A vent’anni dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica e dallo scioglimento del Patto di Varsavia (1 luglio 1991) la dialettica politico/militare tra la NATO e l’erede dell’URSS – la Federazione Russa –  ha assunto un minor grado di scontro, basti menzionare la minore diffidenza a livello politico e la creazione del consiglio NATO-Russia.

Malgrado la distensione successiva al periodo della “pax armata sovietico-americana”(1), tuttavia, la rivalità strategica tra le due potenze, emersa dalle nuove dottrine militari elaborate nel 2010, è spiegabile alla luce delle interpretazioni che la geopolitica classica ha fornito all’analisi delle relazioni internazionali (2).

Il Cremlino ha avversato l’allargamento NATO ad Est, dalle repubbliche baltiche alla Mitteleuropa, così come il tentativo di Washington di inglobare Ucraina e Georgia (3) nonché l’intervento dell’Alleanza in Kosovo. Nondimeno, gli USA hanno contestato l’assistenza dell’esercito russo alla popolazione di Abkhazia e Sud Ossezia contro le milizie georgiane. Altra questione controversa, suscettibile di cagionare ulteriori attriti, è lo scudo antimissilistico progettato dall’Alleanza Atlantica per essere installato in taluni Paesi dell’Est Europa, asseritamente in funzione anti-iraniana ma che Mosca considera una minaccia contigua ai propri confini.

NATO: dottrina strategica tra Guerra Fredda e fase unipolare

L’Alleanza Atlantica ha iniziato a parlare di “nuovo Concetto Strategico” nel 1991 rendendo pubblico il superamento della strategia del confronto bipolare – avviato nei primi giorni di esistenza della NATO. Dopo la strategia basata su operazioni di difesa territoriale su larga scala, adottata nei primi anni ’50, e terminata la “strategia di risposta massiccia” della metà degli anni ’50, nel 1967 la NATO ha optato per la strategia della “risposta flessibile” che prevedeva una risposta graduata al danno inferto dal nemico e nello stesso tempo una replica passibile di ascendere fino al ricorso alle armi nucleari. Siffatta strategia è durata sostanzialmente sino al crollo del muro di Berlino, quando si è fatta strada l’idea di aggiornare la strategia della NATO aggiungendo nuove missioni e nuove capacità che la rendessero più efficace al nuovo contesto strategico e politico dell’Europa e, contemporaneamente, consona con i caratteri della sicurezza cooperativa e comprensiva che erano emersi in Europa con il Processo di Helsinki (4).

Il Concetto Strategico del 1999 conferma che lo scopo essenziale e duraturo dell’Alleanza è quello di “salvaguardare la libertà e la sicurezza dei suoi membri con mezzi politici e militari, affermando i valori della democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto”: pur riaffermando le prerogative della strategia precedente, il Concetto elaborato nel 1999 comprende la preservazione del legame transatlantico, il mantenimento di efficaci capacità militari e lo sviluppo di un’identità difensiva e di sicurezza europea all’interno dell’Alleanza (5).

NATO: il “nuovo Concetto strategico” del 2010

Nell’ambito del nuovo Concetto strategico predisposto nel 2010, gli obiettivi principali della NATO sarebbero quelli di migliorare il regime globale di non proliferazione, il taglio degli arsenali nucleari, la lotta al terrorismo, la costruzione di uno scudo di difesa missilistica in Europa, combattendo altresì la pirateria marittima ed i cyber-attacchi. Altri obiettivi includono l’impegno a garantire la sicurezza energetica, la prevenzione del riscaldamento globale terrestre e la protezione delle fonti d’acqua e delle altre risorse naturali. Infine, si auspica una istituzionalizzazione dell’Alleanza che conduca alla realizzazione di un dipartimento NATO presso l’ONU, con annesso l’onere di fornire supporti militari alle operazioni civili delle Nazioni Unite, come del resto è avvenuto dalla prima Guerra del Golfo in avanti.

Il Concetto comprende inoltre un intero capitolo sulla Russia, all’interno del quale si auspica il rafforzamento della cooperazione nell’ambito del Consiglio NATO – Russia, ritenuta insufficiente. La Federazione Russa non è più vista come un nemico ma, d’altro canto, la NATO rifiuta un partenariato con la Russia per non limitare la propria capacità di proteggere i Paesi membri. In quest’ultimo corollario è insito il concetto di rivalità strategica rimarcato dagli strateghi statunitensi sulla base delle teorie geopolitiche di Sir Halford Mackinder e Nicholas Spykman.

