Claudio Mutti,
Esploratori del Continente. L’unità dell’Eurasia nello specchio della filosofia, dell’orientalistica e della storia delle religioni,
Effepi, Genova 2011  

“Esploratori del Continente” sono quelle personalità che, attraverso i loro studi, hanno esplorato il grande continente eurasiatico ponendone in luce l’essenziale unità spirituale. Questo libro, che rappresenta l’ideale continuazione de L’unità dell’Eurasia (Effepi, Genova 2008), in cui il tema veniva affrontato in una prospettiva storica e politica, è una rassegna dell’opera di otto eminenti personalità della cultura (filosofi, orientalisti, storici delle religioni) che di tale unità si sono fatti testimoni.

Fin dalle prime pagine appare evidente la grande accuratezza dell’indagine: in poco più di un centinaio di pagine sono condensati numerosi concetti – un’attenta lettura del testo richiede una ponderata riflessione, considerata la complessità delle tematiche affrontate – sostenuti da un corposo quanto necessario apparato bibliografico. Sono infatti ben più di trecento le note che arricchiscono il presente studio.  

Il capitolo iniziale è dedicato a Friedrich Nietzsche, poiché nelle riflessioni del grande Inattuale è sempre stato presente un concetto di unità continentale contrapposto all’“insania nazionalista”. Già nella Nascita della tragedia, in cui apollineo e dionisiaco (Europa ed Asia) si presentano come complementari, tutta l’opera del filosofo tedesco contiene elementi mutuati dal pensiero tradizionale indoeuropeo. Basterebbe ricordare che la sua opera più celebre evoca l’antica religione zoroastriana e che la figura ideale del Superuomo trova riscontro anche in dottrine tradizionali apparentemente lontane dall’orizzonte culturale del filosofo tedesco. Significative, inoltre, le parole di elogio che Nietzsche riserva a Federico II di Svevia per la politica di amicizia con il mondo islamico.

Il secondo capitolo è dedicato a quel quasi dimenticato pioniere dell’iranistica italiana che fu Italo Pizzi. Nella sua produzione filologica, in cui spicca una pregevole traduzione in versi del poema nazionale persiano, ritroviamo sorprendenti consonanze tra la cultura dell’Iran e quella europea. L’interesse del grande erudito parmense non si limitò esclusivamente allo studio delle opere della cultura persiana, ma si rivolse anche, avvalendosi di un mirabile poliglottismo, ad altre culture, il che gli consentì di individuare interessanti collegamenti tra l’Europa e l’Asia.

Il poliglottismo è una delle qualità che caratterizzano anche il terzo autore preso in esame, vale a dire Ananda K. Coomaraswamy. Questi, che considerava Platone, Lao-Tze e Nietzsche tra le fonti spirituali dell’Eurasia, citò come esemplari a tale proposito proprio le parole di Nietzsche su Federico II. Non fu solo attraverso lo studio delle opere letterarie e filosofiche che lo studioso anglo-indiano dimostrò l’unità spirituale di fondo del continente, ma anche attraverso lo studio delle opere d’arte asiatiche ed europee. Le critiche di Umberto Eco, infastidito dal continuo richiamo fatto da Coomaraswamy alla comune tradizione indoeuropea, non scalfiscono minimamente l’importanza di un’opera che viene giustamente considerata “un monumento all’unità spirituale eurasiatica”.

Proseguendo in questa suggestiva rassegna, incontriamo la figura di uno dei più eminenti orientalisti che l’Italia abbia conosciuto, Giuseppe Tucci. Anch’egli fu un convinto assertore dell’unità culturale eurasiatica, alla quale non mancò mai di dare risalto nei suoi scritti e nel lavoro svolto all’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, di cui fu cofondatore e direttore. L’Istituto diede impulso, tra l’altro, a proficui scambi culturali con il Giappone, in un’epoca contrassegnata dalla vicinanza politica tra le Potenze dell’Asse.

Il capitolo dedicato a Mircea Eliade è anche l’occasione per soffermarsi sul ruolo geopolitico della Romania all’interno della massa continentale eurasiatica. Crocevia tra Oriente e Occidente, proprio per la sua collocazione geografica la Romania rappresenta un ponte ideale tra Europa e Asia. In una regione che ha conosciuto il dominio dell’Impero romano e le successive incursioni provenienti da oriente, la contaminazione tra le tradizioni europee e quelle asiatiche è stata pressoché costante. Eliade, nel corso dei suoi studi, matura la consapevolezza dell’esistenza di una tradizione unitaria di fondo che costituisce la base comune per tutte le culture sviluppatesi nel corso dei millenni sul continente eurasiatico. A tale proposito, lo storico delle religioni afferma infatti di “non aver mai avuto la sensazione di trovarsi di fronte a realtà esotiche”.

Dobbiamo invece a Julius Evola l’iniziale diffusione dell’opera di Franz Altheim. Dell’antichista tedesco rivestono particolare importanza in questa sede gli studi sulle incisioni rupestri della Val Camonica, incisioni che presentano ragguardevoli somiglianze con analoghe testimonianze rinvenute nella Svezia meridionale. Secondo l’autore di Deus Invictus e del Volto della sera e del mattino “dobbiamo abituarci a pensare non a una cultura, ma alle culture, agli imperi e ai grandi spazi”. Esemplare a questo proposito è il parallelismo tra l’impero unno di Attila e quello ellenistico di Alessandro il Grande; o, ancora, la presenza di elementi del culto solare orientale nella religione romana d’età imperiale.

Nelle pagine dedicate al grande orientalista e islamista francese Henry Corbin viene messo in risalto il legame esistente tra la geografia sacra e la geopolitica. Quest’ultima infatti non si limita semplicemente allo studio delle dinamiche dei rapporti internazionali, ma affonda le sue radici in una disciplina tradizionale quale appunto la geografia sacra, che fornisce le coordinate per orientare l’uomo nello spazio. I concetti di Centro o di Polo, ad esempio, già presenti nell’epica omerica, si ritrovano nella concezione spirituale mazdaica, così come nel pensiero islamico. L’orientalista francese individua nella città santa di Gerusalemme l’Umbilicus Terrae della massa continentale che si estende dalle isole britanniche alla Cina.

Iniziata col medaglione di Nietzsche, questa rassegna si conclude con un capitolo dedicato ad un altro filosofo tedesco, Martin Heidegger. Le pagine a lui dedicate vertono in particolare sulla ricezione dell’autore di Essere e Tempo in Iran (dove la riflessione heideggeriana ha fornito ulteriori argomenti ai “nemici della società aperta”) e nell’Estremo Oriente, dove si riscontra un sorprendente idem sentire tra il pensatore europeo ed alcuni autorevoli esponenti della spiritualità buddhista, zen, taoista.

Al termine di questo breve ma suggestivo viaggio non possiamo che consigliare la lettura di Esploratori del Continente a chiunque voglia approfondire in maniera consapevole il concetto di unità culturale e spirituale del nostro grande Continente.


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