Gli italiani hanno scoperto all’improvviso che il Bel Paese non solo produce ed esporta armi in mezzo mondo, ma che le fornisce da tempo anche a Israele e ci guadagna parecchio. Finché perdurerà questo stato di cose, l’Italia non potrà mai veramente prendere posizione a favore dei Palestinesi, e qualunque iniziativa di governo al riguardo sarà solo ributtante ipocrisia.

 

Stando a quanto dicono i giornali, gran parte degli italiani si è stupita nell’apprendere che l’Italia avrebbe fornito armi a Israele anche dopo l’inizio delle ritorsioni di Tel Aviv contro la popolazione civile di Gaza. Ma in verità ci si dovrebbe stupire di quello stupore, perché l’Italia fornisce armi a mezzo mondo e da sempre. È tuttavia comprensibile che tante anime belle abbiano scoperto soltanto ora questa verità pesante come un macigno: benché non ci sia affatto bisogno di essere agenti segreti o hacker per scoprire che le fabbriche italiane di armi sono quotatissime a livello planetario per l’efficacia e la qualità dei loro prodotti, è pur vero che occorre sapersi muovere nella Rete per trovare le informazioni giuste, vale a dire quelle che solitamente i media mainstream si guardano bene dal dare.

Così, sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 130 del 7 giugno 2005 troviamo il testo completo della Legge 17 maggio 2005 n. 94, concernente la “ratifica ed esecuzione del Memorandum d’Intesa tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo dello Stato di Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa, fatto a Parigi il 16 giugno 2003” e destinata a entrare in vigore l’8 giugno 2005. Il Memorandum, siglato dai ministri della Difesa Antonio Martino per l’Italia e Shaul Mofaz per Israele, in pieno governo Berlusconi II (11.06.2001-23.04.2005), si apre con queste parole:


Memorandum d’Intesa fra il Governo della Repubblica Italiana (qui di seguito definito “ITMOD”) e il Governo dello Stato di Israele (qui di seguito definito “ISMOD”) in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa

PREMESSO CHE

ITMOD e ISMOD, qui di seguito definite “le Parti”,
Riconoscendo l’importanza della cooperazione fra i due Ministeri e le rispettive Forze di Difesa,
Esprimendo il desiderio che i Ministeri e le rispettive Forze di Difesa cooperino a vantaggio di entrambi, sulla base di reciproco rispetto, fiducia e riconoscimento degli interessi delle Parti,
Convinti che la cooperazione fra le Parti contribuisca ad una migliore comprensione delle rispettive necessità nel settore militare e della difesa e consolidi le rispettive capacità di difesa,
In uno spirito di apertura e comprensione reciproca e nel quadro stabilito dalle leggi ed i regolamenti italiani e israeliani etc.


La legge che lo ratifica fu approvata sotto il governo Berlusconi III (23.04.2005-17.06.2006), con Fini agli Esteri e Martino alla Difesa.

Secondo quanto riportava nel 2009 il foglio “Senza Censura” (mar.09/giu.09, pp. 11-13)[1], riprendendo un documento del Forum Palestina[2], la Legge 94/2005 si compone di 11 articoli e di un memorandum segreto, tenuto segreto anche al Parlamento per “motivi di sicurezza” – e qui, secondo me, bisognerebbe cominciare a preoccuparsi. Ovviamente il testo di questo memorandum segreto è irreperibile, almeno per me (sarebbe bello poterlo recuperare, foss’anche per mera curiosità, ma in assenza di talpe volonterose non credo sia possibile). In tre paginette densissime, “Senza Censura” elenca una serie di dati – relativi ai rapporti tra Italia e Israele – estremamente interessanti, che non sarebbe male conoscere e far conoscere: è vero che sono passati quindici anni da allora, ma è anche vero che in questo lasso di tempo i rapporti dell’Italia con Israele si sono stretti sempre di più e quindi, plausibilmente, le tinte del quadro dipinto allora da “Senza Censura” si sono fatte più fosche.