La nuova dottrina militare russa

La nuova dottrina militare russa ha introdotto, rispetto alle precedenti versioni della stessa (1993 e 2000), una serie di novità significative per il “reset” delle relazioni con gli Stati Uniti e per la definizione del ruolo che la Russia intende svolgere nell’ambito della sicurezza globale. Malgrado il documento ufficiale del Cremlino non parli esplicitamente di “minaccia della NATO”, in esso viene rubricato alla stregua di “pericolo” l’avvicinamento dell’infrastruttura militare dell’Alleanza Atlantica ai confini russi, per tale intendendosi l’ampliamento dell’Alleanza a Paesi un tempo appartenenti all’Unione Sovietica o alla sua sfera d’influenza, nonché il Membership Action Plan (MAP) previsto per Ucraina e Georgia, volto a raccogliere i progressi fatti nel raggiungere i criteri stabiliti per accedere all’Alleanza.

Nei termini della geopolitica classica, adattati dal massimo esponente vivente della scuola geopolitica americana, Zbigniew Brzezinski, l’avvicinamento “dell’infrastruttura militare della NATO” è configurabile alla stregua di quella destabilizzazione – eterodiretta o manu militari – dei Paesi facenti parte dell’ “arco di crisi” postulato dallo stesso Brzezinski nella sua opera “The Grand Chessboard” (6). Per la verità, la strategia dell’ “arco di crisi” fu teorizzata negli anni ’70 da Bernard Lewis (7), il quale intendeva sobillare contro l’URSS tutti gli Stati islamici che si “estendono lungo il fianco meridionale dell’Unione Sovietica dal subcontinente indiano alla Turchia, e verso sud attraverso la Penisola Arabica fino al Corno d’Africa”; inoltre il “centro di gravità di quest’arco è l’Iran” (8). Peraltro lo stesso Samuel Huntington ammise il suo debito nei confronti di Lewis, riconoscendo di aver tratto l’assunto sullo “scontro delle civiltà” da un articolo pubblicato da Lewis nel numero del settembre 1990 del mensile “The Atlantic” (9).

Nondimeno, nell’elenco delle 11 possibili minacce alla sicurezza e all’integrità della Federazione Russa, ben sei concernono esplicitamente la NATO e la sua interferenza in quella che viene ritenuta la legittima sfera di influenza di Mosca nell’Europa Orientale (10).

Il documento del Cremlino effettua un preciso ragguaglio a proposito dello scudo missilistico che gli USA intenderebbero installare in taluni stati ex-sovietici, definito senza mezzi termini una “minaccia alla stabilità globale” e una violazione “dell’equilibrio delle forze in campo nucleare” (11), categorie all’interno delle quali rientrano la militarizzazione dello spazio cosmico e l’installazione di sistemi strategici non nucleari di armi ad alta precisione.

Una parte sostanziale della nuova dottrina militare russa è dedicata, altresì, alle armi nucleari: questa tipologia di armamenti rimarrà il decisivo fattore di prevenzione dei conflitti militari. La nuova dottrina ammette la possibilità di trasformazione di un conflitto militare ordinario in nucleare, pertanto la Russia si riserverebbe – conformemente alla dottrina del 2010 – il diritto di usare l’arma atomica per neutralizzare l’eventuale uso della forza contro di essa e/o contro i suoi alleati, così come nel caso di “aggressione contro la Russia con armi convenzionali, che minacci l’esistenza stessa dello Stato” (12).

Parallelamente alla dottrina militare, la Federazione Russa ha approvato anche i “Fondamenti della politica statale nel campo del contenimento nucleare”, valevole sino al 2020. Interpretando l’anzidetto documento, il vice segretario del Consiglio di Sicurezza del Paese (ex capo di Stato Maggiore, Generale Juriji Baluevsky) ha asserito che Mosca intende sviluppare tutte le tre componenti della sua triade nucleare difensiva: terreste, marittima ed aerea. L’arma nucleare e i suoi vettori rimangono per il colosso eurasiatico una garanzia dello sviluppo sicuro, della stabilità e del contenimento strategico (13).

