Lo scorso 19 gennaio è stato trovato morto in una camera d’albergo a Dubai l’esponente di Hamas, Mahmud al-Mabhuh (1), fondatore delle brigate Ezzedin al Qassam, braccio armato del Movimento islamico di resistenza palestinese.

Le modalità dell’esecuzione hanno portato gli inquirenti degli Emirati a tracciare dei parallelismi con le uccisioni eseguite in passato dal Mossad, il servizio segreto israeliano.

Mabhuh era ritenuto responsabile dell’approvvigionamento delle armi all’ala militare del movimento islamico da parte di paesi compiacenti come l’Iran.

Il ministero degli Esteri israeliano non ritiene siano emerse prove decisive per accusare il potente servizio segreto dell’omicidio, ma per il capo della polizia di Dubai, Dahi Khalfan Tamim, non vi sono più dubbi che dietro la morte di Mahmud al Mabhuh ci sia il Mossad.

Se così fosse, dovrebbe essere emesso un ordine di arresto internazionale anche contro il primo ministro Netanyahu, in quanto le cosiddette “operazioni speciali” dei servizi di sicurezza sono soggette, in base alla legge israeliana, all’approvazione del primo ministro.

Le autorità di Dubai hanno emesso undici ordini d’arresto contro i presunti sicari, ed esaminando i tabulati delle telefonate è risalita alla centrale operativa che si trovava in Austria. I sicari evitavano di chiamarsi, comunicavano fra di loro attraverso messaggi cifrati e si sono tenuti costantemente in contatto con alcune persone che utilizzavano schede telefoniche austriache.

L’unica traccia lasciata dagli assassini prima di sparire è rappresentata dai documenti d’identità esibiti al momento di sbarcare all’aeroporto di Dubai: sei passaporti britannici, tre irlandesi, uno tedesco e uno francese. Fra questi undici passaporti, cinque apparterrebbero ad altrettanti inglesi-israeliani, uno ad un americano-israeliano, il settimo non è chiaro.

Nel commando vi era Gail Folliard, “irlandese”. Lei è quella a cui i giornali hanno messo una foto grande il doppio rispetto agli altri assassini del Mossad, probabilmente perché era l’unica donna presente. In realtà si tratterebbe di un uomo travestito (2).

Per comprare i biglietti aerei adoperati per Dubai, sarebbero stare usate carte di credito emesse da banche americane. Gli inquirenti stanno anche valutando il possibile coinvolgimento di altre cinque o sei persone, compresi tre palestinesi che avrebbe aiutato i sicari ad identificare la vittima designata.

I tre palestinesi complici del commando nelle mani della polizia sono ex funzionari dell’entourage del presidente Abu Mazen, costretti a fuggire dalla Striscia dopo la conquista del potere da parte del movimento islamico, nel giugno 2007.

Diventati uomini d’affari negli Emirati, tra il 18 e il 19 gennaio avrebbero incontrato alcuni degli assassini prima di scappare in Giordania, e successivamente essere arrestati. Secondo Hamas questa sarebbe la prova del coinvolgimento di Fatah (3).

Ma c’è anche Nehru Massud, il fedelissimo del numero uno di Hamas Khaled Meshal, sotto torchio a Damasco perché sospettato di aver aiutato gli israeliani. Infatti, sarebbe proprio Massud l’uomo visto in compagnia di al-Mabhouh, senza guardie del corpo, la mattina del 20 gennaio.

Le accuse provengono da parte israeliana, ma bisogna considerare anche la lunga lotta tra i “fratelli coltelli” di Hamas e Fatah, mai riconciliati dalla guerra civile del 2007 (4). Essi, infatti, continuano ad accusarsi a vicenda d’intelligenza con il nemico.

Non è la prima volta che i servizi segreti israeliani sono al centro di una polemica legata ai passaporti: infatti, la tecnica di rubare il passaporto è utilizzata frequentemente dal Mossad, che ha un’unità specializzata, una squadra specificamente addestrata a rubare passaporti, soprattutto dai turisti (5).

Nel 1997 due agenti del Mossad fingendo di essere turisti canadesi, avevano utilizzato falsi passaporti, e avevano tentato di avvelenare il capo di Hamas, in esilio ad Amman, ma sono stati arrestati dalle autorità giordane.

All’epoca il re Hussein era intervenuto di persona, esigendo da Israele il rilascio del capo spirituale e fondatore di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin. Anche allora il primo ministro era Benyamin Netanyahu, e costrinse il capo del Mossad alle dimissioni.


