La triplice intesa anglosassone

Il 15 settembre 2021 il primo ministro australiano Scott Morrison, il primo ministro britannico Boris Johnson e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden hanno annunciato congiuntamente la firma di un patto di sicurezza trilaterale denominato mediante l’acronimo inglese AUKUS, in base al quale Stati Uniti e Regno Unito si impegnano ad aiutare l’Australia a sviluppare e dispiegare sottomarini a propulsione nucleare nella regione del Pacifico, al fine di contrastare l’influenza cinese.

La “triplice intesa” anglosassone costituisce un passo ulteriore nel quadro di una più ampia strategia statunitense finalizzata all’accerchiamento dell’Eurasia. Tale strategia, che si prefigge di impedire alla potenza cinese il controllo delle zone costiere del continente eurasiatico, affonda le sue radici nella dottrina geopolitica di Nicholas John Spykman (1893-1943), il “padrino dell’arginamento” (godfather of containment) dell’Unione Sovietica, il quale riformulò il pensiero di Halford John Mackinder (1861-1947) ponendo in rilievo l’importanza della fascia costiera (Rimland) dell’Eurasia rispetto al “cuore” (Heartland) del continente.

Applicando alle circostanze attuali la dottrina di Spykman, gli strateghi statunitensi mirano ad arginare la potenza cinese rinchiudendola entro i due sistemi di alleanze su cui Washington può contare in Asia: l’AUKUS e il QUAD. Se dell’AUKUS si è detto più sopra, il QUAD (Quadrilateral Security Dialogue), nato nel 2007 per iniziativa del primo ministro giapponese Shinzo Abe e rilanciato da Donald Trump nel 2017, raggruppa Stati Uniti, Giappone, Australia e India.

Ora l’intenzione degli Stati Uniti è quella di arrivare alla costruzione di una sorta di NATO asiatica che, dispiegando le sue forze nel Pacifico e nell’Oceano Indiano, costituisca un argine contro la Repubblica Popolare Cinese: ad est, a sud-est e a sud.

Il 12 marzo 2021 il presidente Joe Biden ha aperto una riunione al vertice coi primi ministri giapponese, australiano e indiano, nel corso della quale sono stati presi in considerazione diversi progetti capaci di rappresentare un’alternativa alla “Nuova Via della Seta”.

In seguito, alla fine di agosto, India ed Australia hanno effettuato operazioni congiunte con USA e Giappone al largo di Guam, l’isola delle Marianne che ospita basi statunitensi aeree e navali. Poi, ai primi di settembre, al largo del porto di Darwin, nell’Australia settentrionale, si è svolta l’operazione congiunta indo-australiana denominata AUSINDEX 21. Contemporaneamente i ministri della Difesa e degli Esteri di Delhi e di Canberra aprivano i lavori del loro primo dialogo strategico. “Nei fatti – ha commentato “Analisi Difesa” – si tratta dell’approccio usato dagli USA per contrastare l’ascesa cinese nella regione”[1].

L’effetto immediato del patto concluso poco dopo dall’Australia con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna è stato la cancellazione dell’accordo (90 miliardi di dollari australiani) precedentemente stipulato con la ditta francese Naval Group (ex DCNS) per la fornitura di dodici sottomarini nucleari. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha definito “brutale, unilaterale e imprevedibile” la decisione di Biden ed ha parlato di “pugnalata alla schiena”. Per avere un quadro completo della situazione, però, occorre ricordare che “la diplomazia francese, integrando nel 2018 la dottrina americana dell’Indo-Pacifico, si è allineata alle priorità degli anglosassoni senza le riserve necessarie per difendere la propria indipendenza strategica. Essa non ha ottenuto alcuna garanzia preliminare sulla sua partecipazione alle decisioni, e adesso si vede estromessa dal triumvirato Stati Uniti-Australia-Regno Unito. Eppure nell’aprile 2021 la Francia aveva partecipato a manovre navali nel Golfo del Bengala (Oceano Indiano) coi paesi del QUAD: Stati Uniti, Giappone, India e Australia, e nel maggio 2021 nel Pacifico con Stati Uniti, Australia e Giappone, suscitando le critiche della Cina che aveva denunciato la nascita di una ‘NATO indo-pacifica’ secondo una logica da Guerra Fredda”[2].

Una “Difesa” complementare alla NATO

Il 22 ottobre, cercando di normalizzare le relazioni tra Francia e Stati Uniti, Biden e Macron si sono intrattenuti in una conversazione telefonica, nel corso della quale, secondo un comunicato del governo statunitense riferito da “Le Monde”, “hanno discusso degli sforzi necessari per rafforzare la difesa europea garantendone la complementarità con la NATO”[3].

