Marco Costa, SOVIET E SOBORNOST. Correnti spirituali nella Russia sovietica e postsovietica
Edizioni all’insegna del Veltro, 2011.
Pagine 94, € 10,00

Davide D’Amario: Perché un saggio sui rapporti tra bolscevismo e rivoluzione?

Marco Costa: Essenzialmente per confutare, o meglio arricchire, la complessità di un rapporto articolato, che nelle diverse fasi della storia sovietica non è stato per nulla univoco e lineare, contrariamente alla superficialità storiografica con cui il termine bolscevismo è solitamente bollato come fenomeno banalmente ateista ed anticlericale tout court.
E’ interessante vedere che il bolscevismo, che definisco come vero e proprio fenomeno “revisionista” del marxismo, proponga già a partire da Lenin e dal suo nucleo originario uno spettro di considerazioni che vanno ben al di là del semplificazionismo ateista.

Davide D’Amario: Kunacarskij, Gorkij, Bogdanov e “Costruttori di Dio”. Può spiegarne il mistero?

Marco Costa: Nessun mistero, piuttosto attenzione alle varie correnti di derivazione gnostico-spiritualista di cui anche vari esponenti del bolscevismo si nutrirono, come peraltro diversi movimenti rivoluzionari russi di fine epoca zarista in qualche modo si collocarono secondo una visione di “nuovo messianesimo”. In particolare Il rappresentante più insigne dell’esperienza dei cosiddetti “costruttori di Dio” è Anatolij Vasil’evic Lunacarskij, primo commissario del popolo alla Pubblica istruzione dopo l’ottobre del ‘17, propugnatore di una “religione senza dio”, nella quale questo venga plasmato dall’uomo stesso e il socialismo scientifico è “la quinta delle grandi religioni nate dall’ebraismo”.

Nella sua concezione, la religione è “l’insieme di quei sentimenti e di quelle idee che rendono l’uomo partecipe della vita dell’umanità e ne fanno un anello della catena tesa verso la vetta del superuomo, verso un’esistenza magnifica e potente, verso un organismo perfetto in cui vita e ragione celebrano la loro vittoria sugli elementi naturali. Per definire la posizione del socialismo rispetto agli altri sistemi religiosi, esso è la più religiosa di tutte le religioni e il vero socialista è un uomo profondamente religioso, l’uomo della religione del lavoro”. Di questo curioso movimento faceva anche parte Aleksandr Bogdanov, considerato da Lenin “il cervello numero uno” del partito bolscevico, che rappresentò effettivamente l’anello di congiunzione tra la tradizione del nascente cosmismo russo e il bolscevismo. Fondò assieme ad altri membri del partito il giornale “Vperod” (avanti), membri che ricopriranno incarichi importanti nel futuro rosso della Russia e che saranno impegnati, invece che nella costruzione di Dio, del regime comunista.

Bogdanov fu probabilmente il più entusiasta sostenitore della figura di Satana come “dio del proletariato”, profondamente convinto che il bolscevismo, una volta compiuta la Grande Rivoluzione, avrebbe sconfitto la morte. Scrisse numerosi romanzi fantascientifici, dei quali il più famoso è La stella rossa, in cui si narra la realizzazione del comunismo su Marte. La scelta di questo pianeta, oltre ad evidenti richiami cromatici al rosso del partito comunista, è vista da cabalisti e gnostici come significativa perché l’angelo di questo astro è Semele, spesso accostato a Satana. Gli abitanti di Marte assumono forme semi-demoniache, dall’aspetto ectoplasmatico e terrificante. Bogdanov descrisse questi esseri con una minuzia tale da far pensare a molti interpreti che fosse vittima di allucinazioni. Il sogno di una società egualitaria e onnipotente lo condusse all’idea secondo la quale il sangue di tutta l’umanità è un bene comune e deve essere ripartito tra tutti in dosi uguali. In questo gli umani avrebbero dovuto emulare i marziani, che immettendo il sangue nelle vene degli uni e degli altri riuscivano a vivere eternamente. Fondò a Mosca un Istituto per le trasfusioni del sangue con l’obiettivo di un’immortalità universale. Le continue trasfusioni lo portarono alla morte nel 1927. Quello de La stella rossa non è tuttavia l’unico esempio di collegamento visionario fra astri e rivoluzione. Aleksandr Cizevsky, scienziato e artista, amico del padre della cosmonautica Konstantin Ciolkovskij, aveva ipotizzato che ogni aspetto dell’attività biologica terrestre fosse influenzato in modo determinante dall’attività delle macchie solari e delle radiazioni cosmiche. In un simile scenario, dunque, non appare strano sentir affermare da un esimio bolscevico quale era Trotsky, seppur in modo ironico, che la nascita del Marxismo e i moti del 1948 erano legati alla scoperta di Nettuno (pianeta associato all’emergere degli ideali dall’inconscio) nell’orbita di Nettuno (considerato pianeta delle rivoluzioni).

