di Christian Bouchet

 

 

L’islamofobia è un atteggiamento connaturato al movimento nazionale francese?

 

Un approccio obiettivo ci costringe a rispondere in maniera negativa : l’Islam non è stato sempre guardato negativamente dai patrioti francesi ; nemmeno adesso l’ostilità nei suoi riguardi è assoluta, nei ranghi della destra francese. Per quanto mi è consentito dallo spazio a disposizione, cercherò di riassumere il modo in cui le idee di questo schieramento sono evolute nei riguardi di una religione giunta da fuori.

Alla fine del XIX secolo, epoca in cui le posizioni antiebraiche erano diffuse nella popolazione francese, sia a sinistra sia a a destra, l’Islam presenta un vantaggio considerevole agli occhi di certi nazionalisti : esso è ostile alla comunità ebraica. Nei suoi scritti, Édouard Drumont non dimenticherà mai di esaltare la sollevazione popolare di Bachaga Si Mokrani contro il Decreto Crémieux del 1871 (decreto che, ricordiamolo, accordava la nazionalità francese agli ebrei maghrebini). Drumont sognava un’alleanza tra cristiani e musulmani per combattere il giudaismo. La sua posizione era condivisa da nazionalisti di primo piano di quell’epoca, quali Henri Rochefort e Abel Clarin de la Rive. Lo stesso Charles Maurras ebbe questa inclinazione, come risulta dalle sue Pages africaines, diario di un suo soggiorno algerino del 1935.

Da parte sua, Gustave Le Bon, un riferimento ideologico per molti nazionalisti francesi, nel 1884 pubblica un libro intitolato La Civilisation des Arabes. In quest’opera egli pone in risalto « l’immensa influenza » della civiltà islamica, la quale, secondo lui, ha incivilito i popoli barbari che avevano distrutto l’Impero Romano ed ha aperto all’Europa un mondo di conoscenze scientifiche, letterarie e filosofiche che essa ignorava. In una parola : per Le Bon, sono stati i musulmani a « ricivilizzare » (reciviliser) l’Europa.

Fra le due guerre mondiali, era un fatto del tutto normale che leghe e partiti nazionalisti francesi accogliessero militanti musulmani nei loro ranghi. Secondo i rapporti stilati all’epoca dalla prefettura di polizia parigina, i nordafricani che si impegnavano politicamente aderivano o alle organizzazioni comuniste o a quelle nazionaliste. I musulmani magrebini erano numerosi nelle file del Parti Populaire Français, mentre la Solidarité Française annoverava tra i propri aderenti così tanti arabi, che veniva chiamata ironicamente… « Sidilarité ». Alla stessa epoca, ci sono intellettuali « di destra » che vengono attratti dall’Islam: René Guénon si converte e così pure la ninfa egeria del futurismo francese Valentine de Saint Point.

In questa logica, durante la seconda guerra mondiale sono numerosi i musulmani dell’impero coloniale francese che si sentono solidali con le potenze dell’Asse; alcuni di loro combattono indossando l’uniforme tedesca e si ritrovano insieme con altri correligionari, originari dei Balcani, che hanno accolto l’esortazione del Gran Muftì di Gerusalemme.

Siccome altri musulmani hanno partecipato alla lotta delle Forces françaises libres, a guerra finita nelle diverse componenti della destra nazionale francese c’è una simpatia quasi-totale nei confronti dell’Islam. Coloro che hanno collaborato con la Germania non dimenticano l’impegno di Amin al-Husseini a fianco dell’Asse ed apprezzano il fatto che i paesi musulmani concedano ai proscritti un benevolo asilo politico. Coloro che si sono opposti alla Germania sono riconoscenti all’armata d’Africa ed ai suoi reggimenti musulmani. La decolonizzazione, la guerra d’Algeria, la rivoluzione in Iran non modificheranno sostanzialmente questa realtà. Se una parte non trascurabile della destra nazionale francese diventa « antiaraba » e amoreggia col filosionismo, essa non è tuttavia antislamica. Dal suo punto di vista, ci sono dei musulmani buoni, poiché vi sono stati gli harkis, c’è una resistenza anticomunista in Afghanistan e nelle repubbliche sovietiche dell’Asia centrale.

