Dopo la diffusione del rapporto dello svizzero Dick Marty del Consiglio d’Europa sulle atrocità commesse in Kosovo e Albania con il traffico di organi umani alla fine degli anni novanta, un altro documento, messo a punto da Jean Charles Gardetto del Principato di Monaco, anch’egli relatore del Consiglio d’Europa, definisce la situazione in Kosovo allarmante e denuncia in particolare l’uccisione di testimoni.

”Non esiste alcuna legge a protezione dei testimoni, che vengono uccisi, picchiati e minacciati. I testimoni non vivono in condizioni di sicurezza”, ha detto Gardetto in un’intervista al quotidiano serbo “Vecernje Novosti”.

Gardetto, scrive il giornale, presenterà il suo rapporto all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa il 26 gennaio prossimo, all’indomani della presentazione del rapporto di Dick Marty.

Nel suo rapporto, intitolato ‘La protezione dei testimoni pietra miliare per la giustizia e la riconciliazione nei Balcani’, Gardetto sostiene che i nomi dei testimoni sotto protezione vengono resi pubblici dai media locali e che testimoni potenziali rifiutano di fare rivelazioni temendo di essere considerati dei traditori.

Il parlamentare del Principato di Monaco sostiene al tempo stesso che il Kosovo, senza l’appoggio della comunità internazionale, non e’ in grado di garantire alcuna protezione ai testimoni a rischio, dal momento che la polizia kosovara non ha per questo le necessarie capacità.

Nel suo rapporto presentato nelle scorse settimane, il relatore del Consiglio d’Europa Dick Marty aveva puntato il dito in particolare contro l’attuale premier kosovaro Hashim Thaci, da lui definito uno dei principali responsabili dell’organizzazione criminale “Gruppo di Drenica” (tutti ex componenti dell’Esercito di liberazione del Kosovo, Uck) che gestiva il traffico di organi.

Al contrario, oltre 200 organizzazioni non governative del Kosovo e oltre duemila attivisti, tramite l’organizzazione ‘Coalizione per la Democrazia’ hanno difeso l’Esercito per la liberazione del Kosovo (Uck) reagendo alle dichiarazioni del relatore del Consiglio d’Europa Dick Marty.

I rappresentanti della ‘Coalizione per la Democrazia’ ritengono che l’Uck abbia rappresentato la volontà dei cittadini del Kosovo e che nello stesso tempo sia stato un ”simbolo di una guerra pulita”. ”L’Uck e’ stato e rimane personificazione della lotta civica per la libertà, la dignità e la tutela dei diritti umani”, si legge nel comunicato e il testo di questa Dichiarazione e’ stato inviato anche al Consiglio d’Europa.

Per Ulrike Lunacek, relatore per il Kosovo al Parlamento europeo, però, le elezioni legislative svoltesi nel piccolo paese balcanico il 12 dicembre scorso e la domenica successiva nella ripetizione in cinque Comuni sono state manipolate, e questo potrà condizionare negativamente il cammino del Kosovo verso l’Unione europea.

”Queste elezioni non potranno portare al Kosovo istituzioni stabili, e i futuri parlamentari kosovari devono sapere che sono stati eletti in maniera irregolare”, ha detto Lunacek in un’ intervista al quotidiano di Pristina “Koha Ditore”.

Per l’europarlamentare, si tratta di alcuni gruppi di persone che hanno fatto di tutto affinché il processo elettorale non fosse regolare, ”gruppi di persone che hanno manipolato altri ed effettuato brogli in maniera premeditata, e che vanno ritenuti per questo responsabili e puniti”.

Secondo “Koha Ditore”, gli europarlamentari che hanno monitorato il voto giudicano le elezioni in Kosovo illegittime, non conformi agli standard internazionali e dannose per la democrazia del Kosovo e la sua immagine.

Eulex, la missione europea in Kosovo, ha lanciato poi un appello a Belgrado e Pristina affinché si astengano da ogni atto che possa essere visto come una provocazione nella disputa sulle nuove targhe automobilistiche emesse dalla Serbia e che le autorità kosovare hanno avuto l’ordine di sequestrare.

”Chiediamo a entrambe le parti di astenersi da qualsiasi azione che possa essere vista come una provocazione”, ha detto la portavoce di Eulex, Kristiina Herodes.

Nei giorni scorsi il Ministro dell’interno kosovaro Bajram Rexhepi ha ordinato il blocco di tutte le auto con le nuove targhe emesse dalla Serbia, che vengono immediatamente confiscate.

