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L – Prospettive geopolitiche

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Attraverso una scelta di testi e di studi critici, questo numero di “Eurasia” presenta il pensiero di alcuni “classici” del pensiero geopolitico (Mackinder, Spykman, Haushofer), le intuizioni di un antesignano (Reclus), le tesi di geopolitici “militanti” (Thiriart, Terracciano) e di esponenti odierni della geopolitica (Dugin, Davutoglu). Vengono riproposte le riflessioni sulle nozioni di “confine” e di “spazio vitale”, nonché un documento d’eccezione relativo al Patto di non aggressione tra l’URSS e il Reich.

Descrizione

DOSSARIO: PROSPETTIVE GEOPOLITICHE

In pieno Ottocento, prima che la geopolitica come la conosciamo noi prenda forma, la geografia abbandona il suo ruolo di scienza statica per sviluppare un più ampio respiro e indagare sui rapporti profondi e indissolubili tra l’uomo e il suo territorio: le intuizioni di uno studioso francese contribuiscono ad aprire la strada alla disciplina che più di ogni altra segnerà il XX secolo.

Sir Halford John Mackinder (Gainsborough, 15 febbraio 1861 – Bournemouth, 6 marzo 1947) fu professore di Geografia presso l’Università di Oxford e direttore della London School of Economics and Political Science. Questa relazione, letta alla Royal Geographical Society il 25 gennaio 1904, fu pubblicata col titolo The geographical pivot of history in “The Geographical Journal”, Vol. XXIII, n. 4, Aprile 1904, pp. 421-444.

“Creare immagini chiare del confine, un’idea vivente del confine, da cui risulti un istinto del confine, e finalmente una sempre vigile coscienza del confine: questo è lo scopo precipuo del presente lavoro”. (Karl Haushofer, Grenzen in ihrer geographischen und politischen Bedeutung, 1939, cap. 1 Die Grenze in der geographischen Anschauung, pp. 20-25).

Questo scritto di Karl Haushofer, apparso su “Geopolitica”, a. I, nn. 7-8, luglio-agosto 1939, “costituisce – come avverte una nota – un riassunto della conferenza detta dall’A. a Pavia presso la Sezione Provinciale dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista”.

Questo saggio di Gerhart Jentsch fu pubblicato nel n. 4 (1940) dei “Quaderni di politica e di economia contemporanea” diretti da Agostino Toso, che in una sua Premessa al testo scriveva quanto segue. “L’autore afferma che ‘spazio vitale’ non è soltanto una zona o sfera d’interessi economici strettamente necessaria al respiro o alla vita di una nazione, ma qualche cosa di più vasto e di più complesso, e non pure sotto il rispetto economico, ma strategico e sociale, dovendosi intendere per spazio vitale quell’insieme di condizioni – militari, geografiche ed economiche – che consente ad una grande nazione d’imporre e mantenere nello spazio assegnatole dalla natura, dalla storia e dal suo dinamismo l’ordine più confacente al genio, al benessere e al divenire del suo popolo. Ciò non porta con sé che i diversi spazi vitali delle grandi nazioni siano di ostacolo fra loro, ché anzi si completano a vicenda; né sono mezzi di oppressione, ma di progresso delle piccole nazioni, incluse nell’uno o nell’altro degli spazi vitali confinanti e che possono anche partecipare di entrambi. In sostanza lo spazio vitale costituisce le fondamenta su cui sarà edificato il nuovo ordine europeo e mondiale, che contempera gl’interessi e gl’ideali di tutti i popoli, sostituendosi all’iniqua spietata supremazia di una o due nazioni sul resto del mondo, per sfruttarne disordinatamente le risorse naturali ed umane, a solo vantaggio di una putrida plutocrazia, che di democratico, nel senso nobile ed originario della parola, non aveva che la maschera ed il pretesto”.

“Il presente saggio si propone – attraverso una rapida, ma acuta analisi dei vari tipi di confini – di indicare l’optimum di delimitazione del proprio territorio. Il confine rappresenta sempre una parete divisoria, una barriera artificiale che separa, spesso in modo irrazionale, inopportuno e talvolta dannoso, territori che in realtà costituiscono inscindibili unità naturali. Poiché il confine deve garantire allo Stato che esso delimita un massimo di potenza e di sicurezza e al popolo che esso abbraccia le condizioni di tranquillità onde poter dispiegare, in un massimo di rendimento, le proprie energie produttive, e poiché esso è qualcosa di artificioso e di convenzionale, si impone la necessità della sua inviolabilità e della sua costante e occhiuta vigilanza”. (Da “Geopolitica”, a. IV, n. 1, 31 gennaio 1942, pp. 44-46. Si tratta del riassunto di un saggio di Franz Baumgarten intitolato Grenzkunde ed apparso nella “Zeitschrift für Geopolitik” del 10 ottobre 1941).

