Riportiamo l’introduzione di Lorenzo Disogra alla presentazione del numero di “Eurasia” (4/2018) dedicato alla “geopolitica giallo-verde”, avvenuta il 10 dicembre 2018 nell’Aula dei Cavalieri dell’Università degli Studi di Parma.

 

Come facilmente intuibile dalla locandina, il presente incontro si propone di prendere in esame, attraverso gli interventi degli esperti che sono stati invitati, le prospettive di azione geopolitica del nuovo governo italiano.

L’idea di organizzare questo evento è nata in conseguenza della pubblicazione dell’ultimo numero della rivista di studi geopolitici “Eurasia”, dedicato, come titola il suo stesso dossario, proprio alla “geopolitica giallo-verde”.

Per chi non la conoscesse, conviene spendere due parole su questa rivista, che esce trimestralmente dal 2004.

Come si legge nella sua presentazione, il suo scopo è quello di “promuovere, stimolare e diffondere la ricerca e la scienza geopolitica nell’ambito della comunità scientifica, nonché di sensibilizzare sulle tematiche eurasiatiche il mondo politico, intellettuale, militare, economico e dell’informazione”.

Inoltre, “Eurasia” dichiara di avere “l’ambizione di porre all’attenzione degli addetti ai lavori l’importanza della riscoperta dell’unità spirituale dell’Eurasia, così come essa da sempre si esprime nelle molteplici e variegate forme culturali”.

Ciò, evidentemente “in alternativa alle pilotate, restrittive, “ideologiche”, e dunque a-scientifiche, teorie dello “scontro di civiltà” o del “melting-pot”, che tanta confusione e danno hanno ingenerato sia nell’ambito della indagine scientifica che in quello delle applicazioni pratiche”.

Questo è il motivo per cui, oltre a contributi di carattere strettamente geopolitico, la rivista, sia nel suo sito informatico che nella sua versione cartacea, ospita spesso e volentieri “articoli, saggi e studi riportanti riflessioni, risultati e metodologie acquisite nei diversi campi della etnografia, della storia delle religioni, della psicologia dei popoli e delle identità collettive, della morfologia della storia, della sociologia, dell’economia, della scienza politica, della scienza della comunicazione e delle scienze esatte, declinati, però, nell’oggettivo e vincolante quadro della geopolitica”.

Ma perché, sorge spontaneo chiedersi, si impone, oggi più che mai, la necessità di un’analisi geopolitica delle principali questioni globali?

Il motivo, in verità, è presto detto. Nel periodo storico immediatamente successivo alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, si era diffusa l’illusione che in qualche modo, da quel momento in avanti, il mondo sarebbe stato retto per sempre da un ordine di tipo unipolare. Dunque, se è vero quanto diceva il giurista tedesco Carl Schmitt, che “il mondo politico è un pluriverso, e non un universo”, allora la politica, nel suo significato più alto ed autentico, sarebbe dovuta scomparire da questo mondo per trasformarsi in mera amministrazione.

Ma evidentemente le cose non sono andate così, tant’è vero che, da alcuni anni, diversi studiosi di relazioni internazionali, italiani e stranieri, parlano dell’avvento di un nuovo mondo multipolare e, di conseguenza, del ritorno della dimensione politica in tutta quella che è la sua reale autonomia.

La politica, però, come sappiamo ancora una volta grazie a Carl Schmitt, è legata strettamente allo spazio, al territorio per intendersi. Per questo, gli stessi autori che parlano della nascita di un nuovo mondo multipolare, mettono contemporaneamente l’accento anche sul fenomeno della cosiddetta “rispazializzazione” della politica. Di conseguenza, se la geopolitica è da intendersi come “lo studio delle relazioni internazionali in una prospettiva spaziale e geografica, ove si considerino l’influenza dei fattori geografici sulla politica estera degli stati”, la necessità di un suo recupero appare assai evidente.

Ora, in questo scenario di “ripoliticizzazione” del globo, da alcuni anni a questa parte sta prendendo piede, in Europa, il fenomeno del cosiddetto “sovranismo”. Fenomeno che, ovviamente, non è affatto privo di implicazioni geopolitiche.

Come si sa, l’attuale esecutivo italiano guidato dal Prof. Giuseppe Conte è stato definito, sia dai media (italiani e stranieri) che da diversi studiosi, come un governo “populista” e “sovranista”. È per questo motivo che “Eurasia”, nel suo ultimo numero, trattando della geopolitica italiana, non ha potuto esimersi dall’analizzare (con le lenti fornite dalla geopolitica) anche il fenomeno del “sovranismo” in senso lato.