Maurice Bardèche, nel suo libro Qu’est-ce que le Fascisme ?, ha scritto : « Nel Corano c’è qualcosa di virile, qualcosa che si può chiamare romano » ; l’ex collaborazionista Jacques Benoist-Méchin conosce il successo con opere favorevoli alla dinastia saudita e il suo Frédéric II esalta l’alleanza di questo imperatore con l’Islam. Quanto a François Duprat, egli vede nei Fratelli Musulmani una forma araba della stessa ideologia per la quale egli combatte in Francia !

Nel 1985 « Eléments », la rivista della Nouvelle Droite, dedica il n. 53 agli e fa scandalo. Ciò è dovuto non ad un giudizio globalmente positivo sugli Arabi, ma alle posizioni filoarabe dei redattori della rivista. In questo numero di « Eléments » Guillaume Faye, futuro araldo dell’islamofobia filosionista francese, scriveva: « quali che siano i sentimenti che possono essere ispirati dalla visione del mondo islamica, il risveglio del mondo arabo-musulmano costituisce un evento oggettivamente favorevole al destino dell’Europa ».

Alcuni anni dopo, quando scoppia la polemica sul foulard islamico nelle scuole, i redattori della rivista di destra « Le Choc du mois » non esitano a scrivere che alle nordafricane in jeans preferiscono le musulmane in chador.

Quanto all’Algeria ed al Fronte Islamico di Salvezza, molti nazionalisti francesi auspicano la vittoria degli islamisti. Essi infatti la considerano come l’inizio di una soluzione all’immigrazione, alla quale è contrario anche il FIS, che osteggia il miscuglio della cultura islamica con quella occidentale. Nell’agosto 1991, il settimanale di estrema destra « Minute » enuncia così una politica in tre punti : « Al FIS non deve mancare un solo voto; non un voto per Aït Ahmed e i suoi democratici; soprattutto, non un immigrato algerino in più ». E precisa: « Una repubblica islamica in Algeria significa un altro paese che volta le spalle alla civiltà Benetton, significa la vittoria della gellaba nazionale contro i jeans cosmopoliti ».

Intervistato sul 98° numero di « Arabies », Jean-Marie Le Pen enuncia questi concetti assai poco politicamente corretti: «Viene attizzata la paura dei Francesi per quello che viene comunemente chiamato islamismo o integralismo islamico. Coloro che attizzano o manipolano queste paure non esitano a snaturare in maniera grossolana il messaggio dell’Islam. Per farlo rientrare meglio nei loro schemi, fanno ciò in un’ottica ben precisa: quella dell’utopia mondialista e dell’ideologia dei diritti umani, che presuppongono la distruzione delle identità culturali e il rifiuto della trascendenza. Il loro sogno è quello di un Islam reso asettico e inoffensivo ».

Al termine del primo semestre 1997, nessuno, in seno al nazionalismo francese, trova da ridire sul fatto che Jean-Marie Le Pen incontra Necmettin Erbakan, primo ministro islamista turco dal giugno 1996 all’aprile 1997. In seguito si è detto che si trattò di un colloquio informale, che ebbe luogo in maniera più o meno occasionale durante le vacanze del dirigente del Front National sulle spiagge turche… Ma bisognerebbe essere ingenui per credere che uomini politici di questo livello si incontrano per caso…

D’altronde, non è per puro caso che il capo del FN partecipa regolarmente ai ricevimenti organizzati dall’ambasciata iraniana nell’anniversario della Rivoluzione islamica ; o che, in visita in Libano, incontra alcuni deputati di Hezbollah per comunicar loro le sue posizioni sulle questioni del Vicino Oriente.

