Fonte: http://balkans.courriers.info/article13492.html

Dopo questa estate, un’ondata di scioperi ha colpito la Serbia: i lavoratori reclamano il pagamento di salari bloccati da mesi, oppure denunciano delle privatizzazioni irregolari.

Il governo si dichiara incompetente, in quanto non può intervenire nell’economia di mercato.

In realtà, i “nuovi imprenditori” serbi che hanno accumulato delle fortune colossali, sono dei generosi sponsors dei partiti politici, e lo Stato li protegge.

Pertanto, il modello sociale scelto potrebbe presto cadere in panne.

Questa estate, i media serbi hanno denunciato i padroni che non versano i salari dei loro impiegati e che non pagano i contributi sanitari né pensionistici, cosa che comporta delle perdite per le imprese e dei licenziamenti per i lavoratori.

A metà agosto, 32.000 persone scioperavano in Serbia in una cinquantina d’imprese, cifra che rappresenta meno dello 0,2% del totale dei salariati serbi.

Questa cifra non è inquietante, non annuncia obbligatoriamente un autunno “caldo” seguito da una catastrofe economica.

Inoltre, i dati pubblici forniti dal quotidiano Vecernje Novosti indicano che 8.300 lavoratori di 29 imprese stanno scioperando a causa dei ritardi nel pagamento dei salari (perfino di alcuni anni), tanto che 15.672 lavoratori di 11 imprese protestano a causa delle “privatizzazioni illegali”.

Questi si sentono ingannati o trascurati in quanto “co-proprietari” delle imprese privatizzate, e domandano che i nuovi proprietari siano rimpiazzati da altri, più seri.

I rappresentanti dello Stato affermano di non avere la possibilità di reagire, perché si tratta di proprietari e di capitali privati, ma i lavoratori sono considerati proprietà privata?

In realtà, lo Stato non osa mettere in moto i meccanismi legali contro i proprietari che non rispettano né i contratti di privatizzazione né le convenzioni collettive, nel timore che ciò conduca alla liquidazione di un gran numero di imprese privatizzate, e alla perdita di migliaia d’impiegati.

Lo Stato sembra difendere la nuova “classe capitalista” pretendendo di proteggere gli impiegati.

Un gruppo di teppisti protetti dai politici

In effetti, il meccanismo di liquidazione delle imprese in fallimento o piuttosto dei loro proprietari non funziona, e tutti i nuovi capitalisti somigliano a un gruppo di teppisti protetti dai politici.

Questa casta conta molto su generosi sponsors dei partiti politici, che approfittano della loro posizione per esercitare una sorta di racket sugli uomini politici e i servizi segreti, impedendo il funzionamento normale dello Stato di diritto.

Molti di questi investitori lasciano l’impressione di amatori ambiziosi, di mafiosi riconvertiti e di profittatori di guerra.

Il loro stile di vita conferma questa impressione: lo stile delle loro case, delle loro macchine, dei loro ristoranti, i menù di questi ristoranti e le giovani ragazze dello show-biz che gli girano attorno … Si finisce per porsi delle domande sulla natura dello Stato in cui queste persone godono di una tale riconoscenza.

Secondo una teoria popolare, la crisi attuale che tocca i nostri imprenditori proviene dal fatto che la crisi mondiale ha interrotto il meccanismo della rivendita delle imprese privatizzate agli acquirenti stranieri con un margine assai redditizio.

I rivenditori sono indebitati e devono ora rimborsare i prestiti che gli hanno permesso di acquistare le imprese per rivenderle o di trasformarle in terreni edificabili, per rivendere in seguito gli appartamenti costruiti.

Bozidar Delic, vice-Primo ministro e ministro della Scienza e dello Sviluppo tecnologico, ha recentemente dichiarato che era “indispensabile verificare i contratti di privatizzazione che non sono più rispettati dagli acquirenti”, perché ci sono degli esempi “in cui un uomo ricco acquista venti imprese in Serbia e se da un lato fa profitto dall’altro licenzia gli impiegati”.

Il gioco perverso delle ipoteche bancarie

Di più, le nostre banche – ricomprate dalle banche estere, ma spesso amministrate da dei quadri locali – hanno sostenuto “il sistema piramidale” d’acquisizione d’intere catene di vecchie imprese di Stato, attraverso le loro regole di “garanzia” di rendimento dei prestiti.

In realtà, il sistema delle ipoteche (spesso d’un valore quadruplo al credito accordato) ha destabilizzato il mercato immobiliare, a parte, può essere, per i terreni agricoli.

In effetti, si constata una nuova tendenza alla creazione di grandi tenute agricole in Vojvodina, resa possibile dal basso prezzo e dalla cattiva gestione dei terreni statali, il tutto allo scopo di aumentare “la capacità di credito” bancario.

