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XLIII – Geopolitica dell’Ortodossia

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A rendere l’Ortodossia particolarmente idonea ad un approccio geopolitico è il suo caratteristico rapporto con la terra. In nessun’altra area come in quella ortodossa la terra, sacra per definizione, riveste tanta importanza. D’altronde la geopolitica dell’Ortodossia è strettamente collegata ad una concezione imperiale e sacrale che, formatasi in epoca bizantina, è stata trasmessa alle entità statuali eredi di Bisanzio.

Descrizione

DOSSARIO: GEOPOLITICA DELL’ORTODOSSIA

Il prevalere delle fazioni oltranziste in seno alle Chiese romana e costantinopolitana determinò nel 1054 la rottura delle relazioni tra il patriarcato bizantino e il papato, così come ad agire nel senso della separazione furono le manovre del patriarca Michele Cerulario, subentrato ad Alessio nel 1043. I tentativi operati da alcuni storici di ricondurre la rottura dei rapporti ecclesiastici agli eventi successivi alla scomunica di Cerulario del 1054 (in particolare al sacco crociato del 1204), piuttosto che alle infruttuose trattative sull’Unione che portarono alle reciproche scomuniche di Cerulario e Leone IX, appaiono inesatti, in quanto lo scisma fra Roma e Bisanzio risulta già compiuto alla metà dell’XI secolo, come dimostrato proprio dalle trattative per l’Unione in questa fase.

Lo scorso 28 maggio il presidente Putin si è recato in pellegrinaggio sul Monte Athos in occasione della celebrazione dei 1000 anni di monachesimo russo. Questa la ragione ufficiale del viaggio, ma, come avremo modo di vedere, la visita di Putin al Sacro Monte è andata ben al di là della celebrazione di una ricorrenza.

Dopo la caduta dell’Impero bizantino, la geopolitica dell’Ortodossia è rimasta priva della funzione teologica ed escatologica da essa svolta nel millennio compreso tra i secoli V e XV. I duecento anni di “Mosca terza Roma” si aggregano a questo periodo “santo”, che per la coscienza ortodossa si identifica col periodo della Tradizione. Tutto quanto il periodo postbizantino è caratterizzato da una forma di dualismo: l’Ortodossia russa, legata alla geopolitica dello Stato russo, si contrappone alla linea greco-fanariota del Patriarcato di Costantinopoli, che coincide con un tipo di Ortodossia rigorosamente separato dalla realizzazione politica e svolge funzioni strumentali nella struttura generale del sistema ottomano.

Il primo concetto evocato dalla parola “Athos” è quello di luogo sacro. In ogni religione vi sono dei luoghi particolarmente venerati perché legati al culto degli antenati, alla forza ed alla grazia, ad una teofania, in un’organizzazione spirituale dello spazio. Diversamente da analoghi luoghi consacrati a culti politeistici ed anche monoteistici, fin dall’antichità la penisola dell’Athos è stata associata ad una componente spirituale, non solo come spazio, ma anche come tempo, poiché sul Monte Athos i tempi bizantini continuano a fluire, in senso sia letterale sia figurato. Sull’Athos è in uso soltanto il calendario giuliano, usato anche nel ciclo liturgico delle Chiese Ortodosse russa e serba. Sull’Athos vige soltanto il calendario giuliano, che è usato anche nel ciclo liturgico delle Chiese ortodosse russa e serba.

Pur non essendo mai stata territorio russo, nella coscienza nazionale russa Istanbul occupa da sempre un ruolo speciale. La cristianizzazione della Russia avvenne per opera di Bisanzio, quando quest’ultima, accanto a Roma, era il principale centro della Cristianità, e nel 1453, alla sua caduta in mano ottomana, Mosca ne rivendicò l’eredità e si proclamò Terza Roma. Anche per questo, la Russia non ha mai cessato nei secoli successivi di desiderare la riconquista di Costantinopoli e il suo ritorno nell’orbita cristiana; e, nella tarda epoca zarista, questo sogno fu più volte vicino ad avverarsi. A spingere la Russia verso il Bosforo, però, non era soltanto la religione: la città, come è noto, occupa una posizione strategica.

