Intervento al Forum delle resistenze a Beirut – 17 gennaio 2010

Nadine Rosa-Rosso, Bruxelles – Belgio

L’aggressione sionista contro Gaza dell’inverno 2008-2009 è la continuazione della guerra di colonizzazione cominciata nel 1947. Quest’ultima guerra è stata preparata politicamente, in modo particolare per il pubblico occidentale, tramite l’inserimento – ad opera degli USA e dell’Unione Europea –  di Hamas, della Jihad islamica, del FPLP e di cinque altre organizzazioni di resistenza palestinese nella lista delle organizzazioni terroristiche.

Ora, per Dirk Marty, relatore al Consiglio d’Europa, “trovarsi su questa lista equivale ad una condanna a morte”. L’offensiva contro Gaza aveva per palese obiettivo quello di eseguire questa pena di morte: liquidare la resistenza palestinese attraverso la distruzione del governo palestinese democraticamente eletto.

Ciò che l’esercito sionista realizza coi suoi soldati, i suoi aerei, i suoi carri, le sue bombe, i governi europei lo realizzano con delle leggi che criminalizzano la resistenza e coloro che la sostengono. Lottare contro l’aggressione e la colonizzazione significa dunque oggi concretamente in Europa lottare per il depennamento delle organizzazioni di resistenza palestinese dalla lista delle organizzazioni terroristiche.

È per questa ragione che ho lanciato un appello il 1 febbraio 2009 per la cancellazione di Hamas e delle altre organizzazioni palestinesi dalla lista europea delle organizzazioni terroriste.

Partiamo dalla considerazione che la questione palestinese non è una questione religiosa, né una questione umanitaria. È una questione eminentemente politica. Consiste nel denunciare il carattere coloniale di Israele e di tutta la sua politica ed a riconoscere e sostenere come legittima la resistenza del popolo palestinese e di tutte le sue organizzazioni di resistenza.

Quest’appello ha ricevuto il sostegno di centinaia di personalità europee, americane e canadesi. La loro argomentazione in favore dell’appello mostra cinque giustificazioni politiche essenziali:

  1. L’Unione Europea, come gli Stati Uniti, obbliga sempre i popoli ad organizzare delle elezioni sotto l’alta sorveglianza occidentale. Ma quando il risultato delle elezioni non è di suo gradimento, organizza il blocco, partecipa alla guerra, direttamente o indirettamente, appoggia gli aggressori al fine di rovesciare i rappresentanti eletti.
  1. L’Unione Europea deve ammettere che il tempo delle colonie è finito e che non tornerà più. Deve rinunciare alla sua politica imperialista e adottare delle relazioni post-coloniali col resto del mondo, che rispettino incondizionatamente la sua sovranità e la sua dignità. Ciò implica la rinuncia ad una politica internazionale razzista che tratta i popoli del terzo mondo come incapaci di scegliere un loro sistema politico in modo responsabile. È tempo infine di rispettare la Risoluzione 2621 XXV, del 12-10-1970 delle Nazioni Unite che afferma “il diritto intrinseco dei popoli colonizzati di lottare con tutti i mezzi necessari contro le potenze coloniali che reprimono la loro aspirazione alla libertà e all’indipendenza”.
  1. L’Unione Europea deve autodeterminarsi rispetto agli USA e cessare di seguire ciecamente tutte le sue avventure militari nella loro politica imperiale. Togliere Hamas dalla lista delle organizzazioni terroristiche può essere un primo passo in questo senso, poiché essa è una lista statunitense, stilata nel 1995 dopo gli accordi di Oslo per costringere il popolo palestinese a rinunciare i suoi diritti legittimi. Questa legittimazione del diritto alla resistenza è supportata dall’articolo 1er §4 del primo protocollo aggiuntivo di Ginevra del 08-06-1977 ai termini del quale, tra i conflitti armati internazionali, figurano quelli “in cui i popoli lottano contro la dominazione coloniale e l’occupazione straniera e contro i regimi razzisti nell’esercizio del diritto dei popoli a disporsi loro stessi,…”
  1. Cancellare le organizzazioni palestinesi dalla lista dei terroristi vuol dire riconoscere la legittimità della resistenza. Tutte le resistenze del mondo sono state etichettate come terroriste. Nel secolo scorso, le resistenze al fascismo erano trattate come terroristi dai nazisti. I dirigenti nazionalisti come Nelson Mandela hanno trascorso decine di anni in prigione con l’accusa di terrorismo. Ed è solamente nel luglio 2008, quindici anni dopo il suo premio Nobel per la pace e quattordici anni dopo essere diventato presidente dell’Africa del Sud, che gli Stati Uniti si sono decisi a toglierlo dalla loro “Terror list”! E in questo giorno commemoriamo la morte del dirigente nazionalista congolese, Patrice Lumumba, assassinato per aver rivendicato una vera politica d’indipendenza. Le celebrazioni in Francia ed in Belgio del cinquantesimo anniversario dell’indipendenza di numerosi Stati africani potrebbero essere l’occasione di denunciare questa politica assassina.
  1. Ed infine, vi è anche da riconoscere il diritto alla nostra resistenza, nei paesi dell’Unione Europea, e mettere fine alla politica di criminalizzazione delle attività dei combattenti anti-guerra ed anti-imperialisti. Politica di criminalizzazione che tocca specialmente quella parte dei popoli che è derivata dall’immigrazione, in particolare le popolazioni arabofone e musulmane d’Europa, già sospettate di voler ricoprire i nostri paese di minareti e foulard.

Le reazioni all’Appello hanno mostrato che, nonostante le difficoltà restino grandi, è possibile costruire in Europa, ma anche in America del Nord, il principio di un fronte di sostegno alle resistenze anti-colonialiste ed anti-imperialiste nel mondo.

La prima condizione per rinforzare questo fronte è di non lasciarsi intimidire dalle misure di criminalizzazione, come il recente divieto in Gran Bretagna di esprimersi contro la presenza dei soldati britannici in Afghanistan.

La seconda condizione è imporre presso di noi i punti di vista ma anche la presenza fisica dei rappresentanti della resistenza al fine di stringere legami diretti tra popoli in lotta in diverse parti del mondo.

Il mondo sta cambiando ma la maggior parte delle forze politiche tradizionali, in particolare nella sinistra, si rifiuta di ammetterlo. L’epoca in cui l’Occidente dettava la sua politica è finita. I rapporti di forza economici cambiano anche con la crescente potenza delle nazioni come Cina, India, Brasile o Russia. Sul piano politico, tutto il continente latino-americano si muove. Come dichiarava il presidente del Venezuela Hugo Chavez a Copenhagen: “Se il capitalismo si oppone (ai cambiamenti), noi abbiamo l’obbligo di fare battaglia contro il capitalismo e di aprire le vie della salvezza del genere umano. Questo compito ci spetta a tutti, sotto le insegne di Cristo, di Maometto, dell’uguaglianza, dell’amore, della giustizia e del più profondo vero umanesimo”.

I popoli in lotta hanno oggi la possibilità di unire le loro resistenze di fronte ai loro governi ed a un imperialismo sempre più indebolito e decadente. Se si uniscono, al di là delle loro differenze, questo secolo non sarà più quello dello scontro delle civiltà, ma quello dello scontro e della vittoria delle resistenze contro l’imperialismo.

(traduzione di Matteo Sardini)


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