E’ notizia dei giorni scorsi: il medico turco Yusuf Sonmez [nella foto], definito dai media kosovari il dottor Frankenstein per un suo presunto ruolo nell’espianto degli organi ai prigionieri serbi rapiti dall’UCK, è stato arrestato dalle autorità ma poi subito rilasciato in quanto non “sussisterebbe il pericolo di fuga”.

Vedremo come proseguirà l’inchiesta di Eulex, coordinata dal procuratore Jonathan Ratel, ma l’inizio ci sembra tutt’altro che promettente e cerchiamo di capire il perché.

Il polverone sulla vicenda ha finalmente avuto un eco internazionale grazie al rapporto presentato al Consiglio d’Europa dallo svizzero Dick Marty e intitolato: “Trattamento inumano di persone e traffico illecito di organi umani in Kosovo”.

Analizziamone i punti chiave, alcuni condivisibili altri meno, premettendo che per quanto contesterò a Marty (e che riguarda i suoi giudizi sulla politica di Milosevic in Kosovo e altrove rimando ai miei precedenti articoli e al mio testo: “La questione serba e la crisi del Kosovo, Noctua, 2008”).

Scrive Marty: “Nel periodo immediatamente dopo la fine del conflitto armato, prima che le forze internazionali potessero veramente prendere il controllo della regione e ristabilire una sembianza di ordine e di legalità, sarebbero stati prelevati gli organi su dei prigionieri in una clinica in territorio albanese, presso Fushe-Kruje, per trasportarli in seguito a fini di trapianto … Specie nel corso dei primi anni della loro presenza in Kosovo, le organizzazioni internazionali incaricate della sicurezza e della legalità (KFOR e UNMIK) hanno dovuto fare fronte a importanti problemi strutturali e a serie carenze di personale qualificato per assumere le mansioni loro affidate, disfunzioni aggravate da una rotazione rapida e continua dei quadri posti in Kosovo”.

Prima considerazione: stiamo parlando del Kosovo, un paese grande come l’Abruzzo: come è possibile che decine di migliaia di soldati della più grande organizzazione militare internazionale, la NATO, supportati anche dai contingenti di soldati di paesi non aderenti all’Alleanza Atlantica e sotto mandato ONU non riescano ad assicurare l’ordine pubblico, al punto che ancora nel 2004 ( a 5 anni dalla fine della guerra e dopo la pulizia etnica del 1999) nonostante l’intercettazione dei messaggi albanesi di chiamata alle armi non abbiano avuto la capacità di impedire i pogrom contro i serbi?

Lo stesso Marty, comunque, si rende conto che qualcosa non quadra: “Il TPIY (Tribunale Penale Internazionale dell’Aja), che aveva cominciato a procedere ad un primo esame sul posto per constatare l’esistenza di tracce di un eventuale traffico di organi, ha abbandonato queste investigazioni. Gli elementi di prova prelevati a Rripe, in Albania, sono stati distrutti e non possono di conseguenza essere più utilizzati per delle analisi più precise. Nessuna inchiesta è stata così aperta in seguito per una questione considerata tanto seria al punto che l’ex Procuratore del TPIY (Carla del Ponte, n.d.r.) ha ritenuto necessario renderlo pubblico nel suo libro … Le organizzazioni internazionali che lavorano in Kosovo hanno privilegiato un approccio politico pragmatico, ritenendo di dover favorire ad ogni costo la stabilità a breve termine (Quale??? La pulizia etnica subita da 350.000 persone tra serbi, rom, gorani ecc. dopo l’arrivo della KFOR in Kosovo? N.d.r.) e sacrificando così importanti principi di giustizia”.

Su più di 6000 dossiers di sparizioni aperti dalla Croce Rossa Internazionale, 1400 persone circa sono state ritrovate vive e 2500 cadaveri sono stati ritrovati e identificati. Per la maggior parte si tratta di vittime kosovare albanesi ritrovate nelle fosse scoperte nelle regioni sotto controllo serbo e in Kosovo. Alle circa 1900 persone scomparse durante il conflitto e la cui sorte non si è potuta stabilire (2/3 circa sono dei kosovari albanesi) vanno aggiunte circa 500 persone sparite dopo l’arrivo delle truppe della KFOR il 12 giugno 1999, di cui un centinaio di kosovaro albanesi e più o meno 400 non albanesi, la maggior parte serbi.”

Le cifre ufficiali di Marty confermano, quindi, quanto già si sapeva della guerra del 1999: nessun genocidio albanese, ma una dura guerra tra esercito serbo e UCK, con circa 2500 morti più gli scomparsi (William Cohen e il Pentagono in quei giorni parlavano di 100.000 morti per giustificare i bombardamenti sulla federazione Jugoslava!), tra i quali sarebbe curioso anche capire quanti rimasero vittime dei bombardamenti della NATO.