Nell’ottobre del 2006 alcuni senatori del PRC (Luigi Malabarba, Franco Turigliatto, Claudio Grassi) e PdCI-Verdi (Mauro Bulgarelli, Fosco Giannini, Gianpaolo Silvestri, Dino Tibaldi) presentarono ai ministri degli Esteri e della Difesa un’interrogazione parlamentare per sapere se il Governo italiano avrebbe o no proceduto – tra le altre misure richieste – alla sospensione e al blocco della fornitura di armi a Israele. Nello stesso periodo, veniva lanciata una petizione popolare per chiedere al governo Prodi II (2006-2008) la revoca dell’accordo di cooperazione militare Italia-Israele[3].

Ora, la petizione non so che fine abbia fatto ma la legge è ancora lì. Anzi, il 22 settembre 2020 Italia e Israele hanno concluso un accordo di acquisto reciproco di mezzi militari[4]. Subito dopo, il 24 ottobre, la newsletter online della Farnesina[5] proponeva un “Focus Israele” ricco di informazioni interessanti (se ne consiglia la lettura).

Venendo a tempi più recenti, un paio di giorni prima del fatidico 7 ottobre 2023 la Rete Italiana Pace Disarmo esprimeva “la propria preoccupazione per le modifiche della legge 185/90 sull’export militare proposte dal governo con la recente presentazione al Parlamento di un apposito disegno di legge [… mirante a] implementare strutture e procedure di applicazione dei principi e dei criteri della legge nella direzione di un controllo meno rigoroso soprattutto a livello di autorizzazioni. E, di conseguenza, di una maggiore facilitazione delle esportazioni di armamenti militari a livello globale”[6]. Dal sito del Senato della Repubblica si apprende che il ddl è stato assegnato alle commissioni competenti il 26 febbraio 2024 e quindi, per il momento, fluttua ancora nel limbo burocratico.

Ma torniamo alle armi italiane. Forse non tutti sanno che l’Italia non è famosa soltanto per la bellezza dei paesaggi naturali e la straordinaria ricchezza di opere d’arte e testimonianze culturali: il nostro Paese vanta infatti una lunga, solida e prestigiosa tradizione nel settore della produzione di armi. Dal Rinascimento, quando nel 1526 compare sulla scena la Beretta di Gardone Valtrompia, la progettazione e costruzione di armi bianche e da fuoco resta appannaggio di piccole ma eccellenti realtà locali e artigianali finché, nell’Ottocento, la sopraggiunta unità d’Italia e la rivoluzione industriale cambiano tutto: alla Beretta, divenuta “Fabbrica d’Armi Pietro Beretta” nel 1865, si affiancano nel 1885 gli “Stabilimenti meccanici di Pozzuoli”, dotati delle più moderne tecnologie dell’epoca (forniranno artiglieria navale alla Regia Marina durante le guerre coloniali e i due conflitti mondiali, per poi cessare la produzione nel 1944 in seguito ai danni subiti dai bombardamenti alleati). Nel 1886 nasce a Milano la Breda, industria siderurgica che allo scoppio della Prima guerra mondiale converte gli impianti alle commesse belliche restando attiva nella produzione di aeroplani da combattimento, veicoli corazzati, proiettili, bombe e sistemi d’arma ancora fino alla Seconda guerra mondiale. Nel 1899 è la volta della Fiat, che nel 1915 converte parte della sua filiera produttiva per soddisfare le crescenti richieste dell’esercito italiano. Nel 1905 nasce a La Spezia la Vickers-Terni, la futura OTO Melara, attualmente uno dei maggiori poli produttivi dell’industria bellica, specializzata in sistemi di difesa terrestri, navali e aeronautici. Infine, nel 1908, a Palermo viene fondata la Agusta, poi trasferitasi in Lombardia, dove inizia a produrre aeromobili concentrandosi sulla fabbricazione di idrovolanti e, dopo la Prima guerra mondiale, di elicotteri.

