Beirut, Libano (UPI) 10 Dicembre 2009 – La corsa delle società estere per afferrare un pezzo del settore del gas del Turkmenistan ha portato alla creazione di strane compagnie – come la PetroSaudi, di proprietà del figlio del re Abdallah, e la Merhav, un conglomerato di Israele gestito dall’ex ufficiale dell’Intelligence Yosef Maiman. Secondo Intelligence on-line, sito Web con base a Parigi che copre le questioni di sicurezza globale, le società di questi avversari di vecchia data del Medio Oriente stanno negoziando un partenariato “tramite intermediari” per esplorare il campo di Serdar, che si trova a cavallo del confine tra Turkmenistan e Azerbaigian. Dovrebbe contenere l’equivalente di almeno 1 miliardo di barili di petrolio. Il Turkmenistan è il decimo più grande produttore di gas del mondo. Stati Uniti, Europa, Cina, Russia e Iran chiedono a gran voce di poter accedere ai suoi vasti giacimenti di gas. Questi conterrebbero intorno ai 20 trilioni di metri cubi di gas naturale – abbastanza per rifornire l’Europa per 66 anni.

Maiman ha lavorato per il Mossad, il servizio d’intelligence israeliano, ed è presumibilmente legato a una rete di società di proprietà dell’Agenzia. Egli è stato in Asia centrale per qualche tempo, segnalando un tentativo israeliano di garantirsi l’influenza – e una presenza significativa dell’intelligence – nel bacino del Mar Caspio, il centro economico delle cinque repubbliche ex sovietiche che compongono la regione musulmana. Il Gruppo Merhav è coinvolto nel settore del gas naturale del Turkmenistan da anni. Nel 2004 il Jerusalem Post ha descritto Maiman, una figura familiare nella capitale turkmena di Ashgabat, come un “leader” nel settore del gas. Secondo alcuni rapporti, Maiman è divenuto cittadino del Turkmenistan con decreto dell’ex-Presidente Saparmurad Niyazov, morto d’infarto il 21 dicembre 2006. Secondo Intelligence on-line, Maiman è dietro la nomina del primo ambasciatore di Israele in Turkmenistan, Reuven Dinia, da parte del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Dinia è un altro ex ufficiale del Mossad, che una volta gestiva la stazione di Mosca, fino a quando fu espulso nel 1996.

La Merhav sarebbe l’impresa straniera dominante in Turkmenistan, compresa l’intermediazione dei progetti energetici del paese. Turkmenistan e Azerbaigian sono strettamente legati agli interessi commerciali israeliani – per non parlare dei servizi segreti israeliani – e Maiman sembra essere ben posizionato per mediare un accordo tra di essi sul contestato campo di Serdar, reclamato da Ashgabat e Baku e assicurarsene il contratto. L’imprenditore di origine tedesca, che divenne cittadino israeliano nel 1971 e fondò la Merhav cinque anni più tardi, ha anche legami commerciali di lunga data con l’Arabia Saudita. Questi collegamenti potrebbero espandersi con Israele e Arabia Saudita che si ritrovano sullo stesso lato nel confronto con l’Iran. Maiman ha viaggiato a Riyadh diverse volte, negli ultimi anni, con la sua collezione di passaporti di non israeliani.

La PetroSaudi, guidata da Turki bin Abdullah bin Abdul Aziz, uno dei figli del monarca saudita, in tal modo può essere un concorrente in Turkmenistan, se cementa la sua partnership con la Merhav. Dovranno affrontare la concorrenza di Total della Francia, dell’Italiana Eni, della Royal Dutch Shell, di TNK-B e Lukoil della Russia e della Chevron degli Stati Uniti. Queste società sono accolte da Ashgabat perché il paese è stato duramente colpito, ad aprile, quando la Russia ha improvvisamente smesso di importare gas naturale turkmeno, tagliando le esportazioni dal Turkmenistan dell’84 per cento, perché la Russia stava subendo un eccesso di gas. Senza la Russia come cliente, il Turkmenistan sta perdendo circa 1 miliardo di dollari al mese. “In questo momento il Turkmenistan è alla ricerca di operazioni energetiche con qualsiasi giocatore, perché l’improvviso stop della Russia alle importazioni di gas naturale, ha tagliato la maggior parte del flusso di cassa di Ashgabat”, secondo l’azienda statunitense di consulenza per la sicurezza Stratfor. Il Turkmenistan non ha ancora una strada alternativa percorribile per l’esportazione e, ammonisce Stratfor, “potrebbe andare in bancarotta se le entrate energetiche non cominciano ad arrivare da qualche parte.”

Mosca, che resta la potenza dominante in Asia centrale, non è contenta degli sforzi del Turkmenistan di fare entrare nuovi partner nel settore dell’energia.

La Cina, con il suo insaziabile appetito di energia per alimentare la sua economia in espansione, probabilmente cercherà di sostituire la Russia. La Russia non vuole essere sfidata sulla sua influenza in Asia centrale. L’Iran è un altro interessato concorrente energetico. “La geografia dell’Asia centrale, la concorrenza tra i suoi cinque paesi per le risorse, e la crescente concorrenza tra le potenze straniere per l’energia dell’Asia centrale, sembrano indicare che una lotta per le risorse energetiche della regione sia inevitabile“, secondo Stratfor.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
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