Oggi il Kazakistan sta diventando un punto nodale dello spazio postsovietico. In questo senso, non dovrebbe essere considerato come uno Stato ordinario, che cerca equilibrio tra i “centri di potere” globale, ma come un elemento chiave della grande area multietnica che si espande in tutta l’Eurasia. Anche se la zona è rimasta immutata per secoli – il “corridoio interno” dell’Eurasia, sia che separi sia che unisca le proprie civiltà, dipende dal destino del Kazakistan. Questo ci spinge inevitabilmente a valutare delle questioni geopolitiche.

Degno di nota è il fatto che per molti anni l’Asia Centrale sia stata oggetto di interesse per i geopolitologi. Dal punto di vista della geopolitica tradizionale, l’Eurasia non  è solo una “breccia” tra la “Grande Europa” e la “Grande Asia” – ma è uno speciale mondo di cultura e di civiltà, un “grande spazio” capace di autostrutturarsi. Va comunque osservato che il dibattito sulla natura e lo scopo dello spazio nel pensiero geopolitico moderno è ancora lontano dalle conclusioni. La scienza positivista della geografia politica si concentra su oggettivi fenomeni esteriori: l’equilibrio delle forze armate, la posizione geografica, infrastrutture per la circolazione, eccetera.

La geografia tradizionale e la geopolitica sono basate sull’idea dell’eterogeneità ontologica dello spazio terrestre, sulla prevalenza dei fattori antropologici, civili, religiosi e spirituali nel determinare le sorti e le ispirazioni di molti Paesi. Per esempio, i moderni ricercatori francesi non amano chiamarsi “geopolitologi”, ma si considerano più che altro dei geografi che lavorano all’intersezione della geografia e della storia. Queste scienze, in particolare, esprimono la propria profonda sorpresa per il fatto che in Germania si parli ancora di “Spazio” (Raum) o di “Grande spazio” (Grossraum) in ambito geopolitico. Il concetto di “spazio” viene considerato come “vuoto” o “astratto” dai ricercatori francesi, che quindi preferiscono parlare di un “territorio” che poi collegano agli interessi di una determinata comunità e alla “formazione di un’identità collettiva”. Di conseguenza, secondo l’approccio francese, la geopolitica di per sé è definita come “l’analisi delle contraddizioni tra diversi tipi di istituti di potere all’interno del territorio” [1], che quindi limita l’oggetto allo studio della geopolitica, sostituendolo di fatto con la geografia politica. Al tempo stesso, all’interno della scuola di ricerca geopolitica eurasiatica è stata trovata la desiderata sintesi e, di conseguenza, la categoria dello “spazio” ha acquisito contenuti umani, storici, culturali e civili. Tale sintesi venne inclusa entro il concetto di “sviluppo locale”, che indica l’inscindibile connessione dello spazio con la storia e il destino degli individui, delle società e delle nazioni, con le caratteristiche culturali uniche della civilizzazione.

Come esempio di tale “sviluppo locale” (un modello di sviluppo politico, sociale ed economico il cui carattere è definito dall’ubicazione del Paese o della regione) può essere considerata l’Eurasia in genere, e quindi anche il Kazakistan con il suo grande potere strategico come parte integrante dello “spazio eurasiatico”. Cosa significa “pensare lo spazio” per i fondatori degli Stati e per le figure pubbliche di rilievo in questo ambito? Dal punto di vista dell’autore ciò significa, prima di tutto, la possibilità di mettere in relazione le caratteristiche spaziali, culturali, civili e socio-economiche degli Stati di cui sono alla guida con la logica della loro storia e del processo politico contemporaneo, e la possibilità di accostare gli andamenti della politica interna e di quella estera, a seconda delle tendenze politiche nazionali, regionali e globali a lungo termine.

Uno dei padri fondatori della teoria geopolitica classica, Karl Haushofer, condivide lo stesso punto di vista sul concetto di “Grande spazio”. Parlando della formazione di un’alleanza continentale tra il continente europeo e quello asiatico, egli ipotizza che “nessuna formazione e nessuna struttura importante sembra essere predisposta nella mente di alcun grande statista, come faceva invece la famosa dea greca della guerra nella sua maestosa rappresentazione divina. Una persona competente sa che la creazione di tali formazioni è un processo di lungo periodo. Sono così contento di far entrare giovani colleghi-geografi che forse dovrò fabbricare una prova sulla formazione di una nuova politica continentale eurasiatica, più di ogni altro alto rappresentante delle scienze geografiche”. [2]

