Franco Cardini, L’invenzione dell’Occidente, Il Cerchio, Rimini 2004, pp. 256, euro 20,00

Nel presente volume sono stati riuniti alcuni saggi aventi relazione col tema della genesi della nozione di “Occidente”, una nozione che, avverte l’Autore, è una delle “più infide e scivolose”, tanto più che essa tende a diventare assoluta e metastorica.

L’abbondante documentazione raccolta dal noto medievista ci mostra come il concetto di Occidente sia relativamente nuovo, al punto da diventare inscindibile da quello di modernità. “È problematico – scrive Cardini – il sostenere l’esistenza effettiva di un’identità ‘occidentale’, il proporne l’alterità o magari la complementarità rispetto a una ‘orientale’ e magari l’identificare sia pur più o meno imperfettamente il concetto di Europa con quello di Occidente” (p. 8).
Eppure, soprattutto nella cosiddetta Europa occidentale si è tentato di far coincidere i due termini, definendoli attraverso il confronto con l’Oriente (ieri comunista, oggi islamico, domani probabilmente cinese).

A questo Occidente, identificato in maniera abusiva e truffaldina con l’Europa, si sono volute attribuire antiche radici, che servissero a nobilitarlo: e sono state trovate nella Grecia antica e nella Cristianità medioevale e moderna. Naturalmente, questa operazione genealogica ha richiesto che venissero sottaciuti o minimizzati tutti quegli eventi storici che, nell’antichità e nel Medioevo e anche in seguito, hanno volta per volta rappresentato una sinergia greco-persiana, o un’alleanza germano-turanica, o un incontro fra Cristianesimo e Islam, o una assunzione del patrimonio imperiale bizantino da parte ottomana. Simultaneamente, il pregiudizio occidentalista ha cercato di oscurare lo scenario politico di tali eventi, che tendeva puntualmente ad assumere più o meno estese dimensioni eurasiatiche.

Per contro, l'”invenzione dell’Occidente” ha comportato che venisse esagerata l’importanza di tutto ciò che può esser presentato come un aspetto dello “scontro di civiltà” all’interno dell’Eurasia e che venissero trasformati in fatti epocali, forniti di significato “mitico” e fondante, episodi di scarso rilievo storico quali Poitiers o Lepanto.

L'”invenzione dell’Occidente”, secondo la diagnosi fatta da Cardini, ha forse il suo momento iniziale allorché papa Pio II elabora la tesi per cui “l’Europa era propriamente la sede – patria e domus – della Cristianità (…) e pertanto si poteva stimare cristiano chiunque fosse ritenuto europeo” (p. 12). E viceversa. Lo schema ideologico tracciato da Enea Silvio Piccolomini mirava in tal modo ad escludere dall’Europa ad usum Delphini quell’impero ottomano che, insediatosi a Costantinopoli, aveva raccolto l’eredità della Roma d’Oriente e costituiva il polo imperiale di un’Europa che il papato voleva invece soggetta a sé.

E a questo punto deve esser fatta notare una cosa curiosa, che depone a favore dell’onestà professionale dello storiografo Franco Cardini: è proprio lui, studioso di matrice cattolica, a operare questa demistificazione e a consentirci di individuare la matrice squisitamente guelfa della posizione di quanti, da posizioni cattoliche, laiche o… “pagane”, rifiutano oggi di riconoscere alla Turchia il suo carattere europeo.

Con la scoperta del continente nuovo e la nascita della potenza nordamericana, l’idea di Occidente si aggiorna. Anzi, l’idea contemporanea di Occidente nasce proprio “dal pensiero politico statunitense su una linea tesa dal Jefferson al Monroe proprio per differenziarsi dall’Europa; anzi, addirittura contro l’Europa” (p. 14). L’occidentalismo statunitense ha avuto la fortuna di ricevere man forte da quei teorici europei dell’Occidente che hanno teorizzato, prima di Huntington, l’esistenza di un continuo, necessario e insopprimibile “scontro geostorico” con l’Oriente.

A segnare le fasi storiche di tale scontro, secondo l’ideologia occidentalista, sarebbero “le guerre greco-persiane, quindi le contese tra romani e parti, poi quelle tra sasanidi e bizantini, e ancora l’offensiva musulmana dei secoli VII-X fino al Maghreb e alla Spagna, e poi la Reconquista e le crociate, e successivamente la tensione tra l’Europa moderna e l’impero ottomano” (pp. 14-15).
Le fasi contemporanee dello “scontro di civiltà” preconizzato dagli occidentalisti sono “l’affermazione colonialistica delle potenze europee in Asia, quindi la ‘guerra fredda’ che secondo alcuni si potrebbe considerare la terza guerra mondiale, infine oggi quella che l’amministrazione Bush ha definito dopo l’11 settembre 2001 la war against Terror e che qualcuno ha proposto di identificare con la quarta guerra mondiale” (p. 15). O come l’ultima crociata.


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