Un mese dopo, nel corso del colloquio con Emmanuel Macron avvenuto a Roma alla vigilia dell’apertura del G20, il presidente nordamericano ha ricucito lo strappo con la Francia riconoscendo che gli USA hanno agito in maniera “maldestra” (clumsy) e poco elegante. Quindi Biden si è richiamato all’“identico sistema di valori” dei due Paesi e ha dichiarato che “nessun alleato è più antico e leale della Francia”. Parole, queste, che agli orecchi di Macron saranno suonate come un’evocazione di quel suo connazionale che fu Major general nell’Esercito Continentale di George Washington: il Marchese di La Fayette, al quale il Congresso conferì vent’anni fa la cittadinanza onoraria degli Stati Uniti (benché già in vita fosse diventato cittadino naturalizzato americano). Mancava solo che Biden ripetesse il grido lanciato dal generale John J. Pershing il 4 luglio 1917, in seguito al primo sbarco dei liberators in Europa: “La Fayette, nous voila!”.

Via libera, dunque, alla “difesa europea” invocata dal presidente francese; ma, come recita anche il comunicato ufficiale di Palazzo Chigi, “in un rapporto di complementarità”[4] con l’alleanza “transatlantica”. Difatti lo stesso Macron, soffermandosi sulla nuova collaborazione tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea, ha rilevato la necessità di “rafforzare il coordinamento, la collaborazione strategica tra Unione Europea e NATO”[5]. D’altronde già ai primi di ottobre il segretario di Stato americano Tony Blinken aveva spiegato a Macron che gli Stati Uniti sono “certamente favorevoli alla difesa europea e alle iniziative di sicurezza”, ma intesa come “un complemento alla Nato”, tema su cui l’impegno di Joe Biden è “di ferro”[6].

Biden ha rinsaldato le relazioni con Bruxelles anche grazie ad un accordo che prevede l’allentamento dei dazi statunitensi sull’importazione dell’alluminio e dell’acciaio, nonché la sospensione dei controdazi adottati dall’Unione Europea per varie merci provenienti dagli Stati Uniti. Secondo una dichiarazione di Mario Draghi, tale accordo “conferma l’ulteriore rafforzamento in atto delle già strette relazioni transatlantiche[7] – un aggettivo, quest’ultimo, che è stato usato da Biden e dai suoi interlocutori europei in luogo del vecchio aggettivo atlantico, verosimilmente per enfatizzare e ribadire il concetto di una “alleanza” che unisce coi suoi vincoli le due sponde dell’oceano eponimo. “Gli USA e la UE stanno inaugurando insieme una nuova era di cooperazione transatlantica di cui beneficeranno tutti i nostri cittadini, sia ora sia in futuro”[8]. Così ha detto Biden in una conferenza stampa con Ursula von der Leyen; la quale, chiamandolo confidenzialmente “dear Joe”, gli ha fatto eco con queste parole: “Dall’inizio dell’anno abbiamo ripristinato la fiducia e la comunicazione; questa è un’altra iniziativa chiave per la nostra rinnovata agenda transatlantica con gli USA”[9]. D’altra parte, sul tema specifico della “difesa europea” la presidente della Commissione europea si era già espressa il 5 ottobre a Brdo, in Slovenia, definendo la NATO “un ombrello di sicurezza fondamentale per il Vecchio continente”[10].

Il leit-motiv della solidarietà transatlantica e della complementarità della difesa europea con la NATO è stato ribadito da Josep Borrell. Illustrando la bozza di una “Bussola strategica” che – significativamente denominata nella lingua dell’Anglosfera Strategic Compass – intende definire la rotta per il futuro dell’Unione Europea in campo militare e non solo, l’Alto Rappresentante degli Affari Esteri dell’UE ha detto che “l’Europa è in pericolo” e che occorre rispondere alle “nuove sfide e minacce”, come quelle “al confine con la Bielorussia”[11]. Secondo l’Alto Rappresentante, la difesa di quei “valori universali” che – a suo dire – coinciderebbero coi “nostri valori liberali” richiede una “responsabilità strategica europea”; e questa, ha proseguito rassicurando gli alleati egemoni, non solo “non contraddice in alcun modo l’impegno europeo nei confronti della NATO, che resta al cuore della nostra difesa territoriale”, ma anzi sarà “il modo migliore per rafforzare la solidarietà transatlantica”[12].