La piena realizzazione della tendenza dello “spazio pensante” venne trovata nell’eurasiatismo – il movimento di gruppi di intellettuali russi emigrati, gruppo collegato in primo luogo con il tentativo di comprendere le origini e le conseguenze della Rivoluzione d’Ottobre. Il movimento sorse nel 1921 a Praga e a Sofia, fondato da quattro giovani emigrati dalla Bielorussia – P. Savickij, geografo, P. Suvcinskij, musicologo, N. Trubetskoj, filologo e slavista, Padre G. Florovskij, filosofo della religione e pubblicitario. Tra di loro c’erano anche eurasiatisti di spicco come il pensatore religioso L. P. Karsavin, il famoso storico G. V. Vernadskij, l’avvocato e politologo Nikolai Alekseev, l’orientalista V. Nikitin, lo scrittore V. N. Ivanov. Molto si è detto sulle posizioni forti e deboli dell’eurasiatismo nella letteratura storiografica. L’eurasiatismo è stato riconosciuto come una delle più importanti teorie politiche del ventesimo secolo, sollevando la questione sulla determinazione del posto dell’Eurasia nel mondo. È molto importante anche il fatto che gli eurasiatisti trovino territori per gestire la necessità di una coesistenza armoniosa tra popoli slavi e turchi e altrettanto importante è che il Cristianesimo Ortodosso, l’Islam e il Buddhismo siano come una garanzia di integrità e di stabilità per lo spazio post-sovietico.

In parallelo, i lati negativi della dottrina eurasiatista sono messi in evidenza. È piuttosto chiaro che, se preso agli estremi, l’eurasiatismo può agire come un’ideologia che giustifica il modello totalitario e autarchico, causando un isolamento dall’Occidente. In che modo la seguente interpretazione di questa dottrina riproduce e (o) sconfigge gli svantaggi dell’“eurasiatismo classico”? Forse il più grande interprete scientifico dell’ideologia dell’eurasiatismo è Lev Gumilev (1912 – 1992) – un famoso storico russo, antropologo e filosofo, autore dell’originale insegnamento sulla natura e la vita dei gruppi etnici – l’etnologia. Il suo decennio di permanenza in un campo di lavoro con uno dei fondatori dell’eurasiatismo, Peter Savickij, ha influenzato molto la conformazione delle sue vedute.

In realtà erano tre le idee principali della “concezione eurasiatica” di Gumilev: le prime due erano altrui, la terza era originale. La prima di esse considera l’Impero russo e l’URSS delle forme storiche dell’identità statale eurasiatica, a partire dall’Impero di Gengis Khan. La seconda indica i popoli turchi e musulmani eurasiatici come naturali alleati dei russi nella loro lotta contro l’espansione dell’Occidente, così come indica che sarebbe funesto allearsi con quest’ultimo. [3] Comunque, nonostante l’originale e approfondita interpretazione della storia russa fatta da Gumilev, egli considerava l’eurasiatismo principalmente come una metafora geopolitica. Il russo, storico ed etnologo di spicco, non aveva ancora formulato le proprie specifiche proposte per stabilire la vita politica e socio-economica dei Paesi e delle popolazioni eurasiatiche. Ci è voluto del tempo per capire profondamente e totalmente le sue idee. E quel tempo è arrivato. Gli anni ’90 erano il momento dei cambiamenti delle politiche su larga scala legate all’autodeterminazione politica e all’autoaffermazione dei nuovi Stati nazionali emergenti, con un posto speciale e importante occupato dal Kazakistan. Al tempo stesso, gli anni ’90 erano il periodo del crescente interesse per l’eurasiatismo e per la concezione del sottovalutato eminente studioso L. Gumilev.

Per applicare gli imperativi chiave dell’eurasiatismo alla vita quotidiana, in aggiunta all’evasione dall’ombra “mitopoetica”, si è cercata una sua interpretazione completamente nuova, una definizione dei suoi imperativi culturali e civili. Questa sorta di “modernizzazione” degli studi eurasiatici può essere utilizzata per ricercare il più appropriato modello di organizzazione economica e politica dello spazio post-sovietico. A questo proposito, non è una pura coincidenza che il più attivo e costante sostenitore del concetto eurasiatico per quanto riguarda le moderne realtà politiche sia il Presidente della Repubblica del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev.

Il capo di uno Stato giovane e dinamico ha assistito alla sua realizzazione nel proprio progetto dell’Unione Eurasiatica, in seguito messo in pratica nel modello della Comunità Economica Eurasiatica (EAEC) e dell’Unione Doganale di Russia, Kazakistan e Bielorussia istituita nel 2010. Il progetto dell’Unione Eurasiatica dichiarato ancora a metà degli anni ’90, avrebbe dovuto unire nuovi Stati indipendenti della CSI – Comunità di Stati Indipendenti – entro un comune spazio economico senza rinunciare alla propria sovranità politica. Poco dopo, N. Nazarbayev ripeté la propria offerta con un nuovo intento, proponendo la creazione della Comunità Economica Eurasiatica. Come dimostrato dall’esperienza, questo progetto ha una fondamentale base politica, storica e culturale come risultato della particolarità del Kazakistan in veste di potenza eurasiatica.

