidente, nonché le incertezze attorno al risultato delle elezioni generali del 24 agosto, pongono numerosi interrogativi sulla futura collocazione internazionale dell’Angola, in una fase storica delicata come quella attuale. Lo Stato africano rischia infatti di essere stretto nella morsa della competizione sino-occidentale nel continente, compresso tra l’influenza cinese ed i tentativi di inserimento statunitensi ed europei in quella che viene oggi descritta come una nuova “corsa all’Africa”.

DOCUMENTI

Amadeo Bordiga, Aggressione all’Europa (seconda parte), “Rivista del Partito Comunista Internazionalista”, n. 13, 1949. Articolo ripubblicato nel vol. VI (Per l’organica sistemazione dei principi comunisti) dei Testi del partito comunista internazionale, Edizioni Il programma comunista, 1973, pp. 173-178.

Ludwig Ferdinand Clauss,Die Kraft der Wüste und die Weltstunde des Islams, da Die Weltstunde des Islams, Neues Forum, Schweinfurt 1963, pp. 106-119.

Jean Thiriart, Plusieurs Viet-Nams, “La Nation Européenne”, n. 22, novembre 1967, pp. 24-25.

INTERVISTE

 Intervista al Generale Marco Bertolini a cura di Stefano Vernole.

RECENSIONI E SCHEDE

Marco Pondrelli, Continente eurasiatico (Recensione di Luca Baldelli)

Claudio Mutti, Testimoni della decadenza (Recensione di Daniele Perra)

Claudio Mutti, Lectura Vergilii (Recensione di Adelaide Seminara)

Jean Thiriart e altri, Pro e contro Maastricht (Recensione di Lorenzo Disogra)

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