Queste condizioni permettono a Dordije Nicovic di coltivare 25.000 ettari, a Miodrag Kostic 24.000 ettari, a Miroslav Miskovic 16.000, a Predrag Matijevic 12.000 e a Mile Jerkovic tra i 12.000 e i 14.000 ettari.

Si può domandare se tutti questi terreni non siano già l’oggetto d’ipoteche bancarie (leggere il nostro articolo “Vojvodina: gli oligarchi, nuovi grandi proprietari fondiari”).

Prendiamo ad esempio Mile Jerkovic, attualmente in prigione a causa del contrabbando di sigarette.

Egli ha raccontato di aver iniziato la sua carriera d’imprenditore grazie all’ipoteca di 500 ettari di terreno agricolo (d’origine sconosciuta), cosa che gli ha permesso di acquistare 19 società statali.

Ne ha già rivendute 9 (7 società di trasporto sono state riacquistate da una società svizzera, 2 da un partner di Subotica, mentre l’Agenzia per la privatizzazione si riprendeva 6 società).

Il caso di Mile Jerkovic non è unico: la maggioranza dei nuovi capitalisti sono obbligati ad acquistare senza sosta delle nuove imprese, per procurarsi nuovi crediti e coprire le spese legate alle acquisizioni precedenti.

Stando ad una recente analisi della rivista “Ekonomist magazin”, l’indebitamento totale dei nuovi imprenditori presso le banche serbe ed estere è di circa due miliardi di euro.

Se questo debito non aumenta ancora, andrà a crollare un giorno sulla schiena dei nuovi capitalisti, e lo Stato sarà obbligato a salvarli, sicuramente attraverso una rinazionalizzazione.

Il processo di privatizzazione in Serbia è oggetto di numerose critiche.

Esso deve essere rapido e definitivo.

Sciaguratamente, la privatizzazione è stata lenta e non ha risposto alle grande attese che aveva suscitato.

Oggi, sette anni dopo il lancio di un “sistema di vendita” delle imprese sociali, 287 (47.000 impiegati) non sono state riacquistate, così come 108 imprese statali, mentre 332 imprese attendono la loro liquidazione.

1.828 imprese sono state vendute attraverso richieste d’offerta o aste pubbliche, ma 420 contratti di privatizzazione sono stati rescissi perché i nuovi proprietari non li hanno rispettati.

La discrezione dei “nuovi imprenditori”

E’ difficile definire il ritratto della nuova classe capitalista serba, perché i suoi rappresentanti – Miskovic, Rankovic, Beko, Lazarevic, Hamovic, Matic, Babovic, Mandic, Rodic e compagnia – non amano le apparizioni pubbliche.

Questa posizione è legittima ma è ugualmente prudente perché i clan politici non perdonano la mancanza di lealtà e ogni apparizione alla televisione può essere interpretata come una critica ”della situazione attuale” o inscriversi nel quadro della lotta per il potere.

Tuttavia, l’economia è un affare pubblico che chiede di comunicare a proposito del “partenariato con lo Stato e la società”, e soprattutto a proposito dei contratti segnati con i loro impiegati e i cittadini di questo Stato.

Non è strano che i giornalisti che riportano le proteste degli operai non riescano mai ad ottenere il punto di vista degli impiegati, mai rintracciabili e spesso anonimi?

I rari “nuovi capitalisti” che si degnano di parlare ai giornalisti hanno spesso delle difficoltà a comporre le loro frasi.

E’ interessante che domandino anche un aiuto di Stato, come se avessero ricomprato le loro imprese per delle ragioni patriottiche.

Il disprezzo per l’opinione pubblica che manifestano la maggioranza dei grandi capitalisti serbi rallenta la formazione della nuova classe d’imprenditori nel senso ideologico e ci conduce a concludere che questa classe non ha alcuna intenzione di guidare il processo di modernizzazione verso quanto avviene nella maggior parte dei paesi sviluppati.

In realtà, la questione chiave riposa sulla stabilizzazione della classe capitalista alla fine di un decennio durante il quale la Serbia ha tentato di consolidare la sua democrazia.

Le società “create” da Nikola Pavicic (Sintelon), Miodrag Babic (Hemofarm), Predrag Rankovic (Invej), Ili Petar Matijevic (Industria della carne) hanno dichiarato delle cifre d’affari comprese tra i 30 e i 50 milioni di euro per il 2008, cifra che sarebbe importante anche in uno dei paesi più sviluppati.

Le società di Miskovic, Drakulic, Kostic, Vukicevic e altri uomini d’affari conosciuti fanno ugualmente parte della lista.

Se questa classe è arrivata a una certa stabilità, la sua influenza sullo Stato è proporzionale alla sua importanza nell’economia?

Traduzione di Stefano Vernole


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