Nell’ottobre del 2004, un altro caso aveva avvelenato le relazioni tra il governo israeliano e quello della Nuova Zelanda. Due agenti del Mossad furono ritenuti colpevoli di aver tentato di rubare il passaporto da cittadini neo zelandesi disabili. I giudici li condannarono a sei mesi di prigione per spionaggio, dopo di che furono espulsi dal Paese.

L’assassinio di al-Mabhouh a Dubai si è trasformato in uno scandalo a livello diplomatico e politico, oltre che di intelligence, dopo i dettagli svelati dalla polizia degli Emirati. L’uccisione di al-Mabhouh è diventata l’emblema del fallimento del Mossad.

Il fatto ha determinato una grave crisi nei rapporti fra Israele e gli Emirati Arabi Uniti, con i quali Tel Aviv aspira ad avere relazioni amichevoli, e che sono considerati tra quei paesi il cui sostegno sarà fondamentale nel caso in cui dovesse scoppiare un conflitto armato con l’Iran.

Ciò che è accaduto rappresenta una palese violazione della sovranità dell’Emirato di Dubai, e un tentativo di manipolare la sua sicurezza e la sua stabilità.

Ciò accrescerà l’ostilità nei confronti di Israele in una regione estremamente delicata, e nel momento meno opportuno, visto che giorno dopo giorno si moltiplicano le minacce relative a una possibile guerra, appunto, contro l’Iran.

Per altro verso, Israele si trova in una situazione imbarazzante anche nei confronti di paesi europei amici come la Francia, la Germania, la Gran Bretagna e l’Irlanda. Questi paesi hanno visto i passaporti di alcuni loro cittadini essere utilizzati dagli esecutori dell’assassinio, cosa che ha messo in difficoltà le autorità di questi paesi, le quali si sono affrettate a chiarire la loro posizione alle autorità degli Emirati.

E’ vero che non è la prima volta che il Mossad utilizza passaporti europei nelle sue operazioni, ma questa volta il numero dei paesi coinvolti è considerevolmente aumentato, e ciò rischia di causare una vera crisi diplomatica fra Israele e i governi di questi paesi, a prescindere dalla saldezza della loro alleanza con Tel Aviv. Essi infatti non possono accettare di essere coinvolti in una simile operazione fallimentare ai danni di uno stato importante ai loro occhi come Dubai.

In effetti, i primi segnali di questa crisi sono cominciati ad emergere dopo che i giornali israeliani hanno riferito che le autorità britanniche ed irlandesi avevano convocato gli ambasciatori israeliani in questi due paesi, per eventuali chiarimenti. (6)

Il caso ha mandato su tutte le furie il premier Gordon Brown: «Il passaporto inglese è un documento che va trattato in modo appropriato», ha detto Brown, annunciando un’ inchiesta approfondita per chiarire come mai sei degli undici componenti la squadra della morte fossero in possesso di passaporti britannici debitamente contraffatti.

Il premier ha evitato di chiamare direttamente in causa il Mossad, ma non ha potuto evitare le proteste dell’opposizione, in particolare, dell’ex capo del partito liberal-democratico, Campbell, che ha chiesto la convocazione, per chiarimenti, dell’ambasciatore israeliano, Ron Prosor, in quanto «sarebbe uno scandalo se dei titolari di passaporti britannici fossero stati messi in pericolo» (7).

Tuttavia, il fatto che questa volta gli agenti del Mossad abbiano fatto ricorso a passaporti europei appartenenti in alcuni casi a cittadini israeliani ha fatto scoppiare un duplice problema, sia sul piano dei rapporti con i paesi europei e sia sul piano interno.

Alcuni cittadini israeliani sono rimasti sorpresi nel vedere il proprio nome comparire nell’inchiesta della polizia di Dubai, con l’accusa di aver preso parte all’assassinio, e nell’apprendere di essere ricercati dall’Interpol.

Ma l’imbarazzo di fronte all’opinione pubblica interna non si riduce a questo. Numerosi interrogativi emergono all’interno del paese sulle responsabilità di Dagan, direttore del Mossad, per questo fallimento e sulle responsabilità dello stesso Netanyahu.

In nome della “politica dell’ ambiguità” dietro la quale Israele si trincera quando l’ operato dei suoi servizi di sicurezza viene messo in discussione, il governo Netanyahu non ha commentato la convocazione degli ambasciatori da parte di alcune capitali fra le più amiche dello Stato ebraico. Il Mossad ha rifiutato di fornire qualsiasi chiarimento riguardo alle accuse rivoltegli, così come Dagan ha smentito l’intenzione di dimettersi.

Ma la faccenda non si è ancora conclusa, ed è difficile prevedere le conseguenze che la rivelazione di ulteriori dettagli sull’assassinio di Mabhouh avrà per il Mossad, e quali le ripercussioni nei rapporti con gli “amici” europei di Israele.