Per Pristina, le nuove targhe serbe costituiscono un atto che viola la sovranità dello Stato del Kosovo, la cui indipendenza non e’ riconosciuta dalla Serbia.

Nei giorni scorsi il capo (un serbo) della polizia a Zvecan, nel nord del Kosovo a maggioranza serba, era stato sospeso dall’incarico per il suo rifiuto di confiscare le targhe emesse da Belgrado.

Eulex, la missione europea in Kosovo, ha dichiarato il nord del paese e in particolare la parte nord di Kosovska Mitrovica, ”zona pericolosa” per il proprio personale.

Come hanno riferito i media a Pristina, la decisione sarebbe la conseguenza di aggressioni subite di recente da quattro esponenti di Eulex e un rappresentante dell’Osce nella parte nord di Kosovska Mitrovica, la città del nord divisa in due dal fiume Ibar, il settore nord abitato da serbi e quello sud a

popolazione albanese.

Il personale Eulex è stato avvertito di prestare particolare attenzione nel nord, badando a essere continuamente reperibili: chiunque si rechi al nord deve avere con sé sempre un cellulare a rete attiva e deve essere continuamente raggiungibile via radio.

Il nord del Kosovo, a maggioranza di popolazione serba, è la parte del paese più instabile e quella dove si registra il maggior numero di aggressioni e provocazioni fra i rappresentanti delle opposte comunità etniche.

Secondo i media a Pristina, le aggressioni a Mitrovica nord contro il personale Eulex e Osce sarebbero state opera di estremisti di una formazione denominata “Nova Nada Mitrovice” (“Nuova speranza di Mitrovica”).

Non è un caso che agenti dei servizi segreti kosovari (Kia) operino sull’intero territorio nazionale,

compreso il nord del Kosovo a maggioranza serba, dove le autorità statali non sono riuscite ancora a imporre il loro pieno controllo.

L’Agenzia kosovara di intelligence (Kia) e’ stata istituita circa due anni fa e di essa fanno parte attualmente 80 agenti.

In questa situazione, non certo facile, continuano le pressioni europee su Belgrado: “Riconosciamo e diamo il benvenuto ai risultati raggiunti dalla Serbia durante l’ultimo anno ma, allo stesso tempo, evidenziamo le sfide che si configurano in futuro”, rimarca il comunicato dell’Europarlamento, sottolineando che “Belgrado deve collaborare pienamente con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia per garantire che il processo di ratifica dell’Associazione continui senza problemi”. Gli eurodeputati hanno anche portato la loro attenzione sulla questione del Kosovo, chiedendo che la Serbia inizi il dialogo con Pristina “senza indugi”, che questo avvenga nel quadro dell’Ue e che si proceda allo smantellamento delle strutture parallele serbe nel Kosovo del Nord.

Nel frattempo, il relatore del Consiglio d’Europa Dick Marty ha negato di aver mai parlato nel suo rapporto di un coinvolgimento diretto del premier kosovaro Hashim Thaci nel traffico di organi umani avvenuto in Kosovo e Albania alla fine degli anni novanta.

Piuttosto, precisa il deputato svizzero, nel rapporto si afferma che e’ difficile pensare che Thaci non ne sapesse nulla dal momento che nella vicenda erano coinvolti suoi stretti collaboratori.

”Se leggete attentamente il mio rapporto, da nessuna parte in esso si dice che Thaci era coinvolto direttamente nel traffico di organi, si afferma invece che nel traffico erano coinvolte persone vicine a Thaci, e che e’ difficile immaginare che Thaci non ne avesse mai sentito parlare”, ha detto Marty in una intervista al website svizzero Albinfo.ch, parte della quale é stata rilanciata dalla radiotelevisione kosovara (Rtk) e dai media serbi.

Nonostante Thaci avesse un ruolo di primo piano nell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) e nel cosiddetto Gruppo di Drenica” – ha aggiunto Marty – “difficilmente si può immaginare che Thaci in persona possa aver partecipato al traffico di organi”.

Il rapporto di Dick Marty, la cui diffusione il mese scorso ha provocato scalpore e sdegno a livello internazionale sopratutto per il coinvolgimento del premier Thaci e dell’Uck del quale lui era un alto dirigente, sarà discusso dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa la prossima settimana. Vittime di tali trapianti illegali sarebbero stati prigionieri serbi, rapiti durante e dopo (ma in realtà anche prima) il conflitto armato in Kosovo.

