Tra le questioni incombenti che l’Italia deve fronteggiare la centralità sta nell’arrivo crescente di immigrati. Si stima che vivono in Italia circa 4 milioni di stranieri, circa il 10 % della popolazione.

Il fenomeno dell’immigrazione per mare è aumentato di pari passo con la chiusura delle frontiere degli Stati europei a seguito dell’adozione di un regime di visti di ingresso, particolarmente restrittivo verso i Paesi poveri. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, i flussi sono misti, composti cioè di emigranti economici e rifugiati politici.

I Paesi principali di provenienza sono: Albania, Ucraina, Romania, Marocco, Cina ed Egitto; quindi Balcani, Est- Europa e Nord Africa.

Verso la Spagna le rotte sono circa dieci: dalla costa del Marocco attraverso lo stretto di Gibilterra; dal Marocco, Mauritania, Senegal e Gambia per giungere alle Isole Canarie.

Per il Mediterraneo le rotte sono quattro: tra Tripoli e Zuwarah (nord Africa), puntando verso Lampedusa, Sicilia e Malta. Dall’Egitto partono invece imbarcazioni dirette in Calabria e Sicilia.  La Grecia è meta preferita da coloro che partono dalla Turchia. Infine la Sardegna è il punto si sbarco dall’Algeria. Ogni nazionalità ha i suoi connection man, che mettono in contatto il candidato all’immigrazione clandestina con la rete di persone che lo ospiterà. Sconti particolari vengono fatti a chi si offre volontario per guidare le imbarcazioni, spesso affidate per questo a <capitani> senza alcuna conoscenza del mare, con conseguente aumento delle vittime.

Queste ultime, infatti, sono aumentate anche per l’evolversi di nuove rotte, che recentemente sono diventate più lunghe e pericolose, al fine di eludere i pattugliamenti anti-immigrazione, che dal 2006 sono coordinati dall’agenzia europea Frontex, ed attuati nelle acque territoriali di alcuni Paesi di transito, come Egitto, Turchia, Mauritania, Algeria, Libia, Senegal, e Marocco.

Nel 2007, nelle acque tra Spagna e Marocco si sono tenuti pattugliamenti europei congiunti, sotto l’egida di Frontex, denominati “missione Indalo”. Con il Marocco, la Spagna ha stretto accordi di riammissione che vengono applicati anche ai minori non accompagnati.

Dopo il 2005, le mete di sbarco si sono concentrate sulle Isole Canarie che nel 2006 hanno accolto la cifra record di 31mila immigrati.

Immigrazione ed Europa

Durante il secondo dopo guerra, una crescente ondata migratoria, si è riversata nella Germania federale. Allo scopo di arginare il problema delle migrazioni clandestine, si eresse il muro di Berlino. La Germania, in poco tempo, diventò meta ambita di molti stranieri di provenienza dell’est Europa, principalmente Ex Jugoslavia, Romania, Ucraina e Turchia. In Inghilterra gli stranieri sono per lo più di origine asiatica (Pakistan, India), mentre per la Francia e la Spagna i flussi migratori provengono in gran parte dall’Africa (Marocco, Tunisia). È proprio a seguito della caduta del muro di Berlino, al ridosso degli anni 90, che il flusso di stranieri aumenta, vedendo riaperta la possibilità d’integrazione nel tessuto sociale europeo.                                 Durante questi anni le migrazioni sono costituite soprattutto, da personale qualificato come,docenti, operai specializzati, ma anche musicisti ed artisti.

Immigrazione e America

Non solo l’Europa è teatro di continui arrivi di stranieri. A cavallo tra 1800 e 1900, circa 45 milioni di europei, si diressero altrove: la meta principale era L’America. Quest’ultima, secondo un’indagine della sezione statistica dell’ONU, è il Paese con più cittadini stranieri al mondo. Basta guardare alla sua storia per capire, come questo paese più di altri sia ed ancora oggi è, lo Stato che ha completamente assimilato gli stranieri. Dall’inizio del XVII secolo, le ondate migratorie sono cresciute considerevolmente fino ad oggi, in cui la componente straniera in America, conta più del 20 % della popolazione nazionale. Questo fattore, a cui senza dubbio sono legate specifiche questioni, ha costituito e costituisce il valore aggiunto di questo Paese. Gli U.S.A. si avvalgono infatti, di ingegneri Indiani, programmatori giapponesi, Insegnanti italiani, architetti spagnoli e altri ancora.