Tali aspetti per così dire aneddotici, caratterizzarono significativamente la storia sovietica negli anni seguenti, basti pensare alla particolare attenzione che lo Stato riserverà alla scienza stellare ed alla cosmonautica, con le conquiste che ancora oggi tutti ricordano.

Davide D’Amario: Ateismo, morale e religione. Come venivano tradotti nell’azione del partito di Lenin?

Marco Costa: La posizione del marxismo sulla religione vennero approfondite da Lenin a cominciare dal saggio intitolato Socialismo e religione, pubblicato nel 1905 sul giornale Novaia Gizn.

La religione, intesa come “professione di fede”, viene vista come una forma di “oppressione spirituale” mediante la quale una classe borghese, predicando l’umiltà e la rassegnazione nel lavoro in cambio di una ricompensa celeste, sfrutta le fasce più deboli della popolazione. Lenin sottolinea il carattere “reazionario” che le religioni hanno sempre avuto nella storia e il ruolo consolatorio della ingiustizie della vita terrena. Di contro alle classi capitalistiche veniva insegnata la carità “offrendo così una facile giustificazione alla loro esistenza di sfruttatori”.

Il compito del proletariato doveva pertanto essere quello di dichiarare la fede un libera scelta della propria coscienza. Lo Stato doveva essere completamente separato dalla Chiesa e a quest’ultima non doveva essere concessa nessuna sovvenzione statale e nessun privilegio.

Ogni individuo poteva scegliere di seguire qualsiasi religione o di essere ateo, senza veder discriminati i propri diritti. Lenin riteneva di poter garantire una giustizia reale per tutti i cittadini imponendo l’uguaglianza sul terreno giuridico tra credenti ed atei, ma non si accorse che le differenze esistenti avrebbero causato delle forti discriminazioni sociali.

Il partito, a differenza dello Stato, avrebbe contribuito a vincere i vecchi pregiudizi della religione attuando una propaganda materialistica e scientifica che comprendesse necessariamente anche l’ateismo. In pratica Lenin voleva un partito capace di contrastare la religione non solo in campo pratico, ma anche ideologico e culturale, sempre evitando l’anticlericalismo. Sebbene l’ateismo fosse parte integrante della filosofia marxista, esso non fu dichiarato mai nel programma del partito bolscevico poiché l’ideologia spirituale veniva considerata un elemento di secondaria importanza rispetto alla lotta all’oppressione economica. Lenin tornò sull’argomento in un articolo del 1909 intitolato L’atteggiamento del partito operaio verso la religione, nel quale spiegò come tutte le organizzazioni religiose moderne dovessero essere trattate con indifferenza per ottenere dei vantaggi sul terreno politico. Qualsiasi concezione religiosa, per il marxismo, non doveva rischiare di divenire più importante della lotta di classe ma nemmeno esserne esclusa.

La sua funzione andava spiegata in rapporto ai problemi economici e sociali. Per recidere le radici profonde della fede, Lenin non riteneva necessaria la diffusione dell’ateismo quanto piuttosto il coinvolgimento del popolo nella questione della lotta di classe. Il non aver reso obbligatoria, nel programma di partito, l’adesione all’ateismo per i suoi militanti, generò diverse contraddizioni.

In pratica la libertà di culto, come quella di opinione, era concessa a condizione che il credente rinunciasse alla propaganda pubblica delle proprie convinzioni e restasse fedele alla linea politica del partito. Lenin chiarì la necessità dei socialdemocratici di mantenere un atteggiamento moderato nei confronti della religione per non cadere nelle dure contrapposizioni anticlericali che si erano già avute in Europa, sopratutto con i blanquisti e con Dühring, e per evitare che il socialismo corresse il rischio di essere subordinato alle questioni ecclesiastiche, distogliendo le masse dalla lotta politica.

Quando i bolscevichi andarono al potere in Russia, Lenin si preoccupò di chiarire la necessità del rispetto dei sentimenti religiosi per non causare il diffondersi del fanatismo. D’altro canto però volle chiarire che i giudizi sulla religione dovessero restare nella sfera privata di un individuo per non rischiare di trasformarsi in motivi di scontro politico. Il socialismo doveva rimanere un fenomeno integralmente laico. Lenin precisò: “l’idea di Dio non ha mai legato l’individuo alla società, ma, al contrario, essa ha sempre legato le classi oppresse con la fede nella divinità degli oppressori” ribadendo così il concetto che la lotta per l’emancipazione sociale sarebbe stata scatenata dallo sfruttamento economico e avrebbe unito credenti e non.