Ma se fino alla Seconda guerra mondiale tutte queste realtà lavoravano per la patria, dal dopoguerra in poi la produzione italiana di veicoli militari, armi e attrezzature per uso bellico ha cominciato a rivolgersi all’estero: ai Paesi alleati (cioè ingabbiati nel Patto atlantico) soprattutto, ma spesso e volentieri anche al resto del mondo. Oggi sono principalmente Fincantieri, Iveco e Leonardo a fare la parte del leone, dopo essersi affermate come aziende leader a livello mondiale.

Anche qui, non c’è bisogno di vantare chissà quali competenze per scoprire i traffici d’armi dell’Italia: basta andare sui siti delle rispettive aziende e navigare un po’ al loro interno.

Ecco, a puro titolo di esempio, un paio di infografiche relative a Leonardo (leonardo.com), “gruppo industriale internazionale che realizza capacità tecnologiche in ambito Aerospazio, Difesa & Sicurezza. Protagonista dei principali programmi strategici a livello globale, è partner tecnologico di Governi, Amministrazioni della Difesa, Istituzioni e imprese”:

Quanto a Iveco Defence Vehicles (idvgroup.com), divisione di Iveco, il sito è un po’ meno trasparente ma basta cercare sul web “Iveco + Israele” e si trova di tutto. Ancora meno trasparente è Beretta (beretta.com): andando sul sito si trova la sezione “Difesa”, che rimanda a un altro sito, berettadefense.com, strutturato diversamente e in modo assai articolato, che però al momento risulta inaccessibile[7].

Alla luce di tutte queste considerazioni, risulta piuttosto evidente che una seria presa di posizione del governo italiano sul genocidio attualmente in corso in Palestina è impossibile: un po’ perché il Governo è da tempo strutturalmente incapace di agire in modo serio, e un po’ perché gli interessi in gioco sono tali e tanti da vanificare qualunque iniziativa al riguardo. È di oggi (6 marzo 2024) la notizia che Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia, si è dimesso dalla carica di presidente di Cyberealm, società italo-israeliana di sicurezza informatica, in seguito a quanto emerso dopo che la trasmissione “Report” (26 novembre 2023) aveva sollevato dubbi sulla legittimità della posizione dello stesso Gasparri[8].

E, mentre pian piano gli occhi di molti cominciano ad aprirsi, a credere che l’Italia sia un Paese sovrano sono rimaste oggi due categorie di persone: la massa ignara e ignava, da un lato, e i servi sciocchi dell’Occidente, dall’altro – che condividono un destino di estinzione.


NOTE

[1] www.senzacensura.org/public/pdf/SC_28_09_it.pdf

[2] www.peacelink.it/conflitti/docs/1762.pdf

[3] Allo stesso link della nota precedente sono disponibili i testi integrali dell’interrogazione parlamentare e della petizione.

[4] www.africa-express.info/2020/09/24/italia-israele-nuovo-accordo-di-cooperazione-industriale-militare/

[5] www.esteri.it/mae/resource/pubblicazioni/2020/09/newsletter_5-2020.pdf

[6] valori.it/export-armi-governo-italia/

[7] L’ho visitato l’ultima volta, e con successo, nel dicembre 2023: non so da quanto tempo sia bloccato, ma posso presumere che vi abbiano a che fare le recenti “rivelazioni” sulle armi italiane a Israele.

[8] www.startmag.it/cybersecurity/cyberealm/


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Alessandra Colla si è laureata in Filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con una tesi su Il problema dello Stato nel Commento di Giovanni Buridano alla Politica di Aristotele; giornalista pubblicista dal 1980, ha insegnato materie letterarie nei licei e pubblicato centinaia di articoli su varie testate, oltre a diversi saggi di argomento umanistico. Dal 2005 collabora con “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, di cui ha assunto la direzione responsabile nel 2012. Collabora con le riviste "Conoscere la storia", "Medioevo meraviglioso" e “Terra insubre”; svolge attività di traduttrice. Fra i suoi scritti più recenti, il libro Grigioverde rosso sangue. Combattere e morire nella Grande Guerra del ’15-18.