La rete informatica ha azzerato le distanze geografiche, apportando radicali cambiamenti sociali e politici, accelerando il processo di globalizzazione, quasi superandolo. Nuovi rapporti e insolite relazioni continuano a stringersi tra popolazioni e civiltà molto diverse fra loro, unite dalla consapevolezza della necessità di connessione con gli altri.

L’utilizzo della rete, nata e sviluppatasi negli Stati Uniti attraverso un processo dal basso, si è diffuso in tutte le parti del mondo e in tutti i settori della società nella seconda metà degli anni Novanta. È indubbio che proprio gli Stati Uniti abbiano sviluppato una posizione di rilevanza nell’economia di internet, al punto che i siti più influenti e fruttuosi sono targati USA. Inoltre, la diffusione del cloud computing – unitamente all’internet mobile e all’ubiquitous computing – secondo alcuni esperti indurrà il mondo virtuale a dipendere sempre più dalle dinamiche statunitensi. Infine, non è un caso che il web abbia portato tra gli snodi della rete abitudini e usanze della società anglosassone, adattate per consentire una più rapida globalizzazione. Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia.

Internet ha subito un notevole cambiamento rispetto alle sue origini, dovuto in particolare a quattro fattori:

  1. L’aumento del numero degli utenti;
  2. La diffusione di numerose applicazioni diverse tra loro;
  3. Lo sviluppo di tecnologie di accesso più sofisticate;
  4. La definizione di relazioni politiche e commerciali molto più complesse.

La diffusione capillare della rete ha inevitabilmente fatto entrare in scena, accanto ai grandi dell’economia e della politica mondiale, nuovi attori, soprattutto Paesi emergenti, che stanno cercando di imporsi per riuscire a conquistare una fetta del potere telematico e l’ultima edizione della World Conference on International Telecommunications tenutasi a Dubai ha confermato l’ampio dibattito. Uno degli interrogativi principali dell’incontro era a chi dovesse essere affidata la supervisione della rete nel processo di integrazione nell’economia transnazionale.

Gli Stati Uniti, in nome della libertà della rete auspicata per la prima volta in un discorso di Hillary Clinton risalente al 2010 o da alcuni giganti del web come Google e Facebook, hanno abbandonato le contrattazioni rinviando l’accordo. Paradossalmente, la rete con la gestione dei dati personali o con il controllo del flusso di comunicazioni non pare essere, poi, così libera.

Il dibattito sul ruolo dell’ITU e sul raggiungimento di un accordo globale, che prevede, tra le altre cose, la gestione dei flussi e il rispetto della riservatezza, è rimasto in sospeso a causa delle posizioni di nuove potenze che fanno appello a un internet a portata di tutti, in nome di una maggiore regolamentazione per gli Stati Uniti e al contempo, di una minore pressione legislativa in ambito europeo, come auspicato da Franco Bernabè  in un’intervista al “Financial Times”.

Il fallimento dell’incontro di Dubai ha favorito una serie di consultazioni che avverranno nel corso del 2013, e che porranno sempre più sotto i riflettori il ruolo degli Stati Uniti e la loro relazione con altre nazioni, nel controllo della rete, e delle nuove dinamiche di politica estera.

Secondo alcuni analisti, la varietà di temi legata a internet non rende possibile una gestione unificata; pertanto sarebbe auspicabile un sistema multi istituzionale, in cui ogni problema da affrontare sarà gestito dall’istituzione più adatta, che dovrebbe nascere dalla cooperazione tra Stati, permettendo una partecipazione in rete attiva anche ad altri governi, oltre a quello statunitense. Nella situazione attuale invece, alcuni Paesi hanno la sensazione che ci sia una tendenza americanocentrica nella gestione delle controversie virtuali, data la predominanza dell’ICANN – l’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, insieme con altre organizzazioni di controllo e gestione promosse dalle amministrazioni politiche a stelle e strisce che si sono seguite negli ultimi quindici anni.

Storici come Fernand Braudel hanno sostenuto con convinzione che la tecnologia incarna la società, così come quest’ultima determina l’innovazione tecnologica (1). Nel caso della rete delle reti, la società, oltre a determinare la globalizzazione, essa dovrà necessariamente ridisegnare i rapporti e le dinamiche sociali, economiche e politiche che dall’innovazione tecnologica scaturiscono. Il confronto fra gli Stati Uniti e il resto del mondo, quindi, è inevitabile.

 

 
1. Manuel Castells, La nascita della società in rete, Ube Paperback – Egea, Milano, 2008.
 

 

 

Bibliografia

Manuel Castells, La nascita della società in rete, Ube Paperback – Egea, Milano, 2008.

Edoardo Narduzzi, American Internet. Perché la new economy è nata e come trasformerà politica e società, Rubettino, Soveria Mannelli (CZ), 2002.

Guerra, pace e globalizzazione: http://www.dotduepuntozero.org/attachments/508_Guerra,%20Pace%20e%20Globalizzazione%20-%20Damiano%20Mazzotti.pdf

Internet, copyright, hi-tech: La nuova geopolitica mondiale: http://www.valigiablu.it/internet-copyright-hi-tech-la-nuova-geopolitica-mondiale/

Verso una nuova governance globale di Internet:

http://www.telecomitalia.com/content/dam/telecomitalia/it/archivio/documenti/Innovazione/NotiziarioTecnico/2012/n1-2013/NT1-8-2013.pdf

 

 


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