Una bomba a mano è stata gettata l’11 ottobre alle ore 21,30 sulla casa del serbo Milorad Todorovic del villaggio Cernica presso Gnjilane nel Kosovo e Metochia, per fortuna senza feriti o morti.

Non è la prima volta che ciò accade, perché ancora prima più volte sono state gettate le bombe a mano contro la casa della famiglia Todorovic, e la polizia albanese del Kosmet non è mai riuscita a trovare i colpevoli.

Nel paese Cernica vivono 30 famiglie serbe e qualche centinaio di quelle albanesi. Questa è una delle tante famiglie di profughi che dovevano scappare dalla provincia serba durante l’aggressione della NATO e dopo la successiva epurazione etnica fatta dagli Albanesi quando nel 2000-2001 furono cacciati via dalle loro case 300.000 serbi ed altri non Albanesi, ma è anche una di quelle poche che sono tornate ala propria  casa.

La bomba è un messaggio chiaro a chi vuole tornare e la continuazione del processo di epurazione etnica a danno dei serbi, in presenza della NATO perché dopo il 2000, cioè dopo la guerra, in presenza delle forze internazionali, solo in questo paese sono stati uccisi 7 serbi e feriti alcune decine nei vari attentati fatti dagli Albanesi. Non è mai stato arrestato qualcuno.

Inoltre, lo stesso giorno è stata bruciata la casa di Ruza Ratkovic nel paese Suvi Lukavac. Si tratta di un incendio doloso ai fini terroristici per mandare via dalla provincia quelli pochi serbi rimasti.

La cosiddetta comunità internazionale e le forze d’occupazione della NATO fanno chiacchiere sul miglioramento della situazione nella provincia e non proteggono le altre etnie dagli atti terroristici degli albanesi. Ne testimoniano attentati quotidiani come questi contro i non albanesi.


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