Nell’intervista, Marty sottolinea di non aver voluto criminalizzare l’intero Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), ma di puntare piuttosto il dito contro taluni gruppi dell’Uck direttamente responsabili dei traffici di organi e sui quali bisogna indagare.

E a differenza di Carla Del Ponte (l’ex procuratore capo del Tribunale penale dell’Aja, Tpi), ha aggiunto, lui non parla nel rapporto di centinaia di trapianti illegali, ma di alcuni casi.

”L’obiettivo del rapporto non è accusare ma denunciare dei crimini, e quello che esso chiede è di condurre delle indagini, che finora non sono state mai fatte’, nonostante tutte le indicazioni dei legami fra tali crimini e certi gruppi dell’Uck,” ha affermato Dick Marty.

Ebbene, io il rapporto l’ho letto bene e vi ho ravvisato una censura, che Marty o chi per lui dovrà spiegare (come anticipato nel mio articolo dello scorso 18 gennaio http://www.eurasia-rivista.org/7805/kosovo-rapporto-marty-tribunale-aja-dottor-frankenstein-e-mossad).

Seguite attentamente lo svolgersi degli avvenimenti: il 14 dicembre 2010 la Commissione europea annuncia l’imminente pubblicazione del Rapporto Marty: http://assembly.coe.int/ASP/NewsManager/FMB_NewsManagerView.asp?ID=6168

e se ne decide, visto l’interesse suscitato, la pubblicazione sul sito dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa:

http://assembly.coe.int/ASP/NewsManager/FMB_NewsManagerView.asp?ID=6172.

Infatti il 16 dicembre una Commissione dell’Assemblea chiede l’apertura di un’inchiesta sul traffico di organi e sui rapimenti in Kosovo e in Albania:

http://assembly.coe.int/ASP/NewsManager/FMB_NewsManagerView.asp?ID=6180

In realtà, come vediamo dai prossimi link, la bozza preliminare del Rapporto Marty era già disponibile sul sito dell’Assemblea in data 12 dicembre, in inglese: http://assembly.coe.int/ASP/APFeaturesManager/defaultArtSiteView.asp?ID=964 anche in pdf (versione teoricamente non modificabile dato il formato del file):

http://www.assembly.coe.int/CommitteeDocs/2010/ajdoc462010prov.pdf

e in francese:

http://assembly.coe.int/ASP/APFeaturesManager/defaultArtSiteVoir.asp?ID=964

Ora abbiate la pazienza di confrontare le due versioni datate 12 dicembre 2010; alla nota 36 del Rapporto, in quella inglese (anche in pdf) troviamo la seguente frase: 36) “The combined influence of Muja and Veseli in this regard endured through the transitional phase of the Kosovo Protection Corps; both men were central to the design of the intelligence structures and strategic decision-making mechanisms inside the PDK party. Among the external parties they are reported to have engaged are members of the Albanian secret services, American private military and security companies, and Israeli intelligence experts.”

In quella francese, alla medesima nota 36, troviamo invece: 36) “L’influence conjuguée de Muja et Veseli dans ce domaine a perduré tout au long de la phase de transition du Corps de protection du Kosovo; les deux hommes auraient joué un rôle central dans la conception des structures de renseignement et des mécanismes de prise de décisions stratégiques au sein du PDK. Parmi les prestataires externes aux services desquels ils auraient eu recours figurent, selon certaines informations, les membres des services secrets albanais, des sociétés américaines de sécurité et militaires privées.» Dove sono finiti «gli esperti dell’intelligence israeliana» citati nella versione inglese del Rapporto?

Ricordiamoci che qui stiamo parlando degli esponenti di un gruppo criminale, Mujia e Veseli, incaricati dai loro capi di «annodare contatti» per riciclaggio di denaro sporco e altri reati piuttosto gravi.

Già qui la questione della omissione-censura appariva piuttosto strana.

