Nuovi segnali di tensione si sviluppano nel Caucaso meridionale, una regione fragile da anni al centro di notevoli interessi di ordine strategico, economico e politico. Nelle ultime settimane diversi avvenimenti hanno contribuito in particolare a riaccendere i riflettori sulla Georgia e le repubbliche indipendentiste di Abkhazia ed Ossezia del Sud, che la stampa internazionale sembrava avere da poco dimenticato.

Non mancano tuttavia alcuni elementi positivi in campo politico; ad esempio all’inizio di Marzo è stata riaperta la frontiera di Verkhnij Lars, principale valico montano che permette il collegamento tra la Georgia centrale e Vladikavkaz, capitale dell’Ossezia del Nord. Si tratta di un accordo importante raggiunto tra Mosca e Tbilisi, in grado di agevolare il traffico delle merci dando un po’ di respiro alle economiche di Georgia ed Armenia, i due Stati del Caucaso con maggiori difficoltà finanziarie.

In Abkhazia invece la situazione politica rimane piuttosto tranquilla. Intanto, a pochi mesi dalle elezioni che hanno visto la conferma di Sergej Bagapsh alla guida del paese, i cittadini hanno dato l’estremo saluto a Vladislav Grigorevich Ardzinba, primo presidente e simbolo stesso dell’indipendenza abkhaza, morto in un ospedale di Mosca a 65 anni per una grave malattia. Ardzinba potrebbe diventare presto un vero “eroe nazionale”, considerando che già da anni molti il suo ritratto in uniforme militare appare sui manifesti celebrativi della guerra di secessione dalla Georgia.

Per commemorare il defunto presidente, a Mosca si è svolta una cerimonia civile che ha visto la partecipazione, tra gli altri, dell’Ambasciatore dell’Ossezia del Sud a Mosca Dmitrij Medoev, del Presidente della Repubblica di Kabardino-Balcaria Arsen Kanokov, del capo del Partito Liberal-Democratico russo Vladimir Zhirinovskij, oltre a diversi deputati russi, rappresentanti politici e gente comune.

In Georgia invece aumentano i segnali che danno il presidente Saakashvili in crescente difficoltà, politicamente isolato e contestato da un parte consistente della popolazione; l’uomo che aveva rappresentato lo spirito della “svolta democratica” del 2004, oggi viene chiamato “autoritario” da quegli stessi politici che solo pochi mesi fa rappresentavano i suoi più importanti alleati.

Il presidente georgiano è rimasto il solo a volere una Georgia protesa verso la NATO e nettamente ostile alla Russia, tanto da comandare l’abbattimento di un monumento ai combattenti antifascisti (georgiani) a Kutaisi: tutto questo accadeva mentre due importanti ex collaboratori di Saakashvili, Zurab Nogaideli (ex Primo Ministro) e Nino Burdjanadze (ex Portavoce del Parlamento), volavano a Mosca per incontrare separatamente Vladimir Putin, e riallacciare i rapporti tra Georgia e Russia, un aspetto vitale per la fragile economia georgiana. Il presidente Saakashvili, disorientato dal pragmatismo dei suoi ex collaboratori, non ha esitato a definire Nogaideli e Burdjanadze dei “traditori della patria”.

Particolarmente delicata rimane anche la situazione al confine con l’Ossezia del Sud, dove all’inizio di Gennaio le autorità di Tskhinval hanno annunciato la scomparsa di loro ufficiale dei Servizi di Sicurezza, Gennadij Pliev. Secondo le autorità locali, Pliev sarebbe stato rapito da militari georgiani, mentre secondo il governo georgiano, appoggiato acriticamente dall’Unione Europea, il giovane avrebbe volutamente attraversato il confine per recarsi spontaneamente in Georgia.

Episodi simili accadono spesso lungo il confine tracciato dalla guerra, visto che pochi mesi fa alcuni giovani osseti avevano fatto ritorno a casa dopo essere stati detenuti in Georgia, apparentemente senza chiare motivazioni. Poco tempo dopo, nei pressi di Tskhinval veniva arrestato un gruppo di giovanissimi georgiani che, stando alle agenzie locali, sarebbe stato trovato in possesso di materiale esplosivo.

Inoltre, secondo l’agenzia stampa “RUVR – Golos Rossii”, pochi giorni fa un tribunale militare del distretto nord-caucasico russo ha condannato per spionaggio a favore della Georgia due ufficiali russi ed un georgiano dei servizi segreti. I due militari russi, condannati per “alto tradimento”, dovranno scontare oltre da tredici a quindici anni di reclusione in un campo di lavoro a regime duro; undici anni di detenzione sono stati inflitti all’agente segreto georgiano.