Ma proseguiamo col rapporto Marty: “Quanto al TPIY, aveva fatto qualche ricerca sulla famosa “Casa gialla”, operando tuttavia in modo molto superficiale e con un grado di professionalità che suscita varie perplessità. A ciò si aggiunge il fatto che il mandato del TPIY è stato ristretto ad un periodo e ad uno spazio ben delimitato: la giurisdizione internazionale è competente a perseguire e a giudicare i crimini fino al giugno 1999, fine del conflitto, e la sua competenza non si estende all’Albania, salvo che quella autorizzi espressamente degli atti d’inchiesta sul suo territorio”.

Anche qui troviamo un’altra incongruenza: a parte il fatto che i rapimenti e le uccisioni dei serbi in Kosovo, in maniera massiccia, iniziano già nel 1998 (cioè prima della guerra del marzo-giugno 1999), al punto da provocare l’intervento in forze della polizia di Milosevic contro l’UCK che in quell’anno aveva preso il controllo del 60% della provincia e di tutte le sue strade principali, non capiamo come sia possibile che la sovranità nazionale albanese, calpestata e derisa per anni da tutti, sia ora diventata un ostacolo insormontabile per le indagini di un tribunale penale internazionale come quello dell’Aja, massima autorità della giustizia mondiale (secondo i canoni occidentali).

Perché non si minaccia a Tirana l’esclusione dall’Unione Europea come avviene per la Serbia?

Vediamo allora come reagisce l’Europa, secondo Marty, all’eredità kosovara dopo l’amministrazione internazionale del Kosovo targata ONU: “La missione Eulex, insediata alla fine del 2008, ha così ereditato una situazione estremamente difficile. Numerosi dossiers di crimini di guerra, in particolare quelli di cui sono sospettati i combattenti dell’UCK, sono d’altronde stati consegnati dall’UNMIK in uno stato deplorevole (prove e testimonianze smarrite, gran lasso di tempo tra gli atti di investigazione incompleti), a tal punto che alcuni responsabili di Eulex non hanno avuto peli sulla lingua durante la nostra visita investigativa e hanno espresso il loro timore che numerosi dossiers dovranno essere abbandonati. Alcuni interlocutori che rappresentano la nascente società civile kosovara non hanno risparmiato, ugualmente, le loro critiche nei riguardi di Eulex: ci si attendeva che Eulex attaccasse finalmente anche gli “intoccabili”, di cui tutto il mondo conosce il passato più che discutibile. Invano: ci sono stati molti annunci, molte promesse, ma i risultati concreti si fatto tutt’ora attendere …”

Tra le note del rapporto Marty, in questa prima parte, sono significative alcune considerazioni del politico svizzero: “Gli Stati Uniti dispongono di un’ambasciata dotata di risorse impressionanti, così come di una base militare la cui importanza va ben aldilà della dimensione regionale … Abbiamo appreso che i partecipanti della KFOR (ad esempio il Regno Unito) hanno riportato in patria tutti i loro archivi: questi sono accessibili agli inquirenti di Eulex solamente sulla base di richieste individuali motivate, una procedura complessa che rallenta considerevolmente il lavoro della giustizia … Al momento della nostra visita nel gennaio 2010, Eulex non aveva sempre accesso ai dossiers del TPIY; ma il procuratore del TPIY avrebbe assicurato ad Eulex, recentemente, che l’accesso verrà accordato prossimamente … L’Ufficio delle persone scomparse e delle scienze legali OMPF), attualmente co-diretto da un rappresentante di Eulex e da un rappresentante delle autorità kosovare, sarebbe stato creato, stando a quanto si dice, “per eliminare il caos legato allUNMIK e al TPIY”.

Peccato che: “Ci sarebbero delle reticenze ugualmente in seno all’OMPF in rapporto alle sparizioni intervenute dopo il 12 giugno 1999” …

Vediamo ora la “professionalità” di quanti dovrebbero assicurare la giustizia internazionale: “Nel febbraio 2004, una visita d’osservazione sul posto è stata organizzata congiuntamente dal TPIY e dall’Unmik, con la partecipazione di un giornalista … Dei partecipanti a questa visita che noi abbiamo intervistato hanno espressamente denunciato una certa mancanza di professionalità, soprattutto per ciò che riguarda i prelevamenti di campioni e i verbali scientifici … I prelevamenti materiali effettuati sul posto sono stati in seguito distrutti dal TPIY, dopo essere stati fotografati, come il procuratore del Tribunale ci ha in seguito confermato in una lettera (Lettera di Serge Brammertz, Procuratore del TPIY, in data 19 dicembre 2009. In un incontro che ho avuto con la signora Del Ponte nel 2009, l’ex Procuratore mi aveva assicurato che questo materiale doveva essere conservato negli archivi e che la sua distruzione non era assolutamente concepibile).”

Ma come è possibile che i crimini commessi da un ex gruppo guerrigliero, guidato da narcotrafficanti, possano godere di simili censure?

