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XXXVIII – La Muraglia che non crolla

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Il sistema cinese (il “Socialismo di mercato” o “Socialismo dalle caratteristiche cinesi”) ha dato prova di dinamismo e creatività, producendo un vero e proprio “miracolo economico”. Nell’impostare la sua strategia di resistenza all’imperialismo, la Cina guarda alla parabola dell’esperienza sovietica per non ripeterne gli errori, ma guarda anche agl’insegnamenti della propria millenaria cultura.

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Descrizione

DOSSARIO: LA MURAGLIA CHE NON CROLLA

Dopo il crollo del sistema sovietico la Cina è rimasta una delle poche democrazie popolari ancora sulla scena, insieme con la Corea del Nord, Vietnam, Laos e Cuba. Anziché annaspare, negli ultimi decenni il sistema cinese ha dato prova di notevole dinamismo e creatività, portando risultati in campo economico e sociale che si sino imposti al mondo come un vero e proprio “miracolo economico”. Secondo la quasi totalità dei circuiti informativi il gigante asiatico è riuscito ad impostare la sua straordinaria ascesa grazie all’adozione di un modello di sviluppo turbocapitalistico. I Cinesi però definiscono il loro sistema come “Socialismo di mercato” o “Socialismo dalle caratteristiche cinesi”. Le loro scelte strategiche derivano dalla necessità di modernizzare il paese, accrescerne il benessere e non lasciarsi schiacciare dall’imperialismo. La Cina ha deciso di usare la globalizzazione contro i globalizzatori. Nell’impostare e condurre la propria strategia, Pechino guarda in modo costante alla parabola dell’esperienza sovietica per non ripeterne gli errori, ma guarda anche ai secolari insegnamenti della propria storia nazionale dall’alto di una cultura di filosofia politica di primaria grandezza.

L’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione si appresta a compiere quattordici anni nel mese di giugno di quest’anno, aumentando considerevolmente il numero dei suoi Paesi osservatori e Paesi membri. La politica estera di Pechino dagli anni ‘90 ad oggi ha avuto un ruolo di primo piano nel processo di avvicinamento degli attori centro-asiatici ed eurasiatici in senso lato, che si trovano di fronte a nuove sfide poste alla loro sovranità e stabilità regionale da parte di rinnovate forme di egemonismo e neo-interventismo, indicate dal nuovo Libro Bianco del Dragone. La dottrina che anima la sua politica estera è stata definita con l’espressione di ‘armonismo’, base ideologica della concezione multipolare cinese, che informa tanto l’azione della Repubblica Popolare Cinese nel mondo globale, quanto la sua prassi politica regionale nella SCO.

Lo scorso 4 maggio, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping ha incontrato a Pechino il presidente del Guomintang, il Partito Nazionalista di Taiwan, Eric Chu, in visita in Cina; Taipei spinge per un ruolo di maggiore rilievo nello scacchiere internazionale. I rapporti diplomatici tra Rpc e Roc sono connotate da una duplice natura, un sistema ibrido rappresentato dal principio “Un Paese, due sistemi”, sintesi delle pretese indipendentiste di Taiwan e della riunificazione territoriale auspicata da Pechino. Soft power e incremento della cooperazione economica sono le strategie adottate in quanto atte ad una normalizzazione dei rapporti; tuttavia, la questione Taiwan rimane ancora irrisolta e complessa.

Lo scorso 18 giugno il  Consiglio Legislativo di Hong Kong ha bocciato la proposta di riforma elettorale che aveva diviso l’opinione pubblica nell’ex colonia britannica e innescato il movimento Occupy dello scorso autunno. La riforma avrebbe introdotto il suffragio universale nel 2017 per le elezioni del chief executive e poi per il parlamentino locale nel 2020. Era avversata dallo schieramento pandemocratico nel Consiglio legislativo e dal più vasto movimento Occupy nella città, perché avrebbe dato, sì, il voto ai circa 5 milioni di elettori locali; ma prevedeva anche che il numero dei candidati alla carica di chief executive sarebbe stato limitato a due o tre, filtrati da un comitato elettorale di 1200 notabili. A questo punto è probabile che la riforma democratica si interrompa per i prossimi quattro anni.