Il culmine della tensione in Georgia si è però raggiunto la sera del 13 Marzo, quando le immagini trasmesse dal canale televisivo privato Imedi TV hanno seminato il panico tra la popolazione: una trasmissione riportava la notizia dell’uccisione del presidente georgiano Saakashvili come risultato di una invasione dell’esercito russo, del quale venivano mostrate le colonne di carri armati nelle strade. La notizia è stata smentita dalla stessa Imedi TV con molta fretta, spiegando che in realtà le immagini si riferivano alle operazioni militari dell’Agosto 2008 in Ossezia del Sud.

L’emittente privata è stata costretta a scusarsi con il pubblico; davvero squallida è stata la giustificazione fornita dai dirigenti televisivi, secondo cui le intenzioni degli autori del programma erano solo quelle di spiegare ai georgiani “le minacce per la sicurezza nazionale georgiana”, riferendosi ovviamente alla Russia. I Georgiani tuttavia oggi riconoscono che non è la Russia la causa principale dei lori problemi.

Senza la dolorosa esperienza della “guerra dei cinque giorni”, forse la notizia sarebbe potuta sembrare una semplice provocazione; invece questo strano caso di “terrorismo televisivo” si è attirato enormi critiche in Georgia ed all’estero: una ferma condanna è stata espressa perfino da ben noti sostenitori del governo georgiano, come l’ambasciatore statunitense a Tbilisi ed il commissario dell’Unione Europea Jose Manuel Barroso.

Alcuni analisti politici hanno visto in questa vicenda un tentativo da parte di alcuni sostenitori del presidente georgiano di aumentare il consenso attorno a Saakashvili, che dalla fine della guerra appare in netta difficoltà. Il direttore di Imedi TV infatti, Georgi Arveladze, è un sostenitore di Saakashvili molto influente. Sono molto lontani i tempi in cui Imedi TV, finanziata dal tycoon anti-presidente Badri Patarkatsishvili, era costantemente vittima di intimidazioni e perquisizioni da parte della polizia georgiana.

Sono in molti tuttavia a credere che la trasmissione incriminata andata in onda il 13 Marzo sia collegata a nuovi piani per riprendere il controllo dell’Ossezia del Sud. L’Ambasciatore di Russia presso la NATO, Dmitrij Rogozin, ha sottolineato i rischi che queste operazioni potrebbero avere per l’incolumità e l’ordine pubblico nelle zone abitate lungo i confini tra la Georgia e le repubbliche di Abkhazia ed Ossezia del Sud. Poco dopo, Boris Chochiev, Primo Ministro dell’Ossezia del Sud, ha dichiarato di possedere dei documenti che testimonierebbero un inteso movimento di mezzi militari georgiani nei pressi di Gori, giustificabile da parte georgiana come una contromisura verso le notizie trasmesse da Imedi TV nei giorni precedenti.

Anche il Ministro degli Esteri osseto, Murat Dzhoev, ha evidenziato che la sceneggiata televisiva della finta invasione russa potrebbe essere un pretesto dell’esercito georgiano per ammassare truppe sul confine con l’Ossezia del Sud. Vista la velocità con cui una falsa notizia televisiva ha potuto mettere in movimento i militari, il governo osseto considera tutto quanto è accaduto come una prova della volontà di Saakashvili di non accantonare l’opzione militare contro i territori indipendenti tutelati da Mosca.

Il 13 Marzo è circolata anche la notizia che il Presidente dell’Ossezia del Sud, Eduard Kokojty, era stato vittima di un attentato a Tskhinval. L’amministrazione osseta, impegnata a pieno ritmo nella ricostruzione delle infrastrutture e dell’economia locale, ha subito smentito la notizia. È stato lo presidente osseto a cercare opportunamente di riportare la tranquillità in Ossezia del Sud. “Mentre si diffondevano le notizie dell’attentato, mi trovavo nei boschi a caccia di lupi e sciacalli”, ha dichiarato lo stesso Kokojty all’agenzia russa Interfax.

C’è tuttavia un ulteriore elemento che rende le intenzioni georgiane piuttosto minacciose: pochi giorni prima dello scandalo televisivo di Imedi TV, il Ministro georgiano Jakobashvili ha dichiarato di avere presentato ai vertici dell’Unione Europea e della NATO un piano per la “riconquista” di Abkhazia ed Ossezia del Sud, ricevendo apparentemente commenti positivi. Non sono però stati forniti ulteriori dettagli sulle modalità di attuazione del progetto georgiano.

Nell’Agosto 2008 l’Unione Europea dichiarò di non conoscere in anticipo i progetti di guerra di Tbilisi, e quindi di non avere potuto evitare la guerra. Oggi sappiamo che Tbilisi dialoga attivamente con Bruxelles per ottenere l’approvazione dei suoi progetti, diplomatici o militari. L’Europa quindi oggi può contribuire al dialogo o alla nuova guerra del Caucaso. È per questo che un eventuale secondo attacco georgiano contro i fratelli osseti ed abkhazi coprirebbe tutta l’Europa di una infamia insopportabile.


* Luca Bionda è redattore di “Eurasia”


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