L’ideologia dell’eurasiatismo è stata ufficialmente riconosciuta in Kazakistan e una delle università principali del Kazakistan stesso è l’Università Nazionale Eurasiatica di Astana, che prende il nome dal famoso ideologo dell’eurasiatismo Lev Gumilev. In generale, possiamo distinguere le seguenti caratteristiche di base del “concetto eurasiatico” secondo il Presidente Nursultan Nazarbayev. Nell’opinione dell’autore, essi consistono in una salda disciplina con i seguenti principi:

1)    Carattere realistico, assenza del “primato dell’ideologia”;

2)    Tendenza a connettere fermamente l’idea di “integrazione eurasiatica” nello spazio post-sovietico con gli scopi e gli obiettivi della modernizzazione;

3)    Attenzione alla priorità degli interessi della Repubblica del Kazakistan come Stato sovrano indipendente;

4)    Critica realistica dello stato attuale dello “spazio post-sovietico” e principali tendenze del suo sviluppo.

5)    Revisione delle prospettive di “integrazione eurasiatica” nel contesto di una strategia multi direzionale adottata dal governo kazako.

6)    Propensione a uno stretto coordinamento dell’integrazione economica e politica.

7)    Consultare non solo gli interessi kazaki e russi all’interno del “Progetto d’Integrazione”, ma anche gli interessi degli Stati dell’Asia Centrale. [4]

Quali fattori garantiscono il successo della posizione geopolitica del Kazakistan? In primo luogo, come hanno notato degli esperti kazaki, il Kazakistan rappresentato dal leader Nursultan Nazarbayev ha una forte volontà politica. In secondo luogo, dopo anni d’indipendenza, il Kazakistan ha sostanzialmente attuato la propria volontà nei particolari progetti economici, sociali, politici e umanitari della modernizzazione. Terzo, la Repubblica del Kazakistan è l’erede di una cultura nomade centenaria, le cui ardenti inclinazioni hanno fortemente influenzato la formazione del mondo globale sin dai tempi antichi. Oggi questo ardore si è realizzato nella proposta di un numero di iniziative miranti a comprenderne il significato e l’essenza insiti nella struttura della dottrina eurasiatica contemporanea.

È stato il Presidente Nazarbayev ad aver costantemente rafforzato per il Kazakistan lo status di Paese leader della regione dell’Asia Centrale; sembra che egli voglia sostanzialmente estrarre i principi eurasiatici interpretati in chiave moderna senza conferme in ambito politico o economico. Nursultan Nazarbayev è anche promotore di iniziative culturali e civili (Il Mondo e il forum delle religioni tradizionali) nella crisi del mondo contemporaneo e sta provando a rafforzare il dialogo tra Paesi, civiltà e continenti. Il Kazakistan, un membro delle più importanti istituzioni dello spazio post-sovietico (CSTO – Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, EurAsEC – Comunità Economica Eurasiatica, Unione Doganale) e delle organizzazioni internazionali (Organizzazione della Cooperazione Islamica), con una cooperazione in espansione verso i Paesi d’Europa all’interno dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), può ricoprire un ruolo molto importante nell’instaurazione e nella realizzazione delle alleanze multilaterali.

Tutti questi successi e questi sforzi non possono passare inosservati agli occhi dei leader dei Paesi occidentali e orientali. In un simile contesto, non deve stupire che per molti anni diversi Stati, rappresentanti quei “mondi” culturali civilizzati, abbiano cercato di allearsi con il Kazakistan, visto come un promettente partner economico e un attore politico chiave nella complessa e poco prevedibile regione dell’Asia Centrale.

A causa della realizzazione di complesse strategie volute dal leader nazionale, il moderno Kazakistan si trasforma in sequenza nel perno eurasiatico e in uno dei più dinamici e saldi Stati nel territorio del CIS. Contemporaneamente, ciò serve da buon esempio di tolleranza inter-etnica e religiosa, un Paese di fede musulmana moderata che è diventato una specie di “ponte tra l’Est e l’Ovest”. La strategia politica interna del Kazakistan risponde agli imperativi eurasiatici, in particolar modo nel campo delle politiche di costruzione delle Nazioni. Per secoli i destini di molti popoli con differenti culture, religioni e tradizioni hanno attraversato il territorio storico kazako. Questa stessa singolare situazione è stata ricreata all’interno, quando i rappresentanti di centoquaranta gruppi etnici e di quaranta confessioni vivono in modo pacifico insieme ai kazaki. Intanto, una convivenza di lungo termine di differenti gruppi etnici ha dato vita a una forte tradizione di tolleranza all’interno della società.

Così, oggi ci sono tutte le necessarie fondamenta per dirigenti, élites e popoli della Russia, del Kazakistan e della Bielorussia per compiere un nuovo, decisivo e qualitativo passo verso “l’integrazione eurasiatica” – l’orientamento voluto nei primi anni ’90 dalla guida nazionale, il Presidente del Kazakistan Nursultan Nazarbayev, il quale ha aggiornato l’ideologia dell’eurasiatismo e se ne è ricoperto con un significato moderno e concreto.

 

Sergey V. Biryukov, Dottore in Scienze politiche, professore presso l’Università di Stato di Kemerovo (Kemerovo, Russia).

 


(Trad. di Stefano Contini)

 


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