A quanto pare, l’ago magnetico della “bussola strategica” prodotta dalla UE continua ad indicare l’Occidente.

Il primato dell’Italia

Nel quadro della riorganizzazione del potere occidentale, la funzione subimperialistica che Washington ha assegnata all’Italia commissariata dall’ex socio della Goldman & Sachs è molteplice. Per quanto riguarda la Libia, alla Conferenza Internazionale tenuta a Parigi il 12 novembre 2021 il progetto occidentale è emerso chiaro: l’Italia dovrà essere il motore di un’opera di stabilizzazione, da condividere innanzitutto con la Francia. L’obiettivo di carattere strategico che Italia e Francia devono perseguire in Libia è l’estromissione della Russia e della Turchia: “per Washington come per Roma (e Bruxelles dunque) è cruciale che sia le unità turche schierate in Tripolitania, sia quelle del Wagner Group russo e gli altri contractor africani posizionati in Cirenaica, lascino il paese”[13]; un punto, questo, su cui “il presidente italiano trova completo allineamento con la vicepresidente statunitense, Kamala Harris”[14]. D’altronde, per quanto concerne le elezioni che dovranno aver luogo in Libia, “sia l’Italia che gli Stati Uniti credono che un presidente e un esecutivo passati dalle urne possano avere più influenza, e soprattutto possano ricevere maggiore supporto politico-diplomatico da Roma e Washington. La linea italiana, ed europea, e quella americana sono completamente sovrapponibili”[15].

Ma il compito che Draghi e Macron si preparano a svolgere non si esaurisce nella riconduzione della Libia entro l’orbita occidentale. Secondo il professor Giulio Sapelli, accreditato portavoce di ambienti atlantisti, “Draghi è oggi chiamato a svolgere un altro ruolo. Un ruolo per lui inconsueto, ma altrettanto importante: arginare le relazioni tra Germania e Cina creando in Europa un antimurale [sic] filo-atlantico costruendo (…) un legame ancora più stretto di quanto già non sia tra Italia e Francia”[16]. Dopo l’offesa maldestra arrecata alla Francia dalla triplice intesa anglosassone, l’Italia è stata chiamata a svolgere un ruolo di pontiere “transatlantico” tra Parigi e Washington. “Se questo nuovo assetto internazionale – commenta Sapelli – avrà come suo tassello fondamentale l’ascesa al Quirinale dello stesso Draghi, la nuova configurazione delle relazioni di potenza europee e di queste ultime con gli USA avrà una sistemazione idonea per affrontare le sfide della lotta contro l’egemonia cinese che attendono il pianeta”.

Che l’Italia sia candidata a diventare, soprattutto sul piano militare, il paese fiduciario di Washington in Europa, lo ha affermato Loren Thompson sull’autorevole bisettimanale statunitense “Forbes”[17], adducendo diversi motivi a sostegno di questa tesi. Secondo il direttore operativo del Lexington Institute, nello scenario europeo l’Italia è una pedina preziosissima, non solo perché oggi essa spicca più che mai per il suo impegno nei confronti dell’Occidente e della democrazia[18], ma anche e soprattutto perché la sua posizione geografica corrisponde meravigliosamente alle esigenze strategiche dell’Alleanza Atlantica: sia per la posizione centrale occupata nel Mediterraneo dalla base di Sigonella, sia perché nell’Italia settentrionale, dove tra l’altro sono immagazzinate armi nucleari tattiche della NATO, stazionano gli F-35 che possono rapidamente dirigersi verso il confine bielorusso[19]. In particolare, il gabinetto presieduto dall’ex socio della Goldman & Sachs ha ulteriormente consolidato il sostegno italiano alla politica statunitense nel mondo, in quanto, facendo marcia indietro rispetto al governo precedente, ha preso le distanze da Pechino e si è mostrato interessato ad essere più coinvolto nell’allineamento quadrilaterale di America, Australia, India e Giappone, istituito per contrastare le ambizioni cinesi in Asia[20]. Anche “il settore militare italiano sta facendo gl’investimenti giusti”[21], poiché, “come la Polonia, (…) sta sfruttando il suo limitato bilancio militare per acquistare armi avanzate degli Stati Uniti”[22]. Insomma, conclude l’articolista di “Forbes”, oggi “è più facile apprezzare il curriculum dell’Italia come nazione prodemocratica e filoamericana”[23], sicché le élites politiche di Washington nutrono una totale fiducia in quelle di Roma.


NOTE

[1] “Analisidifesa”, 12 settembre 2021.