Ovviamente, avendo pochi minuti a disposizione e non volendo rubare tempo ai due invitati, non riuscirei a riassumere tutti i risultati forniti dalle diverse ricerche che sono state pubblicate. Tuttavia, mi sia concesso di soffermarmi brevemente su di un aspetto che è emerso in modo chiaro e coerente in quasi tutti i contributi.

Quando si parla di “sovranismo” la geopolitica impone, a differenza di altre discipline, di tenere ben presente che cosa sia la sovranità. Quest’ultima, in modo molto sintetico, non è da intendersi come una qualità formale attribuita agli stati dal diritto internazionale positivo ma, al contrario, essa consiste in una vera e propria capacità. Ovvero, la capacità concreta di uno Stato (o di qualsiasi altra entità politica) di determinare, in modo completamente autonomo ed indipendente, la propria politica interna e, soprattutto, la propria politica estera.

Al fine di detenere questa capacità, come sottolinea il Direttore di “Eurasia” nel suo editoriale citando il geopolitico belga Jean Thiriart, è necessario che lo Stato raggiunga un certo livello in materia di dimensioni, ossia una “soglia critica quantitativa”.

Ma siamo certi che tale “soglia critica quantitativa” sia raggiunta da quegli stati europei che attualmente sarebbero guidati da governi “sovranisti”? Citando ancora il Direttore di “Eurasia”, è evidente che questa “soglia critica quantitativa non corrisponde più, nell’epoca attuale, alla ridotta dimensione di uno stato nazionale, ma alla dimensione di un grande spazio”, ovvero di un’entità territorialmente molto più estesa rispetto agli stati europei.

Da un punto di vista squisitamente geopolitico, nota sempre il Direttore, il mondo attuale pare essere dominato da due tendenze fondamentali: quella mirante alla frammentazione dei grandi spazi, perseguita in primis dagli Stati Uniti, e quella mirante a favorire le integrazioni regionali, più coerente con l’idea di un nuovo ordine mondiale multipolare.

Dunque, volendo sintetizzare, quelli europei sembrano essere, paradossalmente, dei “sovranisti” senza “sovranità”, e rischiano di fare il gioco di chi non vorrebbe affatto il costituirsi di un autentico ordine multipolare (ovvero composto da una pluralità di entità politiche sovrane), bensì l’affermazione di una realtà internazionale che vede l’esistenza di una sola superpotenza (evidentemente gli Stati Uniti) e di una pluralità di “impotenze” geopolitiche. Non è un caso, infatti, che i “sovranisti” a volte sembrano rivendicare la propria sovranità solo ed esclusivamente allo scopo di esercitare una funzione critica (spesso e volentieri più che legittima) nei confronti dell’Unione Europea, e non rispetto alle frequenti ingerenze degli Stati Uniti d’America.

Ora, prima di cedere definitivamente la parola ai due invitati, mi sia permesso, per chi non li conoscesse, di presentarli brevemente:

Alessandro Colombo è attualmente Professore Ordinario di Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano, nonché Responsabile del programma concernente le relazioni transatlantiche dell’ISPI. Tra le sue ultime pubblicazioni vi sono: La disunità del mondo. Dopo il secolo globale (Feltrinelli, 2010); Tempi decisivi. Natura e retorica delle crisi internazionali (Feltrinelli, 2014); La grande trasformazione della guerra contemporanea (Feltrinelli, 2015).

Matteo Luca Andriola è storico e giornalista, nonché esperto, in particolare, del pensiero della destra radicale italiana ed europea. Da diversi anni collabora assiduamente con la rivista bimestrale di cultura politica “Paginauno” e, da alcuni mesi, anche con “Eurasia”. È autore di un prezioso volume, pubblicato nel 2014, sulla corrente politica e filosofica della Nuova Destra, intitolato La Nuova Destra in Europa. Il populismo e il pensiero di Alain de Benoist.


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Lorenzo Disogra, laureato con lode in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali all'Università di Parma con una tesi riguardante il pensiero internazionalistico del giurista tedesco Carl Schmitt, è autore dei saggi L'essenza del grande spazio ("Eurasia" 2/2017), Schmitt contro Versailles e Ginevra ("Eurasia" 3/2017), Spagna. Quis judicabit? ("Eurasia" 4/2017) , Che cos'è la sovranità? Replica a Paolo Becchi ("Eurasia" 4/2017), nonché di diversi articoli pubblicati su testate informatiche.
I suoi principali ambiti di studio e di interesse sono la storia del pensiero politico, la dottrina geopolitica e la teoria delle relazioni internazionali. Collabora con la Libera Università del Sapere Critico promossa dal Centro studi movimenti di Parma.