Perciò i marxisti dovevano raccogliere adesioni anche tra i fedeli e renderli consapevoli di come le organizzazioni religiose tradizionali avessero da sempre legittimato, a volte inconsapevolmente, l’oppressione materiale dei popoli.

Per Lenin il movimento comunista, pur se generalmente ateo, doveva possedere comunque una sua moralità concreta non astratta con la quale i proletari potessero rapportarsi nelle diverse situazioni. Egli, nel 1922, mitigando il suo approccio ideologico verso la religione, sottolineò per l’ultima volta l’importanza in un regime socialista di tenere conto della militanza religiosa e della presenza in essa dei “materialisti”. Riassumendo, potremmo dire che il leninismo sul piano civile si adoperò per la completa separazione tra Stato e Chiesa ortodossa, mentre sul piano strettamente ideologico confidava di redimere completamente, in favore della causa socialista, la coscienza della religiosità sincera del popolo russo. Stalin. Patriota e filo-ortodosso… Una forzatura o una scelta di comodo?

Nel 1940 Stalin, per motivare il popolo russo a battersi con tutte le forze contro l’invasore nazista, non fece leva esclusivamente sui valori del comunismo, ma su quelli della storia secolare della Santa Madre Rus’, chiamando a combattere per i destini millenari di una tradizione che allora come non mai veniva minacciata dall’esterno; in questo frangente il primo interlocutore fu per lui la Chiesa ortodossa. Nell’intuizione staliniana, il popolo non avrebbe combattuto esclusivamente per l’edificazione del socialismo, ma lo avrebbe fatto anzitutto per difendere la patria in pericolo.

La Chiesa ortodossa, capace di mobilitare un numero altissimo di cittadini, venne ‘resuscitata’ da Stalin per convogliarne le rinnovate energie contro la follia hitleriana.

Così, nel 1943 fu permessa ed anzi sostenuta l’elezione di un nuovo Patriarca, il metropolita di Leningrado Aleksij, e venne rimessa in moto l’intera vita della Chiesa ortodossa, che tornò al suo livello pre-rivoluzionario. “Il prezzo che la Chiesa dovette pagare per la tolleranza relativa di cui beneficiò prima dell’era Chruščëv”, come spiegò tra gli altri Dimitrij Pospelovskij, “fu il suo sostegno totale alla politica estera sovietica attraverso (la condanna de)gli Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali”.

Sicuramente i fattori furono concomitanti ed in qualche misura speculari: da un lato la saggezza realistica di disinnescare ogni possibile contropotere intestino alla società sovietica nella sua fase di maggior pericolo; dall’altro una conversione alle ragioni profonde, identitarie e tradizionali che Stalin volle mobilitare nella costruzione di un rapporto ormai stabile con le gerarchie ortodosse; non dimentichiamo che se si sviscerano i testi filosofici del giovane Stalin, lo sdoganamento del patriottismo è l’estremo compimento di una coerenza anzitutto analitica, che si pone quale esperimento rispetto al marxismo più strettamente economicista degli albori come forma di marxismo dai “caratteri russi”.

Come non ricordare le pagine di Principi del Leninismo, dove Josif Stalin definisce il leninismo “il marxismo dell’epoca dell’Imperialismo e della Rivoluzione proletaria”. Tocca infatti al fondatore dell’Unione Sovietica, già negli scritti antecedenti la prima Guerra Mondiale, tracciare e teorizzare la teoria comunista nell’epoca delle lotte anticoloniali e antimperialiste, ponendo in primo piano la cosiddetta questione nazionale. In questo senso questione nazionale e questione religiosa si pongono non esclusivamente come cedimenti dello stalinismo ma estremo compimento dei suoi presupposti ideologici.

Davide D’Amario: Nella fase post-stalinista e poi post-sovietica come si colloca la religione?

Marco Costa: In epoca poststaliniana, Kruscev prima e Breznev in seguito allentarono nuovamente i rapporti con la Chiesa Ortodossa, barcamenandosi tra diffidenze e tolleranza reciproca; quello che ho trovato più interessante, è stato vedere come paradossalmente sia stato nella fase tardo e post sovietica il vero rifiorire di tutte le istanze ortodosse e “tradizionaliste” nel mondo comunista russo. Solo qualche breve episodio.