Tutto ciò si spiega forse con questa dichiarazione, rilasciata al giornale del Front National de la Jeunesse, « Agir pour faire front » : « L’egemonia americana è ostile all’idea nazionale in genere, alle nazioni in particolare. Così i nazionalisti hanno un patrimonio di valori che sono comuni alle civiltà, cristiane o anche musulmane. Questi valori vanno dal patriottismo al rispetto del passato, dall’attaccamento alla terra all’amore per la famiglia e a tutti i valori che ne derivano : solidarietà, carità, onore, devozione, sacrificio ecc. ».

C’è sempre stata, comunque, un’ostilità nei confronti dell’Islam da parte di certi rappresentanti del movimento nazionale francese, soprattutto di quelli che si ricollegano alla frangia nazional-cattolica. Jean Madiran, per esempio, nel suo libro Adieu à Israël, dopo aver espresso la sua ammirazione per « questa nazione valorosa e guerriera », spiega questa fascinazione col fatto che « l’alleanza franco-israeliana sembrava necessaria di fronte alla marea islamica ». Ma questa ostilità restava marginale ed ha occupato la parte centrale della scena solo in seguito, alla svolta del millennio, quando sono apparsi i libri di successo di Alexandre del Valle e di Guillaume Faye e quando il neonato Mouvement National Républicain di Bruno Mégret ha assunto posizioni esplicitamente antimusulmane e ha dato nascita, il 6 novembre 2000, a un Osservatorio nazionale dell’islamizzazione in Francia.

Nel giro di pochi anni, l’islamofobia è diventata una componente fondamentale del discorso di una parte dell’opposizione nazionale.

Nonostante tutto ciò, un’altra parte di questo schieramento politico riserva i suoi attacchi all’immigrazione e all’islamismo, considerato come una perversione dell’Islam. È il caso del Front National, che denuncia l’islamismo e le moschee finanziate dall’estero o con fondi pubblici, ma mai, in nessun caso, l’Islam in quanto tale, né la costruzione di moschee in osservanza delle norme repubblicane. È pure il caso dell’influente Alain Soral, che riassume così il suo pensiero : « L’Islam è una via verso l’integrazione. L’Islam educa l’uomo ai valori. Preferisco vedere gl’immigrati volgersi verso i valori millenari dell’Islam, piuttosto che verso i rapper ». Tale è il caso dell’identitario Pierre Vial, il quale critica coloro che « pretendono di opporsi all’immigrazione africana combattendo l’Islam. Si sbagliano, o volontariamente – per timore di essere demonizzati – o involontariamente – per mancanza di coscienza ideologica » w definisce l’antislamismo come « una semplificazione che ha avuto un grande successo, perché è garanzia di agio intellettuale per gli spiriti sistematici ». Si arriva così alla variante cattolica tradizionalista, la quale, nella sua lotta contro la legalizzazione del « matrimonio » tra individui del medesimo sesso, ha cercato di trovare alleati tra i musulmani e li ha trovati in seno all’associazione Fils de France, fautrice di un Islam francese.

 

 

 

Conseguenze politiche dell’islamofobia

 

Le ragioni dell’islamofobia di una parte del movimento nazionale francese sono numerose.

Vi è, nel caso di alcuni, un’influenza religiosa di tipo cattolico ; in altri, o magari negli stessi individui, un razzismo occultato. Si dice « musulmano », si pensa « immigrato ». Oltre a ciò, vi è incontestabilmente l’impressione di una sommersione migratoria e, per via di un procedimento sommario e scorretto, la designazione di un unico invasore : il musulmano, anche se nella realtà gl’immigrati professano religioni diverse e molti appartengono a confessioni cristiane.

Se a ciò si aggiunge l’influenza esercitata dagli agenti sionisti e dalle opere di Bernard Lewis e di Samuel Huntington, che hanno teorizzato lo scontro delle civiltà, il quadro è completo.

