Una campagna elettorale incerta e la candidatura di ben quattro sfidanti non hanno creato troppi problemi al Presidente uscente della Repubblica Abkhazia, il quale al termine dello scrutinio dei voti è stato riconfermato alla guida del paese per altri cinque anni.

La multietnica popolazione del paese, composta da Abkhazi, Russi, Georgiani,Ucraini ed Armeni, ha scelto quindi di dare fiducia a Sergej V. Bagapsh, l’uomo che negli ultimi anni è diventato un simbolo stesso dell’Abkhazia.

Bagapsh si è dimostrato complessivamente un politico saggio ed equilibrato, capace di vincere diverse sfide di vitale importanza per il proprio paese: dalla transizione del periodo post-bellico fino alle recenti tensioni politiche che hanno preceduto le elezioni del 12 Dicembre.

Tutta la giornata elettorale ha fatto registrare un’affluenza complessivamente elevata, intorno al 70%, con differenze notevoli in ciascun distretto elettorale. Circa 127.000 i cittadini aventi diritto al voto, entrati in possesso del passaporto abkhazo.

Notevole anche l’affluenza ai due seggi predisposti nella Federazione Russa a Cherkessk e Mosca, dove ha votato anche Fazil’ Iskander, il più noto esponente della cultura abkhaza odierna.

Gli sfidanti di Bagapsh si sono dimostrati senza dubbio degli avversari di valore: Beslan Butba (leader del Partito per lo Sviluppo Economico, imprenditore e proprietario della televisione locale “Abaza TV”), Zaur Ardzinba (direttore della Compagnia Navale d’Abkhazia), Raul Khadzhimba (ex Vice Presidente della Repubblica) e Vitalij Bganba (filosofo e docente universitario).

Complessivamente tuttavia il vincitore si è dimostrato troppo popolare per i suoi avversari, guadagnando quasi il 60% dei voti totali, molto più di quanto sarebbe stato necessario per evitare il secondo turno elettorale di ballottaggio.

Un esito in buona parte previsto, visto l’obiettivo storico con cui Sergej Bagapsh si è presentato alle elezioni, ovvero il riconoscimento russo dell’indipendenza abkhaza firmato da Dmitrij Medvedev dopo la breve guerra ossetina dell’Agosto 2008.

La presenza di un notevole numero di osservatori internazionali, oltre 80 provenienti da almeno 20 Stati di tutto il mondo, è servita a dare maggiore risalto ai criteri di trasparenza delle elezioni. Gli osservatori, tra cui figuravano anche alcuni giuristi americani, assieme ai loro colleghi europei hanno espresso un giudizio nel complesso ampiamente positivo sull’organizzazione e la gestione delle elezioni presidenziali.

Anche Vladimir Churov, responsabile della Commissione Elettorale Centrale russa, ha visitato diverse aree del paese recandosi anche nel distretto di Gal’, il territorio più “caldo” posto lungo il confine orientale con la Georgia. Secondo le agenzie di stampa, sembra che anche in tale distretto, caratterizzato da una forte presenza di famiglie georgiane, l’affluenza sia stata piuttosto elevata.

Gli osservatori, come detto, sono giunti da numerosi paesi anche europei, tra cui Finlandia, Svizzera, Francia, Polonia. I “nuovi Stati del Caucaso” attraggono quindi l’interesse di esperti, politici e giornalisti, come testimonia anche la copertura mediatica da parte di giornali ed agenzie stampa internazionali. Nessun osservatore ha rilevato durante le operazioni di monitoraggio problemi tali da danneggiare la correttezza formale delle elezioni.

L’Unione Europea ha dimostrato, ancora una volta, un approccio piuttosto ambiguo e distaccato dalla realtà oggettiva della geopolitica caucasica: ufficialmente l’Europa ignora il percorso politico dell’Abkhazia, anche se molti studiosi europei si interessano dello sviluppo delle istituzioni governative del paese.

Mentre in Russia le elezioni sono state salutate positivamente, le autorità georgiane hanno mantenuto l’ostilità di sempre. Il governo di Tbilisi ha criticato le elezioni definendole una “commedia sostenuta dalla Russia” ed una “violazione della sovranità e delle leggi della Georgia”, facendo riferimento ai circa 3.600 militari russi presenti in territorio abkhazo. Mikheil Saakashvili definisce l’Abkhazia un “paese occupato”. I politici georgiani sembrano meravigliarsi che in Abkhazia vogliano governare gli Abkhazi?

In Europa, quando i nostri politici decideranno di studiare questi problemi con il cuore e con il cervello, non sembrerà affatto strana la presenza di un governo abkhazo in Abkhazia, esattamente come è considerata normale in Francia la presenza di un governo composto da politici francesi…

Comunque, la fiducia di una larga parte della popolazione verso l’operato politico del Presidente abkhazo può essere considerato il dato principale per l’analisi del voto. Anche queste elezioni, svoltesi sostanzialmente in conformità con gli standard internazionali, non cambieranno l’approccio di Europa e Stati Uniti verso i “nuovi Stati” della regione; d’altronde il comportamento ambiguo della comunità internazionale è un problema noto da tempo ed ancora senza soluzione.

L’Abkhazia ha scelto da tempo quale strada percorrere, e la fiducia della popolazione verso l’attuale dirigenza rappresenta uno strumento politico importante per governare un paese che al più presto dovrà chiarire gli obiettivi fondamentali del suo sviluppo economico, puntando specialmente nel settore turistico ed agrario. Oggi infatti, grazie alla migliore stabilità politica del paese, esistono i requisiti per fare investimenti molto redditizi, come ha dichiarato in questi giorni Christina Ozgan, il locale Ministro del’Economia.

Per molto tempo, guerre regionali e tensioni internazionali hanno ostacolato lo sviluppo di un territorio estremamente multiforme ed interessante per diverse iniziative imprenditoriali. Ma oggi, in vista delle Olimpiadi Invernali che si terranno nel 2014 a Sochi, a pochi chilometri dal confine con l’Abkhazia, Sergej Bagapsh ed il suo governo vorranno presentare ai mass media internazionali l’immagine di un’Abkhazia finalmente risorta.

Tutto ciò rappresenterebbe anche un’opportunità per dimostrare gli effetti positivi della diplomazia russa nel Caucaso; sempre che “qualcuno” non decida di boicottare tali prospettive con una nuova stagione di militarizzazione delle frontiere.

* Luca Bionda è redattore di “Eurasia, Rivista di studi geopolitici”


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