Nel giro di pochi mesi, Israele ha anche rotto i rapporti con il suo fondamentale partner regionale, la Turchia, e ha sfidato il suo unico alleato globale, gli Stati Uniti d’America.

Nel caso turco, per Israele è intollerabile lo slittamento di Ankara verso il campo islamico. Erdoğan è considerato un traditore dell’intesa turco-israeliana, un sodale di Hamas e di Ahmadinejad. Tornare all’asse costruito negli anni Novanta su impulso dei due apparati militari, uniti dall’avversione per l’islamismo e per le rivendicazioni arabe, è impossibile.

La recente incrinazione dei rapporti con gli Stati Uniti, dopo il via libera alla costruzione di nuovi insediamenti ebraici, esisteva da tempo ma è emersa solo ora.

Netanyahu può contare sul consenso di gran parte della società israeliana.
Obama è visto da molti israeliani come maggiormente concentrato a guadagnarsi le simpatie del mondo islamico, a corteggiare gli “Stati canaglia”, dall’Iran alla Siria, che a proteggere l’esistenza dello Stato ebraico (8).


E’ possibile che Israele paghi pegno questa intransigenza nei confronti dei pochi amici di cui dispone. Ma Obama non è il primo presidente statunitense a mettere spalle al muro Netanyahu, lo fece anche Bill Clinton. Statunitensi e israeliani sono una vecchia coppia, senza un’intesa fra Washington e Gerusalemme i dossier mediorientali non potranno trovare una soluzione per loro favorevole. Dall’Egitto all’Iraq, dall’Iran all’Afghanistan, lo stallo del motore israelo-americano intaccherà le posizioni di entrambi.


* Chiara Cherchi, dottoressa in Scienze politiche, collabora con “Eurasia”

Note:

  1. Mahmoud al-Mabhouh naque nel 1960 in un campo profughi a Gaza, dove lavorava come meccanico, si arruolò presto tra le fila delle Brigate Ezzedin al-Qassam, e nel 1989, dopo l’Intifada, partecipò all’assassinio di due militari israeliani. Sopravvisse a numerosi attentati e si spostò di continuo tra le capitali arabe da cui manovrava il traffico di denaro e munizioni. Secondo Israele è stato il fornitore dei missili iraniani a lungo raggio ai palestinesi. Mahmoud al-Mabhouh naque nel 1960 in un campo profughi a Gaza, dove lavorava come meccanico, si arruolò presto tra le fila delle Brigate Ezzedin al-Qassam, e nel 1989, dopo l’Intifada, partecipò all’assassinio di due militari israeliani.Sopravvisse a numerosi attentati e si spostò di continuo tra le capitali arabe da cui manovrava il traffico di denaro e munizioni. Secondo Israele è stato il fornitore dei missili iraniani a lungo raggio ai palestinesi;
  2. www.atimesonline.co.uk;
  3. Al-Fatah, o Fatah, è un’organizzazione facente parte dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Al-Fatḥ è stata fondata nel 1959 da Yāser ʿArafāt ha rappresentato per decenni, come vero e proprio partito combattente, la spina dorsale della lotta armata palestinese allo Stato d’Israele.
  4. Hamas vinse le elezioni palestinesi del 2006, vittoria ritenuta regolare da tutti gli osservatori internazionali presenti. Il periodo da marzo a dicembre 2006 fu marcato da tensioni e da numerosi omicidi di leader di Hamas o del Fath. Le tensioni crebbero inoltre fra le due fazioni palestinesi quando non riuscirono a raggiungere un accordo per spartirsi il potere. Il 15 dicembre Abbas convocò elezioni anticipate. Hamas aveva contestato la legalità di tenere elezioni anticipate ribadendo il proprio diritto di governare per tutto il periodo del mandato previsto dall’elezione democratica. Hamas definì questo un tentato golpe per il Fath da parte di Abbas, che avrebbe usato metodi non democratici per sovvertire i risultati di un governo eletto democraticamente. Stando a un gruppo palestinese per i diritti umani, più di 600 palestinesi furono uccisi nei combattimenti fra il gennaio 2006 e il maggio 2007. Il 13 giugno Hamas prese il controllo del nord della Striscia di Gaza, dichiarandola una “area militare chiusa”. Il 14 giugno Hamas conquistò gli ultimi due avamposti del Fath a Gaza, prendendo finalmente pieno controllo della città.
  5. www.Euronews.net;
  6. www.medarabnews.com;
  7. www.repubblica.it;
  8. www.temi.repubblica.it/limes/

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