Compendiare in poche pagine la millenaria storia tibetana non è compito affatto semplice; così come è altrettanto arduo dare sommariamente conto dello straordinario patrimonio naturale, architettonico, artistico e spirituale di questa importante regione cinese. Altrettanto vale per le dinamiche economiche di grandioso sviluppo che hanno riguardato quest’area interna della Repubblica Popolare Cinese negli ultimi decenni, la quale, grazie ai costanti sforzi del governo centrale di Pechino, ha raggiunto standard sociali ragguardevoli. Tuttavia, almeno alcuni passaggi epocali ed alcune peculiarità culturali vanno sicuramente rammentati, visto che ancora oggi la coltre di fumo alzata da alcuni organi della disinformazione occidentale pare rimanere abbastanza fitta.

Le rappresentazioni messe recentemente in circolazione dalla grancassa mediatica occidentale rivelano la loro inconsistenza e il loro carattere strumentale, qualora vengano passate in rassegna, anche solo in maniera sintetica e sommaria, le vicende storiche degli Uiguri e della regione nella quale essi andarono a insediarsi in un certo momento della loro storia.

Lo Xinjiang (“Nuova Frontiera”), già ribattezzato Turkestan Orientale da Turchi ed Arabi, costituisce uno snodo cruciale della “Via della Seta”, nonché una fonte non secondaria di problemi per le autorità di Pechino.

Vi sono molte storie non dette sull’ascesa della Cina. Questa storia ha inizio all’incirca quattro decenni fa, ma risale a quattromila anni or sono. La sua conclusione sarà che oggi noi siamo testimoni soltanto dell’inizio dell’ascesa della Cina.

Mao Zedong è stato più un comunista rivoluzionario del XX secolo o un tipico riformatore tradizionale come altri della millenaria storia cinese? Uomini del genere sono emersi quando il popolo cinese e i valori classici erano trascurati e in decadenza. Il loro ruolo è consistito nel restaurare l’unità e nel gettare le basi per una rinascita. È proprio quello che hanno fatto Mao e i suoi seguaci.

Tra le proposte che il coordinamento dei BRICS formula per un mondo multipolare, sta acquistando sempre più importanza e consistenza la Nuova Via della Seta, un progetto che vede la Cina come capofila. Pechino vuole rilanciare traffici e commerci sulle rotte marittime ed i tracciati terrestri che sin dai tempi dell’Impero Romano e del Celeste Impero mettevano in connessione le due estremità della massa eurasiatica. Rifiorita poi a nuovo splendore grazie ai viaggi di Marco Polo, la Via della Seta attraversa oggi alcune delle aree di crisi e di instabilità fra le più delicate al mondo e gli Sati Uniti d’America guardano con preoccupazione ad un’iniziativa che minerebbe ulteriormente le fondamenta dell’egemonia a stelle e strisce. Per la Cina ed i suoi alleati nel BRICS e nella SCO la sfida è doppia: rilanciare l’economia globale e garantire pace e stabilità agli Stati che si trovano lungo la Via della Seta.

Le relazioni fra Cina e ASEAN sono state interessate da un imponente salto in avanti negli ultimi decenni, nonostante esistano ancora grandi differenze fra gli Stati interessati. Gli ultimi quindici anni hanno segnato un cambiamento importante rendendo possibili nuove intese strategiche che interessano la stabilità economico-politica, la pace, la cooperazione e la prosperità economica della regione. Nuove sfide sono state e verranno affrontate in un’area del mondo che è stata caratterizzata da un’impennata del tasso di sviluppo economico ma che conserva in sé ancora molte contraddizioni. Nel ventunesimo secolo la bilancia dei poteri fra gli Stati del Sud-est Asiatico è cambiata, rendendo meno attuale l’assetto originario dell’ASEAN e donando all’organizzazione un’importanza mai avuta prima. I Paesi con un maggior tasso di sviluppo economico e interessati da una relativa stabilità politica hanno preso in considerazione l’importanza delle strategie di soft power e dei Paesi emergenti nella regione. La Cina, della quale analizzeremo il ruolo all’interno dell’ASEAN, ha aumentato esponenzialmente la sua influenza sui programmi di cooperazione messi in atto dall’Associazione.