Questo breve scritto apparve in “Geopolitica”, a. III, n. 4, 30 aprile 1941, pp. 211-211, preceduto da una breve nota: “Ci è pervenuto il seguente scritto inviatoci dal prof. Antonio Fossati delle RR. Università di Trieste e di Torino. Lo pubblichiamo volentieri perché tocca da vicino questioni di alta importanza nel momento attuale ed anche per l’autorità dello scrivente in fatto di studi politico-economici”.

Da “Geopolitica”, a. III, n. 4, 30 aprile 1941. Eliseo Bonetti, geografo, nacque a Trieste il 13 maggio 1910. Compì gli studi ed esercitò l’intera attività accademica nell’università di Trieste, divenendo nel 1965 professore di Geografia economica. Formatosi alla scuola di G. Roletto, ne seguì le scelte nelle prime fasi del suo lavoro di ricerca (anni Quaranta e Cinquanta), occupandosi di problemi di geografia politica e di forme dell’insediamento alpino. Successivamente il suo interesse si rivolse soprattutto alla localizzazione delle attività economiche, in particolare dei servizi, sviluppando i concetti di “centralità” e di “gerarchia urbana”. Bonetti svolse un ruolo originale e rilevante nel far conoscere per primo alla cultura geografica italiana i metodi quantitativi e deduttivi che, a partire dalle opere pionieristiche degli economisti J. H. von Thünen e A. Weber e del geografo W. Christaller, sono divenuti d’uso comune nella “nuova geografia” dominante negli anni Cinquanta e Sessanta nel mondo anglosassone. Tra le sue opere sono da ricordare La teoria della localizzazione (1961), La teoria delle località centrali (1964), La localizzazione delle attività al dettaglio (1967). La profonda conoscenza della produzione geografica di lingua tedesca, francese e inglese suggerì a Bonetti la pubblicazione di rassegne informative e critiche di grande utilità. Collaborò a “Geopolitica” pubblicandovi numerosi articoli.

Per quanto riguarda il ruolo delle potenze sul continente eurasiatico, Spykman è stato un attento discepolo di Mackinder. Ma, diversamente da Mackinder, di cui ha completato e parzialmente stravolto la teoria ponendo l’accento sul ruolo del ‘containment’, Spykman ha ridimensionato i ruoli geopolitici delle nazioni in questa zona del mondo, ritenendo che la teoria dell’Heartland fosse sproporzionata e che il pivot non costituisse la chiave del dominio globale. In contrapposizione con il suo predecessore, Spykman riteneva fondamentale il ruolo di quella che Mackinder aveva chiamato la “mezzaluna interna” e che lui aveva ribattezzata con il nome di Rimland, ovvero le cosiddette zone peninsulari e costiere ai limiti del cuore della terra.

“Abbiamo letto, nell’articolo di un giornalista di regime, che gli Stati Uniti sembrano diventare la “nuova Roma”. Ecco un campione di crassa incultura storica. Gli Stati Uniti sono essenzialmente un impero marittimo, come lo fu a lungo l’Inghilterra, come tentò di diventarlo il Giappone, tra Tsushima e Hiroshima. Il modello perfetto di impero marittimo resta Cartagine, il modello perfetto di impero continentale rimane Roma”. (USA: un empire de mercantis, “La Nation Européenne”, 21, Ottobre 1967).  

Apprestandosi a compiere un passo decisivo al di là dei limiti della modernità e dei tempi moderni, il mondo, nella sua fase di globalizzazione, scopre che in numerose regioni della terra la modernità non si è ancora veramente stabilita e i tempi moderni non sono ancora arrivati. Nasce allora il sospetto che in queste società non occidentali l’avvento della modernità, nel senso occidentale e corrente del termine, non sia forse possibile e che i tempi moderni non debbano forse arrivare mai. Allora ci si rende conto del fattore rappresentato dalla civiltà, portatore dell’insieme dei suoi attributi premoderni. Se questo fattore si rivela abbastanza potente e stabile, allora la logica storica occidentale, contrassegnata dall’idea di progresso, dalla concezione lineare e dall’universalismo, sarà neutralizzata. La teoria del mondo multipolare suggerisce di passare da una concezione lineare della storia ad una visione ciclica, di passare dalla concezione di un tempo globale ed universale dell’umanità a traiettorie specifiche, corrispondenti alle singole civiltà, collegate tra loro in un quadro complesso, i cui schemi si trovano in costante cambiamento.