Integrazione: Paesi a confronto

A tal proposito, sono state avviate numerose proposte per l’integrazione all’interno di ciascun territorio degli stranieri. La Spagna per esempio, è favorevole agli aiuti per lo sviluppo dei paesi d’origine; grazie alla rapida crescita che ha attraversato, (nel corso dell’ultimo quinquennio) esiste una notevole domanda di manodopera, in tal modo è diventata meta ambita da operai provenienti da Paesi che da poco fanno parte dell’Unione Europea, e dei paesi Africani. La crescita vertiginosa del mercato immobiliare di costruzione edilizia che questo Paese ha vissuto, ha favorito la creazione e quindi anche la necessità, di ricoprire più funzioni all’interno di quest’ambito, a cominciare dalla manovalanza. In un documento ufficiale, l’OCSE dichiara che gli stranieri, costituiscono il 23% della popolazione iberica. Riguardo tale realtà l’opinione pubblica spagnola si colloca diversamente: il 55% degli intervistati ritiene che la maggior parte degli immigrati presenti nella penisola iberica siano clandestini e una larga maggioranza (71%) vede con preoccupazione l’immigrazione clandestina (International Migration Outlook 2009, OCSE). Tuttavia prevale l’opinione secondo la quale sia preferibile incentivare gli immigrati a restare nel proprio Paese, piuttosto che fermarli una volta in viaggio.

L’Olanda, invece ha una lunga storia di integrazione multiculturale. In passato la cittadinanza veniva ottenuta senza troppe difficoltà e lo stato contribuiva enormemente alla crescita culturale e sociale dello straniero. In seguito si richiedeva obbligatoriamente, un corso per imparare la lingua, corso che ha oggi perso il suo carattere vincolante. Tuttavia è necessario il superamento di un esame, valido per l’integrazione ufficiale. L’influenza dell’immigrazione sulla cultura olandese, si è sviluppata fino a diventare una questione chiave nello scenario politico nazionale. Attualmente il governo pone tra i suoi principali obiettivi la promozione e l’integrazione degli immigrati nella società. In Olanda gli immigrati costituiscono circa il 10, 7% della popolazione.

Il Canada è altresì favorevole all’ingresso e alle garanzie dell’assimilazione di immigrati, infatti un terzo degli intervistati si dice decisamente favorevole, di cui il 38% per le prestazioni sociali, e il  33% per la partecipazione alla vita politica. Il Canada favorisce molto i cittadini non autoctoni, e spesso è citato come esempio di Paese che possa “arricchirsi” grazie agli stranieri. La relativa facilità a ottenere la cittadinanza ha favorito tassi di naturalizzazione molto elevati e un conseguente livello considerevolmente alto di partecipazione alla vita sociale e politica da parte degli immigrati.  In Canada gli immigrati costituiscono il 20,1% della popolazione (International Migration Outlook 2009, OCSE).

La Germania, ha certamente un approccio differente che potremmo definire più distaccato; la cittadinanza si dichiara, per il 71 % degli intervistati, soddisfatta delle misure poste in atto dal governo nazionale, sull’immigrazione. Questo territorio, sin dal II dopo guerra ha dovuto fare i conti con una sempre crescente domanda di cittadinanza, da parte di stranieri. A tal fine sin dal 2005, il governo ha lavorato per nuove regolamentazioni in materia di accoglienza dello straniero. Infine nel 2007 la legge è stata emendata con lo scopo di rendere obbligatorio un esame per la naturalizzazione. Inoltre, come requisito minimo per gli immigrati che intendono entrare in Germania, è stata posta la condizione della conoscenza di base della lingua tedesca. In Germania, la presenza straniera costituisce il 12,9 della popolazione germanica (International Migration Outlook 2009, OCSE).

Conclusione

La migrazione di un singolo individuo o di un gruppo di persone, non è mai fine a se stessa. Essa è legata a questioni di enorme portata e conseguenza. Da sempre l’uomo, è alla ricerca di un posto migliore per vivere, di migliori condizioni di vita, di migliori opportunità di lavoro, di crescita e di sviluppo e quindi di vivibilità. Può essere conseguenza di un conflitto interno al paese d’origine, di mancanza di lavoro o di scarsità di beni di sussistenza e di materie prime.  A ciò, però va necessariamente aggiunta la componente pratica di questo fenomeno, ovvero come regolare un crescente flusso di individui?

In che modo possono, il cittadino e le istituzioni collaborare a tal fine?

Come arginare i rischi e lo sviluppo della clandestinità?

Il Diritto Internazionale e soprattutto L’U.E. oggi come risponde a tale fenomeno?

Sono, tutte domande lecite che trovano risposta nel senso di consapevolezza della nostra cittadinanza. Come già auspicato dalle Nazioni Unite, sarebbe bene che i governi nazionali, seppur regolati al loro interno da leggi e ordinamenti propri, si unissero, costituendo una sorta di tavola rotonda volta sia all’integrazione, vista come fattore di arricchimento e crescita nazionale, ma anche alla regolamentazione, dell’entrata e dell’eventuale integrazione degli stranieri.

*Giulia Vitolo è laureanda in Relazioni Internazionali (Università la Sapienza di Roma)


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