“In Grecia l’Ortodossia svolge un ruolo geopolitico molto importante, perché esercita una grande influenza su buona parte del popolo greco. Per quanto sia spesso invisibile, la contraddizione costante con l’Ortodossia slava (provocata dalla teoria panslavista di Mosca quale terza Roma) le ha impedito di formare l’ ‘Arco ortodosso’ nella regione balcanica. Questo ‘Arco’ le avrebbe permesso di coordinare la sua influenza e i suoi sforzi, dal Mare Egeo al Mar Nero”.

Fondata nel 1219 da San Sava, figlio di Stefan Nemanja, duca di Serbia, la Chiesa ortodossa autocefala serba ha rafforzato il proprio ruolo di guida spirituale di un popolo sottoposto al dominio straniero. Poco separata dallo Stato, soprattutto in questo momento, la Chiesa ortodossa impregna della sua visione del mondo la società civile e politica. Controcorrente rispetto alla società aperta delle democrazie occidentali, la Chiesa ortodossa incarna l’idea nazionale serba attraverso le età e la resistenza alle derive del mondo contemporaneo.

Il IX secolo fu caratterizzato dagli scontri tra Roma e Costantinopoli per allargare le rispettive sfere di influenza tra le popolazioni slave dell’Europa centro-orientale. Nell’864 il Regno bulgaro si convertì all’Ortodossia: la scelta di Boris I fu determinata dalla situazione politica del momento e soprattutto dalla maggiore autonomia che, rispetto al Cattolicesimo, l’Ortodossia riconosce alle chiese locali. Oggi, nell’epoca di grande crisi politica, economica e identitaria che attanaglia l’Europa, i popoli del mondo ortodosso, che hanno già pagato a caro prezzo la catastrofe geopolitica del crollo del blocco sovietico, vedono nell’Ortodossia il pilastro che può garantire la loro identità e i loro valori morali.

Gli Arabi cristiano-ortodossi erano integrati nel millet ortodosso, sottomessi all’autorità del Sultano e inquadrati da una gerarchia ecclesiastica greca. Vivevano principalmente nelle città e non uscivano quasi mai da uno stato di torpore intellettuale. Ciò nonostante, all’estero suscitavano sempre più interesse. L’indebolimento costante dell’Impero Ottomano a partire dal XVIII secolo aveva suscitato molte ambizioni ad accaparrarsene dei pezzi e le comunità cristiane di questo impero rappresentavano altrettanti punti d’appoggio per le grandi potenze.

L’Ortodossia, in quanto forma tradizionale di civiltà, deve essere analizzata dal punto di vista geopolitico in una prospettiva di lunga durata; ciò comporta che si debba tener conto delle manifestazioni storiche di sostrato. La Romania fa parte del blocco ortodosso dell’Est europeo ed è tributaria del fenomeno che lo storico romeno Nicolae Iorga ha chiamato “Bisanzio dopo Bisanzio”. Insieme con gli altri Stati ortodossi dello spazio est-europeo, la Romania dovrebbe militare per un’Europa di tipo neobizantino, tradizionalista e spiritualista. Il neobizantinismo non sarebbe se non l’adattamento dell’antica formula imperiale bizantina alle realtà europee odierne. In questa prospettiva, l’artificioso conflitto con la Russia è un grave ostacolo per l’affermazione del naturale ruolo geopolitico dell’Ortodossia nell’Europa unita.

Qual è il piano specifico della vita ortodossa, quello che manifesta la sua vocazione, diversa da quella storica? È il piano spirituale. È di qui che bisogna partire per comprendere l’Ortodossia, così come l’altra forma specifica della sua esistenza storica: la sua simbiosi con gli Stati terreni, manifestatasi soprattutto a Bisanzio, senza che essa si impantanasse nella storia. L’epopea ortodossa non è un’epopea storico-politica, ma un’epopea spirituale. La specificità dell’esistenza storica dell’Ortodossia è proprio l’individuazione del centro di gravità su un piano diverso da quello storico, quello spirituale, per l’appunto. L’attivismo ortodosso è un attivismo interiore, non meno reale dell’attivismo esteriore cattolico. Esso ha creato un universo spirituale, una “cultura”, sicché la partecipazione dell’Ortodossia all’edificazione dell’organismo storico bizantino non è meno effettiva. Ma è un prolungamento della sua vocazione spirituale.

