Un altro tassello si aggiunge al delicato mosaico delle relazioni tra Colombia e Venezuela.

Il presidente venezuelano Hugo Chavez ha annunciato il dislocamento di carri armati e di elicotteri da combattimento lungo il confine con la Colombia.

La situazione è precipitata lo scorso agosto, durante il South American summit, occasione in cui Chavez ha dichiarato che la presenza di forze militari statunitensi nella vicina Colombia avrebbe portato ad una guerra di sicuro catastrofico impatto sulla regione: le basi militari colombiane che ospitano contingenti degli Stati Uniti sono sette, come sancito dagli accordi di cooperazione USA-Colombia firmati a ottobre, atti a debellare il problema del traffico di droga.

Nonostante il tentativo del Brasile di proporsi come mediatore, la situazione non è cambiata: il presidente venezuelano si oppone a qualunque tipo di mediazione.

A dicembre da Bogotà è arriva la decisione di costruire un’altra base militare a ridosso del confine col Venezuela, decisione considerata una vera e propria minaccia per la sovranità venezuelana. Il presidente Chavez non ha esitato a definire la Colombia come la versione sudamericana di Israele.

E adesso – dopo la violazione dello spazio aereo venezuelano da parte di un aereo da combattimento statunitense, con successivo botta e risposta tra il Pentagono, che nega l’accaduto, e il governo venezuelano che fornisce le fotografie del fatto – Chavez prende le sue contromisure.

Il 9 gennaio il presidente venezuelano ha dichiarato: Siamo in attesa della prima spedizione di carri armati, provenienti dalla Russia, che verranno inviati come rinforzo alla brigata di fanteria di stanza presso Barracas. Inoltre, elicotteri da combattimento – anch’essi di fabbricazione russa – saranno dislocati lungo il confine con la Colombia.

Il binomio Mosca-Caracas per quanto riguarda gli armamenti non è nuovo: già tra il 2005 ed il 2007 i due attori internazionali sottoscrissero una dozzina di contratti per un valore complessivo di più di quattro miliardi di dollari.

A breve saranno resi operativi 92 carri armati T-72, un numero non definito di Smerch (lanciarazzi MLRS: Multiple Launch Rocket System) e una varietà di dispositivi di difesa aerea, compresi gli avanzati S-300 (missili terra-aria di lungo raggio).

Una volta terminate le importazioni dei mezzi, il Venezuela avrà 200 carri armati.

La Colombia neppure uno.

L’aspetto più preoccupante della vicenda non è comunque la disparità bellica tra i due Paesi.

Da un lato si potrebbe anche pensare ad una situazione da considerarsi, forse, problematica, dato che coinvolge, seppure indirettamente, le due potenze del mondo bipolare ormai alle nostre spalle.

In realtà sarebbe più corretto definire la situazione paradossale piuttosto che preoccupante: i due Paesi coinvolti in questa disputa dovrebbero procedere l’uno verso l’altro nel cammino dell’integrazione regionale.

Il Venezuela è uno dei 5 stati membri del Mercosur (insieme a Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay) e la Colombia è uno degli stati associati. In questo caso arrivare al mercato comune non sarà facile come nel caso del Mercato Comune Europeo, data la disparità dello sviluppo economico di ciascun membro, ma un presupposto di non belligeranza risulta fondamentale per un’apertura regionale anche solo di carattere economico.

* Francesca Penza si occupa di Sudamerica per il sito di “Eurasia”


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