In seguito alle due incursioni aeree israeliani in Siria, che Tel Aviv ha detto di aver effettuato per colpire missili iraniani destinati ai libanesi di Hezbollah, il presidente russo Vladimir Putin avrebbe ammonito il presidente israeliano Benjamin Netanyahu, giudicando le incursioni “una minaccia per la stabilità regionale”.

Secondo quanto riferisce il sito DEBKAfile, vicino al Mossad, il presidente Putin avrebbe telefonato di persona a Netanyahu per ricordargli che, in caso di un ulteriore attacco militare alla Siria, la Russia si schiererà accanto alla Siria.

Le agenzie di stampa avevano riferito del colloquio telefonico tra le due autorità, lunedì scorso, ma DEBKAfile spiega che Putin avrebbe addirittura minacciato di “rispondere agli attacchi di Israele” nel caso di un’azione futura ai danni della Siria.

Fonti militari di DEBKAfile rivelano che il presidente russo ha fatto riferimento  a sistemi anti-aria S-300 e alla capacità nucleare 9K720 Iskander, missili di superficie abbastanza precisi da colpire un bersaglio ad una distanza di 280 chilometri.

Putin avrebbe consigliato al primo ministro israeliano di prendere sul serio il suo monito, dal momento che la Russia non permetterà ad alcun paese di rovesciare il governo siriano.

Nel frattempo, il primo ministro Benjamin Netanyahu si trova in Cina per colloqui con le autorità di Pechino.

È la prima visita di un capo di governo israeliano in Cina dopo l’incontro tra Ehud Olmert e Hu Jintao del 2007. Netanyahu ha iniziato la sua visita a Shanghai, centro finanziario della Cina, per poi arrivare in giornata a Pechino, cuore politico del Paese; il primo ministro ha incontrato Li Keqiang, con il quale avrebbe firmato alcuni accordi commerciali.  Obiettivo di Netanyahu è promuovere una maggior cooperazione economica sino-israeliana, una cooperazione reciprocamente vantaggiosa; l’attuale interscambio commerciale tra i due Paesi ammonta a circa 10 miliardi di dollari all’anno. Il primo ministro di Tel Aviv vuole incrementare gli scambi ed incoraggiare maggiori investimenti dalla Cina in Israele. Netanyahu dovrebbe inoltre discutere di questioni regionali in merito all’Iran, alla Siria e all’Egitto. Pechino è uno dei maggiori acquirenti di greggio iraniano, e si è sempre opposta alle sanzioni unilaterali dell’Occidente verso Tehran.

La Cina non ha giocato un ruolo rilevante nel Vicino Oriente, ma si è sempre opposta fortemente a potenziali interventi internazionali in Siria.

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Contestualmente, Pechino ha ospitato il presidente del Anp Mahmud Abbas, in visita dal 5 all’ 8 maggio per questioni politico-economiche; il leader palestinese chiede alle autorità cinesi di usare la propria influenza su Israele per rimuovere gli ostacoli che danneggiano l’economia palestinese e per superare le difficoltà che intralciano il processo di pace.

Abbas avrebbe firmato diversi accordi di cooperazione tecnica e scambio culturale con il presidente Xi Jinping ed il primo ministro Li Keqiang.

La Cina ha riconosciuto lo Stato palestinese nel 1988, quattro anni prima di stabilire rapporti diplomatici con Israele. In occasione dell’incontro con Abbas, Xi Jinping ha avanzato una proposta in quattro punti per la promozione della risoluzione del problema palestinese, sottolineando che la parte cinese sostiene fermamente la giusta causa del popolo palestinese e intende ereditare e sviluppare la cooperazione amichevole tra i due Paesi.

I quattro punti della proposta sono i seguenti:

  1. persistere nella corretta direzione della costituzione dello Stato indipendente della Palestina e della coesistenza pacifica fra Palestina e Israele;
  2. i negoziati devono essere l’unico canale per realizzare la pace fra Palestina e Israele;
  3. perseguire inflessibilmente nel principio di “scambio della terra con la pace” per la normalizzazione dei rapporti;
  4. la comunità internazionale deve fornire un’importante garanzia per la promozione del processo di pace.

 

Non è previsto un incontro tra Mahmud Abbas e Benjamin Netanyahu, anche se il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Hua Chunying ha affermato che tra gli obiettivi di Pechino vi è appunto quello di agevolare il processo di pace nel Vicino Oriente; la scorsa settimana, il ministro degli Esteri Wang Yi si era detto disponibile ad organizzare un incontro tra i due uomini politici.


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