[2] Pierre-Emmanuel Thomann, AUKUS, un triumvirat anglo-saxon dans l’Indo-Pacifique pour conserver l’hégémonie mondiale: quelle riposte géopolitique pour la France? Non-alignement et Pivot vers la Russie, “Eurocontinent”, 29/09/2021.

[3] Relations franco-américaines: Emmanuel Macron et Joe Biden se sont entretenus par téléphone, lemonde.fr, 23 ottobre 2021.

[4] G20, il Presidente Draghi incontra il Presidente degli Stati Uniti d’America Biden, governo.it, 29 ottobre 2021.

[5] Riccardo Sorrentino, Biden tende la mano a Macron: “maldestri” sui sottomarini, ilsole24ore.com, 30 ottobre 2021.

[6] Stefano Pioppi, Tra Nato e Difesa europea, così l’Italia può essere protagonista, formiche.net, 6 ottobre 2021.

[7] Draghi: Grande soddisfazione per accordo Ue-Usa su dazi acciaio e alluminio, governo.it, 31 ottobre 2021.

[8] Biden, Usa e Ue combatteranno insieme sfide 21esimo secolo, swissinfo.ch, 31 ottobre 2021.

[9] Claudio Salvalaggio/ANSA, Pace sui dazi con l’Ue. Biden: “Nuova era transatlantica”, voce.co.ve, 1° novembre 2021.

[10] Von der Leyen rilancia l’idea di una forza militare europea: «Complementare alla Nato», it.geosnews.com, 6 ottobre 2021.

[11] www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2021/11/10

[12] Josep Borrell, Una Bussola Strategica per l’Europa, 12 novembre 2021, www.project-syndicate.org

[13] Emanuele Rossi e Massimiliano Boccolini, Libia, Draghi porta la strategia italiana alla conferenza di Parigi, formiche.net 12-11-2021.

[14] Ibidem.

[15] Ibidem.

[16] Sapelli: ecco la missione anti-Cina e Germania affidata dagli Usa a Draghi, ilsussidiario.net, 23-10-2021.

[17] Loren Thompson, Italy Is Becoming More Important To U.S. Security. Here Are Five Reasons Why, www.forbes.com, 15-11-2021.

[18] “Italy stands out as a nation that is reliably committed to the Western alliance and to democracy” (Ibidem).

[19] “Italy’s geographical circumstances are ideal for shaping security conditions in the Mediterranean Sea—the most important body of water in Western history. The naval air station at Sigonella in Sicily, where long-range surveillance aircraft are deployed, is almost exactly equidistant from Beirut and Gibraltar at opposite ends of the sea. It is also a short hop by air to the most troubled countries in North Africa, most notably Libya. In the north, the country’s territory extends so far into central and eastern Europe that Italian F-35s stationed there are within unrefueled range of Poland’s border with Belarus. NATO stores tactical nuclear weapons at two bases in the north, comprising a powerful component of the alliance’s deterrent to Russian aggression” (Ibidem).

[20] “In recent months, the government of Prime Minister Mario Draghi has exhibited an interest in becoming more involved in the quadrilateral alignment of America, Australia, India and Japan established to counter Chinese ambitions in Asia. Draghi’s predecessor had a brief dalliance with China’s Belt and Road initiative, but Draghi has since distanced Italy from Beijing and shown great interest in developing closer ties to New Delhi—underscoring his country’s preference for democratic partners” (Ibidem).

[21] “Italy’s military is making the right investments” (Ibidem).

[22] “Like Poland, (…) Italy is leveraging its limited military budget to buy advanced U.S. weapons” (Ibidem).

[23] “it is easier to appreciate Italy’s track record as a pro-democratic, pro-American nation” (Ibidem).


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Claudio Mutti, antichista di formazione, ha svolto attività didattica e di ricerca presso lo Studio di Filologia Ugrofinnica dell’Università di Bologna. Successivamente ha insegnato latino e greco nei licei. Ha pubblicato qualche centinaio di articoli in italiano e in altre lingue. Nel 1978 ha fondato le Edizioni all'insegna del Veltro, che hanno in catalogo oltre un centinaio di titoli. Dirige il trimestrale “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”. Tra i suoi libri più recenti: A oriente di Roma e di Berlino (2003), Imperium. Epifanie dell’idea di impero (2005), L’unità dell’Eurasia (2008), Gentes. Popoli, territori, miti (2010), Esploratori del continente (2011), A domanda risponde (2013), Democrazia e talassocrazia (2014), Saturnia regna (2015).