Questa ostilità per l’Islam, che si vorrebbe far adottare a tutto quanto il movimento nazionale francese, pone a quest’ultimo un certo numero di questioni fondamentali. Curiosamente, nessuna analisi è mai stata fatta…

Innanzitutto, l’ostilità nei confronti dell’Islam dovrebbe obbligare a definire l’ostilità verso l’immigrazione. Il movimento nazionale è contrario all’ingresso degl’immigrati perché non sono francesi? Perché non sono di origine europea o perché praticano una determinata religione? Chi si deve accogliere, di preferenza, sul nostro suolo? Ad esempio : chi si deve scegliere tra un Bosniaco, musulmano ma europeo, e un Burundese, cattolico ma africano? E che cosa pensare degl’immigrati indù o buddisti? Da questo punto di vista, organizzare una manifestazione a Calais a nome dell’associazione islamofoba Pegida, come è stato fatto alcuni mesi fa, non ha senso. La « giungla » di questa città, nella quale si concentrano tutti gl’immigrati che cercano di passare in Gran Bretagna è un problema reale e molto grave di immigrazione, non un problema religioso (nella « giungla » c’era anche una cappella per gl’immigrati cristiani).

Parimenti, l’antislamismo dovrebbe costringere a scegliere la soluzione: integrazione o rimpatrio? Se si vogliono integrare certi immigrati, essi devono avere rapidamente gli stessi diritti dei cittadini autoctoni, tra cui il diritto di praticare la loro religione. Se si vuole rimpatriare la totalità o una parte degl’immigrati, allora è auspicabile che si integrino il meno possibile e restino diversi il più possibile ed in quest’ottica praticare la religione rientra nella conservazione della loro specificità. In entrambi i casi, l’opzione antislamica è sia inoperante sia aberrante.

Infine, l’antislamismo è gravido di alleanze contro natura e di posizioni paradossali. In contrapposizione agli imam « omofobi », bisogna difendere lo stile di vita degli omosessuali, come faceva Pym Fortuyn e come fanno molti dirigenti del Front National? Per antislamismo, bisogna opporsi al ritorno alla non promiscuità in certi luoghi (scuole, piscine ecc.), mentre qualche decina d’anni fa si contestava con vigore l’instaurazione della promiscuità? Bisogna difendere l’impudicizia nell’abbigliamento per il fatto che gl’islamisti sono favorevoli al foulard? Bisogna difendere il diritto alla blasfemia a danno di tutte le religioni, ivi compresa quella dei Francesi autoctoni? Bisogna considerare come alleati tutti gli antimusulmani, compresi i sionisti più fanatici e i rappresentanti della mixofilia laica?

 

 

 

Quali proposte?

 

Ci si deve sempre ricordare che non bisogna sbagliare nemico e che bisogna sempre risalire alla radice del male. Ora, in questo inizio di XXI secolo, il male non è l’Islam, ma la società mercantile, il sistema liberale. Allora, dobbiamo difendere i valori di quest’ultimo in nome dell’islamofobia o dobbiamo costituire contro di esso un « fronte della Tradizione » ? Questo è il grande e solo interrogativo nel quale si riassumono tutti gli altri.

Ho sempre pensato che la battaglia dei patrioti e dei nazionalisti dovesse essere una battaglia di neutralità religiosa, di aconfessionalità nazionale, né islamofoba né islamofila. Bisogna che l’Islam abbia in Francia il suo posto, il posto che gli spetta. Né più né meno. A questo proposito, citerò uno che non è della mia parrocchia, ma ha delle basi ideologiche alquanto lontane dalle mie. Si tratta di Michel de Rostolan, fondatore del Cercle Renaissance ed ex consigliere regionale del Front National d’Ile-de-France. Egli afferma saggiamente: « Mi sembra necessario che vengano compiuti tutti gli sforzi necessari per consolidare un Islam alla francese, adatto alla popolazione musulmana di nazionalità francese, guidato da ministri del culto di nazionalità francese ». Si potrebbe continuare dicendo che è necessario che vi siano delle moschee, ma che siano francesi e costruite nel rispetto delle norme francesi.

Per concludere: se c’è una battaglia da combattere, è quella di un’opposizione chiara e risoluta ad ogni immigrazione extraeuropea ed alle sue cause. Torniamo perciò al concetto che ho precisato più sopra : il vero nemico è la società mercantile, il sistema liberale, il Nuovo Ordine Mondiale.

 

 


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