L’articolo è l’esegesi di un brano di Carl Schmitt del 1928. Si passano in rassegna testi pubblicati nella recente antologia edita da Adelphi, che è una selezione di un’ampia raccolta di saggi schmittiani in due volumi curati e commentati da Günter Maschke per Duncker & Humblot. Si mette in evidenza come nelle relazioni fra gli Stati ancora oggi prevalgono i comportamenti descritti da Hobbes nel suo modello di stato di natura.

“L’Iran odierno è la ‘piattaforma rotante’ della geopolitica eurasiatica, per utilizzare l’espressione del geopolitico Jordis von Lohausen”. Così esordisce questo articolo, che apparve nel giugno 1994 sul mensile“Orion”. Carlo Terracciano (1948-2005) pubblicò su “Eurasia” quattro articoli: Turchia, ponte d’Eurasia, (1/2004, ott.-dic. 2004), Il Libro, la spada, il deserto (1/2005, genn.-marzo 2005), Europa-Russia-Eurasia: una geopolitica “orizzontale”, ( 2/2005, apr.-giugno 2005), I Mediterranei del mondo (3/2005, ott.-dic. 2005). Fra il 2012 e il 2013, tre suoi libri di contenuto geopolitico sono apparsi presso le Edizioni all’insegna del Veltro: Nel fiume della storia (Pref. di A. Dugin, Biografia di A. Colla, Postfazione di C. Mutti), L’Isola del Mondo alla conquista del pianeta (Pref. di C. Mutti, Introd. di G. Gabellini), L’impero del Cuore del mondo (Introd. di C. Mutti).

Profondità storica e profondità geografica sono alla base della stratejik derinlik (profondità strategica) teorizzata da Ahmet Davutoğlu, docente nelle Università di Marmara e di Beykent e poi politico turco di primo piano (ministro degli Esteri, Primo Ministro). La profondità storica implica in primo luogo la riconsiderazione dell’eredità ottomana, non più vista come fastidioso retaggio del passato, ma come baluardo di civiltà; in questa prospettiva il modello imperiale concilia armoniosamente unità essenziale e molteplicità, valorizzando nel contempo il ruolo svolto dall’Islam. Per Davutoğlu la Turchia non può certo pretendere di riprodurre l’impero ottomano, ma può coglierne la lezione e l’esempio sotto diversi aspetti. Quanto alla profondità geografica, essa richiama con forza la particolare funzione geopolitica della Turchia, ponte fra Europa ed Asia e crocevia fra Mediterraneo, Vicino Oriente e Caucaso, mediatrice fra le popolazioni arabe, indoeuropee e turche che la circondano.

“Per quanto grande sia il peso attribuito ai fattori geografici, permane il rapporto della geopolitica con la dottrina dello Stato, cosicché viene spontaneo porsi la seguente questione, che non risulta abbia finora impegnato la riflessione degli studiosi: è possibile applicare anche alla geopolitica la celebre affermazione di Carl Schmitt, secondo cui ‘tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati’? Se così fosse, la geopolitica si troverebbe in una situazione per certi versi analoga non soltanto alla “moderna dottrina dello Stato”, ma anche ad altre scienze moderne quali ad esempio l’astronomia, la chimica o la fisica, che costituiscono rispettivamente le versioni ‘laicizzate’ dell’astronomia, dell’alchimia e della magia”.

DOCUMENTI

Da: Joachim von Ribbentrop, Zwischen London und Moskau. Erinnerungen und letzte Aufzeichnungen. Aus dem Nachlass heraugegeben von Annelies von Ribbentrop, Leoni am Starnberger See Druffel Verlag, 1953, Capitolo VI. Il Ministro degli Esteri del Reich rievoca le trattative che portarono alla firma del Patto di non aggressione. È riportata la lettera di Stalin a Hitler del 21 agosto 1939.

RECENSIONI e SCHEDE

Karl Haushofer, Grenzen in ihrer geographischen und politischen Bedeutung. II. Neuarbeitete Auflage (A. Filipuzzi)

Karl Haushofer, Il Giappone costruisce il suo impero (Riccardo Rosati)

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