Al di là delle posizioni strettamente ideologiche programmatiche sostenute dal Kprf, peraltro non affatto riconducibili esclusivamente alla questione nazional-patriottica, credo che diversi episodi corroborino la tesi secondo cui l’attuale dirigenza comunista russa erede diretta del vecchio Pcus abbia intessuto un robusto legame con l’impostazione dello stalinismo rispetto alla questione religiosa; viene anzitutto alla mente la polemica di oltre un paio di anni fa – certamente provocatoria e per molti versi paradigmatica – della richiesta ufficiale redatta dalla direzione del Kprf ed indirizzata alle massime autorità ortodosse finalizzata all’ottenimento della santificazione di Josif Stalin. “Ci rivolgeremo alla Chiesa con la richiesta di canonizzare colui che riunì le terre russe, che sconfisse i nemici della patria, che creò il grande minimo sociale, che fu l’eroe e il padre dei popoli”, sostenne il dirigente comunista Malinkovich. Che poi minacciò: “Se la Chiesa si rifiutasse, allora al suo interno comparirà, non senza la partecipazione delle forze patriottiche, una tendenza di rinnovamento, una chiesa ortodossa popolare orientata in modo sociale, intollerante nei confronti dell’opulenza e dell’ostentata religiosità dei burocrati.

Sarà questa chiesa rinnovata a canonizzare il grande Stalin, primo passo dell’unione del movimento di liberazione nazionale e dell’ortodossia popolare. Alla fine del XXI secolo le icone con l’immagine del Santo Josif Stalin compariranno in ogni casa ortodossa”. Non solamente una provocazione finalizzata alla notorietà, ma più attentamente la rivendicazione e il tentativo di riappropriazione della figura del Vozd anche in chiave patriottico religiosa, anche e soprattutto alla luce del fatto che per quasi due settimane Stalin rimase in testa alla classifica del progetto tv “Il nome della Russia”, il sondaggio popolare Internet che si sarebbe concluso a Natale dello stesso anno con la proclamazione del personaggio storico russo più rappresentativo, che proprio sulla figura di Stalin vide il maggior gradimento dei russi, ma successivamente a temporanei oscuramenti del sondaggio. “Nessuna manipolazione del signor Ljubimov (il direttore del sondaggio) può nascondere la sacrosanta verità – ha scritto Malinkovich – Stalin è il nome più popolare della Russia.

E, di fronte alla manifesta dichiarazione di inopportunità della richiesta arrivata dal Patriarcato, la risposta dei comunisti di Pietroburgo fu alquanto emblematica: “La posizione del Patriarcato è dettata dalla pressione delle autorità laiche, non riflette l’opinione di tutto il clero, soprattutto dei pope della grande maggioranza delle piccole città russe e della campagna”. Come dimenticare, del resto, il telegramma che la Chiesa ortodossa inviò a Stalin il 21 dicembre del 1949, in cui, tra le altre solenni manifestazioni di giubilo popolare, così il clero ortodosso ricordò di salutare la figura del Vozd: “Caro Josif Vissarionovich, nel giorno del suo 70esimo compleanno, le esprimiamo la nostra profonda riconoscenza. preghiamo per il rafforzamento del Suo vigore e benedicendo il Suo eroismo ce ne ispiriamo noi stessi”.

Altro episodio assai rappresentativo della sensibilità del Kprf rispetto all’ortodossia, venne manifestata dallo stesso Zjuganov all’indomani della scomparsa dell’ex presidente Boris Eltsin, reo di avere usurpato fraudolentemente la possibile vittoria dello stesso leader comunista nelle elezioni presidenziali del 1996; nonostante il clima di ovvia ed accanita ostilità da parte dei deputati della frazione del Kprf, i quali si rifiutarono di alzarsi dai propri posti oltre che di onorare la memoria di Eltsin e di partecipare alle cerimonie d’addio, da parte sua il leader dei comunisti russi, Ghennadij Ziuganov, si rifiutò di commentare la morte del suo rivale.

Ancora, nel corso della manifestazione organizzata dai comunisti russi per la memoria dei difensori della Costituzione sovietica – momento di solenne commemorazione delle centinaia di moscoviti che si sacrificarono per difendere il parlamento dal colpo di stato elstiniano del 4 ottobre del 1993 – al comizio rituale di Zjuganov nel quale si ricordava l’illegittimità dell’assalto condotto da Eltsin al palazzo del soviet supremo moscovita, fece seguito la celebrazione di una messa funebre ortodossa in ricordo delle vittime dell’assalto, in cui il pope così si espresse nella sua orazione: “Noi siamo venuti qui per dire a loro grazie. Grazie, ai loro genitori, ai loro cari perché li hanno educati ad essere dei veri cittadini del grande Stato sovietico. Quel Stato Sovietico che è stato sbranato e oggi, il suo corpo continua a far nutrire fede e speranza in tutti noi. Sono sicuro che noi ripristineremo il paese sovietico”.

L’elenco dei passaggi delle memorie dei comunisti che ambiscono a fondere spiritualità e patriottismo sarebbe ancora incredibilmente lungo nel percorso del Kprf e della galassia comunista post-sovietica.

Fonte: Rinascita, 15 settembre 2011


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