Il documento che contiene le linee guida per la Sicurezza Strategica Nazionale (Nss) di medio periodo – pubblicato nel maggio 2009 – si prefigge nello specifico l’obiettivo di controbilanciare la NATO con altre alleanze. In particolare con la OTSC (che raggruppa le repubbliche ex sovietiche), la CSI (comunità dell’ex URSS), l’EurAsEc (comunità economica eurasiatica), la SCO (l’Organizzazione per la Sicurezza di Shanghai, che include la Cina, oltre ad alcune potenze emergenti in qualità di membri osservatori – India, Iran, Mongolia, Pakistan). L’NSS non esclude neppure una possibile partnership con l’Alleanza Atlantica ma, vista l’eterna fase di stallo in cui grava l’unico strumento di raccordo (Consiglio NATO-Russia), suggerisce altri interlocutori occidentali come l’Unione Europea (14).

 

(1) Cit. Bruno Bongiovanni, Storia della guerra fredda, Laterza, Roma-Bari, 2009, p. 26

(2) Per una interpretazione del mondo attuale sulla base delle teorie classiche della geopolitica, si veda: Daniele Scalea, La sfida totale. Equilibri e strategie nel grande gioco delle potenze mondiali, Fuoco Edizioni, Roma, 2010; Carlo Jean, Geopolitica del caos. Attualità e prospettive, Franco Angeli, Collana “Centro Studi di Geopolitica Economica”, 2007

(3) Cfr. Stefano Grazioli, Lo scudo stellare tra la Russia e la NATO, “East Side Report”, 12/07/2011 (http://esreport.wordpress.com/2011/07/12/lo-scudo-tra-mosca-e-nato/)

(4) Cfr. Fulvio Attinà (a cura di), La politica di sicurezza e difesa dell’Unione Europea. Il cammino europeo dopo il trattato di Amsterdam, Artistic & Publishing Company (collana) CeMISS, Roma, 2001, pp. 200-201

(5) Cfr. The Strategic Concept of Alliance, Nato Handbook (http://www.nato.int/docu/handbook/2001/hb0203.htm)

(6) Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives, Basic Books, New York, 1997

(7) Docente a Princeton, specializzato presso l’Arab Bureau di Oxford, uno dei vivai più esclusivi della geopolitica inglese. Fu anche un ufficiale dei servizi segreti britannici e svolse un ruolo fondamentale come professore, guru e mentore per due generazioni di orientalisti, accademici, esperti dei servizi segreti Usa e britannici, membri di think tank e un assortimento di neo-conservatori

(8) Bernard Lewis, Rethinking the Middle East, in “Foreign Affairs”, Fall 1992, pp. 116-117

(9) Cfr. Bernard Lewis, The roots of muslim rage, in “The Atlantic”, September 1990 (http://www.theatlantic.com/magazine/archive/1990/09/the-roots-of-muslim-rage/4643/). Nell’articolo Lewis spiegava come la “rabbia musulmana” stesse portando “niente di meno che ad uno scontro di civiltà – reazione forse irrazionale, ma certamente storica, di un antico rivale contro l’eredità giudeo-cristiana”

(10) Cfr. Andrea Bogi, La dottrina militare russa: tra vecchie inimicizie e nuove prospettive, “Eurasia online”, 16/02/2010 (http://www.eurasia-rivista.org/la-dottrina-militare-russa-tra-vecchie-inimicizie-e-nuove-prospettive/3237/)

(11) Cfr. The Military Doctrine of the Russian Federation, “The School of Russian and Asian Studies”, 20/02/2010 (http://www.sras.org/military_doctrine_russian_federation_2010)

(12) Ibidem

(13) Cfr. La nuova Dottrina Militare della Russia, ”La Voce della Russia”, 06/02/2010 (http://italian.ruvr.ru/2010/02/06/4593855.html)

(14) Cfr. Stefano Magni, Per Mosca una nuova dottrina, ma la strategia militare di sempre, “LOccidentale”, 22/05/2010 (http://www.loccidentale.it/articolo/dottrina+militare.0091135)

 

* Alessio Stilo, dottore in Scienze Politiche (Università di Messina). Laureando magistrale in Relazioni Internazionali con una tesi sperimentale sulla nuova politica estera turca. Caporedattore del magazine online “LaSpecula”, collabora con il think tank “Geopolitica.info”

 


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