Mentre gli Usa si concentrano nella loro pluriennale sfida alla Russia postsovietica, in Europa la Germania non può che assecondare i propri interessi economici assumendo una posizione favorevole al colosso euroasiatico. La Cina avanza sempre più decisamente sullo scenario internazionale, forte della certezza che raccoglierà il testimone dagli Stati Uniti d’America nella ciclica staffetta per l’egemonia mondiale.

Le sanzioni occidentali, negli ultimi mesi, hanno costretto la Russia a rivedere le sue strategie a lungo termine e a volgere lo sguardo verso la prima economia del mondo. Non mancano le difficoltà, legate soprattutto al forte peso contrattuale della Cina e alle differenze culturali tra i due Paesi, ed è probabile che molti politici russi abbiano inteso questa svolta come tattica. Tuttavia, in virtù del perdurante clima di tensione e delle opportunità offerte dal fu Celeste Impero e dall’Asia Orientale in generale, non è improbabile che la tendenza sia destinata a durare.

La Banca dei Paesi del Gruppo BRICS (acronimo che indica Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) entrerà pienamente in funzione alla fine del 2015 e avrà sede a Shangai. Si tratta di uno strumento teoricamente concepito per finanziare i progetti di cooperazione internazionale che queste nazioni emergenti hanno implementato per rilanciare il commercio mondiale ma che in realtà permetterà di sfuggire al sistema di dipendenza finanziario architettato da Washington fin dal 1945. Per queste ragioni la Repubblica Popolare Cinese ha deciso di sostenerlo in maniera strategica.

La Banca Asiatica d’investimento per le infrastrutture, voluta dalla Cina per finanziare lo sviluppo delle infrastrutture dell’area asiatica, può cambiare i rapporti tra le varie economie a livello globale e spostare ulteriormente l’asse verso est.

Nelle ultime settimane la notizia del crollo del mercato azionario cinese ha sorpreso e spaventato gli investitori internazionali. Inoltre la situazione di panico recentemente diffusasi nei mercati e la leggerezza di alcune testate giornalistiche nell’affrontare quanto accade in Cina hanno influenzato negativamente la percezione degli operatori, fornendo una visione non coerente degli eventi che hanno caratterizzato la borsa cinese nell’ultimo mese. Risulta quindi cruciale fare chiarezza riguardo a questo argomento facendo uso di dati oggettivi.

A cavallo tra l’Oriente e l’Occidente, 2.000 anni fa la Via della Seta contribuì allo sviluppo di intense relazioni diplomatiche e di prosperi scambi commerciali tra la Cina e l’Italia, determinando un’evoluzione culturale e geografica di molte comunità. Oggi, l’emergente forza commerciale della Cina nella ripresa economica globale rende concreta la necessità di intensificare una stretta cooperazione tra Pechino e Roma che possa ridurre la pressione fiscale del debito pubblico italiano.

Stime ufficiali indicano 116  milioni di viaggi effettuati nel 2014 da turisti cinesi all’estero, mentre per l’anno 2015 raggiungerebbero quota 135.000.000; di questi, 1.700.000 riguardano Cinesi diretti in Italia, in parte visitatori di Expo 2015. Per la prima volta Pechino ha preso parte a un’esposizione universale con un padiglione costato 60 milioni di euro, un investimento che richiamerà visitatori internazionali, ma anche provenienti dalla Cina stessa.

DOCUMENTI E INTERVISTE

Consiglio di Stato RPC, La situazione della sicurezza internazionale

Consiglio di Stato RPC, Lo scopo della “via mediana” è di spaccare la Cina

Consiglio di Stato RPC, Tutela e sviluppo delle culture delle minoranze etniche

Consiglio di Stato RPC, Taiwan, parte inalienabile della Cina

Consiglio di Stato RPC, Le attuali condizioni della religione in Cina

Ugo Spirito, La nuova Cina

Chang Hsin-hai, Il professor Arnold J. Toynbee e la “guerra di razza”

Giuseppe Tucci, Preistoria tibetana

Intervista all’on. Marta Grande

Intervista al sen. Giacomo Stucchi

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