VICINO ORIENTE

Il tentativo di colpo di Stato del 15 e 16 luglio – esauritosi nel corso della notte dopo un’iniziale presa di potere – costituisce un’altra fase della tutela atlantica sulla Turchia. La biografia dei congiurati, la storica alleanza fra militari turchi e Patto Atlantico, la stessa contiguità di Fethullah Gülen – fulcro dello “Stato parallelo”, che opera a fianco e contro quello istituzionale – agli Stati Uniti d’America fanno decisamente propendere per questa ipotesi. La diffidenza occidentale per i governi dell’AKP è d’altronde di vecchia data: gli ambienti neocon anche negli scorsi mesi l’hanno manifestata fino a lumeggiare la possibilità – poi effettivamente verificatasi – di un intervento militare riparatore. Ha contribuito a questa ostilità il cauto ma importante riposizionamento internazionale promosso dal governo Yıldırım, che ha aperto alla Russia e sembra voler chiudere la fallimentare politica di Erdoğan e Davutoğlu nell’area siriana: una politica fonte di inutili stragi, dolorose migrazioni e instabilità in tutto il Vicino Oriente.

La crisi migratoria del 2015, probabilmente, verrà ricordata come un punto di svolta nelle relazioni turco-europee. Durante la stessa, infatti, l’Europa si è trovata ad aver bisogno della Turchia più di quanto la Turchia non avesse bisogno dell’Europa, e Ankara ha potuto trattare con Bruxelles da una posizione di forza. E in un contesto in cui il problema dell’immigrazione non è destinato ad estinguersi, è possibile che sul lungo termine la Mezzaluna possa beneficiare di un generale riassestamento nei suoi equilibri di potere con l’Unione Europea.

TEOLOGIA DELL’IMPERO

L’Eneide testimonia sotto ogni punto di vista, una potente risorgiva della tradizione iperborea. Quest’ultima dovette incontrare delle opposizioni, se è corretta l’interpretazione della strana scena dell’Eneide (XII, 247 ss.) in cui si vede un cigno difeso da tutti gli uccelli del cielo contro l’attacco di un’aquila; il cigno, come il pellicano, rappresenta uno stadio più antico della tradizione polare e la sua lotta contro l’uccello guerriero può essere paragonata a quella del cinghiale e dell’orso. Questa opposizione spiega senza dubbio che la realizzazione storica dell’Impero romano corrispose solo in parte alle aspettative dell’élite che attorniava Augusto. In ciò è possibile vedere una “delusione” analoga a quella che dissolse le speranze politiche di Dante.

DOCUMENTI E RECENSIONI

Nicolae Iorga, Bisanzio dopo Bisanzio
Claudio Mutti, Konstantin Leont’ev e il Bizantinismo
Vasile Simileanu – Radu Sǎgeatǎ, La chiesa ortodossa nel mondo
Ilie Bǎdescu – Dan Dungaciu, Ethnos ed organizzazione nella Chiesa ortodossa
Katehon (a cura di), La Chiesa Ortodossa Russa contro la globalizzazione

François Thual, Geopolitica dell’Ortodossia, SEB, Milano 1995 (Luca Baldelli)
Robert Byron, Monte Athos. Viaggio alla Montagna Sacra della Grecia, Ibis, Como-Pavia, 2012 (Stefano Vernole)
Domenico Losurdo, Hegel e la libertà dei moderni, La scuola di Pitagora, Napoli 2011 (Renato Pallavidini)
Atlante geopolitico del Mediterraneo 2016, a cura di F. Anghelone e A. Ungari, Bordeaux, Roma 2016
Gabriele Abbondanza, Italia potenza regionale, Aracne, Ariccia 2016

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