Il Caucaso dall’Imam Šamil a Ramzan Kadyrov. Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2024, pp. 192, € 24,00

Dissociandosi da coloro che la individuavano nella Palude Meotide (il Mare d’Azov), Erodoto (IV, 45) situava invece l’estremità orientale dell’Europa oltre la penisola anatolica: nella Colchide (sulle rive delle regioni oggi note come Abcasia e Georgia), nei pressi degli odierni porti georgiani di Poti e Batumi. In effetti la regione caucasica, compresa tra il Mar Nero e il Mare d’Azov ad ovest e il Mar Caspio ad est, più che dividere l’Europa dall’Asia, costituisce un ampio istmo – l’istmo “ponto-caspico” – che le congiunge, confermando ulteriormente la tesi dell’unità continentale eurasiatica.

Convenzionalmente europea, a nord dello spartiacque del Gran Caucaso, è la fascia ciscaucasica, la quale comprende, nel settore caucasico di nord-ovest, Adighezia, Caraciaia-Circassia, Cabardino-Balcaria, Ossezia settentrionale e, nel settore di nord-est, Inguscezia, Cecenia e Daghestan. A sud dello spartiacque, la Transcaucasia, considerata asiatica, è costituita dai territori di Georgia, Armenia e Azerbaigian, nonché da Abcasia, Agiaria ed Ossezia meridionale.

La realtà caucasica è particolarmente complessa sotto gli aspetti etno-linguistico e religioso. Gli idiomi indigeni, appartenenti ad una famiglia linguistica definita “caucasica” in quanto priva di parentela con le altre lingue conosciute, sono stati accorpati dai glottologi in tre gruppi, che corrispondono sostanzialmente a tre settori geografici: nord-occidentale e nord-orientale (ciscaucasici) e sud-occidentale (transcaucasico). Le altre lingue parlate nella regione appartengono alla famiglia indoeuropea (armeno, osseto, russo) e al gruppo turco (azero). Le principali confessioni religiose presenti nella regione sono il cristianesimo ortodosso e l’Islam (sunnita e sciita).

Il mosaico caucasico viene affrontato da Daniele Perra sotto il profilo storico nella prima parte del suo libro, che riassume i rapporti della regione con l’Impero russo, poi con l’URSS e infine con la Federazione Russa.

Nella seconda parte del libro l’attenzione dell’autore si concentra sulle vicende della Cecenia, i cui abitanti nel XV secolo abbracciarono l’Islam sunnita. Circa metà dei Ceceni appartiene a confraternite sufiche, soprattutto alla Naqshbandiyya e alla Qadiriyya; la prima è particolarmente forte nella Cecenia orientale e nel Daghestan, mentre la Qadiriyya ha il suo seguito nel resto del paese.

Nei primi anni del XIX secolo la Cecenia fece parte di quell’Imamato Caucasico che, giunto al suo apogeo sotto la guida del leggendario Imam Shamil, oltre alla Cecenia comprese anche il Daghestan, la Circassia e alcune parti dell’Inguscezia, assumendo i caratteri di uno Stato teocratico rigidamente militarizzato. Rievocata questa fase della storia cecena, che si concluse con la conquista russa del Caucaso, l’Autore si sofferma sul periodo sovietico, che durante la seconda guerra mondiale vide la collaborazione dei Ceceni col Terzo Reich, la loro deportazione in Asia centrale e il loro successivo rimpatrio.

Dopo essersi soffermato sui due conflitti russo-ceceni e sulle interferenze occidentali nella regione, l’Autore descrive le vicende della Cecenia nella fase che si aprì nel 2006, allorché Ramzan Kadyrov assunse la carica di Primo Ministro per divenire poi Presidente nell’anno seguente. Il capitolo finale (nel quale viene opportunamente riportato il testo integrale del documento emanato dalla conferenza islamica di Groznyj sull’identità sunnita, con la relativa condanna del terrorismo sostenuto dall’Occidente) illustra gli sforzi dell’attuale dirigenza cecena per trasformare la piccola repubblica caucasica in “un polo geopolitico all’interno della macroarea che collega Mar d’Azov, Mar Nero e Mar Caspio, al fine di farne un ponte tra la Russia, il Levante e la Penisola arabica da un lato e l’Asia centrale dall’altro”. Nel quadro di questa strategia, la funzione di Ramzan Kadyrov è diventata fondamentale per la Federazione Russa, di cui la Cecenia è parte integrante e vitale.


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