Il 7 gennaio 2011, però, il sito dell’Assemblea pubblicava la versione definitiva del Rapporto Marty (Doc 12462), in inglese:

http://assembly.coe.int/Mainf.asp?link=/Documents/WorkingDocs/Doc11/EDOC12462.htm

e in francese:

http://assembly.coe.int/Mainf.asp?link=/Documents/WorkingDocs/Doc11/EDOC12462.htm

Ritorniamo alla «famosa» nota 36 e non troviamo più, neanche nella versione in inglese, il riferimento all’intelligence israeliana: 36) «Muja was the overall “Medical Co-ordinator” for the KLA General Staff, a post in which he oversaw the provision of medical treatment for wounded KLA soldiers, as well as other emergency cases in KLA operational zones. Muja notably made use of the Military Hospital in Tirana, Albania, and administered extensive supplies and equipment acquired by the KLA through foreign donations. During 1998 and 1999, as the official representative of the KLA, supported by elements in the Albanian Army and the Albanian secret services, Muja also administered a diverse array of other infrastructure: at least one helicopter, several well-funded construction projects and makeshift accommodation arrangements – including private houses and apartments – for KLA commanders, recruits and affiliates who travelled into Albania from overseas, including those en route to Kosovo”, idem alla nota 40), che riprende la 36) della versione del 12 dicembre: “The combined influence of Muja and Veseli in this regard endured through the transitional phase of the Kosovo Protection Corps; both men were central to the design of the intelligence structures and strategic decision-making mechanisms inside the PDK party. Among the external parties they are reported to have engaged are members of the Albanian secret services and American private military and security companies.”

Men che meno, ovviamente, nella versione francese: 36) “Muja était le «coordinateur médical» général de l’état-major général de l’UÇK, une fonction qui l’amenait à contrôler la fourniture des traitements médicaux destinés aux soldats blessés de l’UÇK et aux autres situations d’urgence des zones d’opération de l’UÇK. Muja a notamment utilisé l’hôpital militaire de Tirana, en Albanie, et a géré les fournitures et le matériel considérables acquis par l’UÇK grâce aux dons provenant de l’étranger. En 1998 et 1999, en sa qualité de représentant officiel de l’UÇK assisté par des éléments de l’armée albanaise et des services secrets albanais, Muja a également géré un ensemble de diverses autres infrastructures: un hélicoptère au moins, plusieurs projets de construction solidement financés et l’aménagement de logements improvisés – notamment de maisons et appartements privés – destinés aux commandants, recrues et auxiliaires de l’UÇK qui se rendaient en Albanie depuis l’étranger, y compris à ceux en transit pour le Kosovo” e nota 40): “L’influence conjuguée de Muja et Veseli dans ce domaine a perduré tout au long de la phase de transition du Corps de protection du Kosovo; les deux hommes auraient joué un rôle central dans la conception des structures de renseignement et des mécanismes de prise de décisions stratégiques au sein du PDK. Parmi les prestataires externes aux services desquels ils auraient eu recours figurent, selon certaines informations, les membres des services secrets albanais, des sociétés américaines de sécurité et militaires privées.”

Ora, qualcuno potrebbe forse contestare che questa censura riguardante il ruolo dell’intelligence israeliana non è poi così influente ai fini legali del rapporto, dove, oggettivamente, le rivelazioni più clamorose riguardano l’ammissione da parte del Tribunale dell’Aja (lo stesso che ancora si permette di dettare alla Serbia le condizioni della propria ammissione in Europa) della sua distruzione di prove documentali sui crimini commessi in Kosovo (insieme alle incredibili “negligenze” di ONU, UE, NATO ecc. mentre gli USA e Israele, almeno, sanno benissimo cosa devono fare…).

C’è però un aspetto importante che si nasconde dietro a questa manomissione (a meno che non si tratti di un’autocensura decisa dallo stesso Marty ma il significato non cambierebbe): almeno a partire dagli anni Ottanta, Israele e i suoi sostenitori ci vogliono convincere che sarebbe in atto uno “scontro di civiltà”, Occidente cristiano (buono) da una parte e Oriente musulmano, a volte confuciano (cattivo) dall’altra.

Il dichiarato appoggio di Israele alla guerra dell’UCK albanese (teoricamente musulmano, anche se in realtà si tratta di tutt’altro…) contro la Serbia cristiana (ortodossa) viene allora a sconvolgere le carte in tavola e a prospettare l’ipotesi (molto più reale) che l’attuale conflitto in corso a livello globale sia dovuto a cause geopolitiche, geoeconomiche e geostrategiche (l’occupazione dello spazio eurasiatico) che con la religione non hanno proprio nulla cui spartire.

Peccato che questa partita si giochi sulla pelle dei popoli, serbo o albanese che sia.


* Stefano Vernole, redattore di “Eurasia”, è autore di “La questione serba e la crisi del Kosovo”, Ed. Noctua, Molfetta, 2008.


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