Continuiamo con Marty: “Per più di 2 anni dopo la sua prima apparizione nel 1996, l’UCK, era considerato dagli osservatori occidentali come un gruppo marginale e disorganizzato di’insorti, i cui attacchi lanciati contro lo Stato jugoslavo venivano paragonati ad atti di “terrorismo” … le principali basi dell’UCK, dove si addestravano le sue reclute, si trovavano nel nord dell’Albania … Non è pertanto che nel secondo semestre del 1998 che l’UCK è venuto ad imporsi nell’immaginario della comunità internazionale, grazie al sostegno esplicito delle potenze occidentali basato sulla lobby degli Stati Uniti” … Questo apparente ruolo preminente dell’UCK, dovuto in gran parte agli Americani, era nei fatti prevedibile e ha rappresentato il solco sul quale l’UCK è giunto a prendere la supremazia sulle altre forze politiche albanesi del Kosovo che ambivano al potere … Thaci deve, senza alcun dubbio, la sua ascesa personale al sostegno politico e diplomatico degli Stati Uniti e delle altre potenze occidentali, che lo consideravano come il partner locale favorito del loro progetto di politica estera per il Kosovo”.

Queste parole di Marty sono molto importanti, perché confermano quanto da noi sempre sostenuto: non ci sarebbe stata nessuna guerra in Kosovo nel 1999 (nel 1995 a Dayton era stata decretata la fine delle guerre jugoslave) se, in un determinato momento (1998), Washington e i suoi alleati non avessero deciso di finanziare, armare e sostenere politicamente l’UCK, i cui capi, a quanto pare, sono trafficanti di droga, organi ed esseri umani.

Altro che responsabilità di Milosevic, reo, agli occhi dell’Occidente, di non aver firmato a Rambouillet l’occupazione del proprio paese da parte della NATO.

Commenta Marty: “E’ particolarmente sconcertante constatare che l’insieme della comunità internazionale in Kosovo – dal governo degli Stati Uniti e delle altre potenze occidentali alleate, fino alle autorità giudiziarie che esercitano le loro attività sotto la tutela dell’Unione Europea – possiedono senza dubbio le medesime informazioni schiaccianti su tutto l’insieme dei crimini commessi dal Gruppo di Drenica (guidato da Thaci, n,d.r.), ma nessuno di essi sembra pronto a reagire di fronte ad una tale situazione e a perseguire i responsabili”.

Prosegue Marty e qui c’è un mistero …: “Muja, Haliti e Veseli avrebbero come noto ricercato dei mezzi innovativi per utilizzare ed investire i milioni di dollari del fondo di guerra costituito dalle donazioni versate all’estero per la causa dell’UCK. Muja e Veseli d’altronde hanno tentato, per conto del Gruppo di Drenica, di annodare dei contatti con delle società straniere militari di sicurezza”. Molto bene (si veda, al proposito, anche il mio articolo “Kosovo: una partita truccata” e la parte relativa al Fondo di difesa Haradinaj), però nella versione inglese del rapporto Marty, alla nota 36, vengono indicati: “Tra i consulenti esterni ai servizi ai quali avrebbero fatto ricorso figurano, secondo certe informazioni, i membri dei servizi segreti albanesi, delle società americane di sicurezza, militari privati ed esperti dell’intelligence israeliana.”

Perché nella versione francese del rapporto Marty, il riferimento agli israeliani è stato omesso??? Forse perché si vuol far dimenticare che Thaci intrattiene stretti rapporti con Israele (1) e che buona parte degli organi espiantati ai prigionieri serbi pare finisca a Tel Aviv? (2).

Che il buon Marty debba guardarsi anche dai traduttori del Consiglio d’Europa?

Non è un caso che Marty indichi tra i paesi che non hanno finora risposto alle sua richiesta di cooperazione proprio Israele? (nota 12 del Rapporto).

Ma perché cita anche la Russia, che pure ha chiesto “la più ampia diffusione possibile del suo rapporto”?

Per il resto consigliamo a Marty di lasciare perdere “gli importanti problemi strutturali e la carenza di personale qualificato” di KFOR ed Unmik, quale causa del caos post bellico e di comprendere una questione essenziale: subito dopo il ritiro dell’esercito serbo dal Kosovo (previsto dal trattato di Kumanovo) ci fu il tentativo da parte dell’UCK, supportato a tal fine dai servizi segreti anglo-americani, di portare a termine la definitiva operazione di pulizia etnica dei serbi del Kosovo, in particolare di quelli del Nord di Kosovska Mitrovica, tentativo fallito per i motivi che spiego nel mio testo sopracitato.

Un solo esempio fa ben comprendere quanto siano ridicole le giustificazioni della comunità internazionale.

Appena terminata la guerra, il 10 giugno 1999, fu sufficiente un piccolo reparto di paracadutisti russi, arrivati in gran fretta dalla Bosnia, per assicurare la sicurezza dei serbi nella capitale del Kosovo, Pristina, città che allora abitavano a migliaia e dalla quale sono oggi praticamente scomparsi.

Le stesse immagini televisive trasmesse in quei giorni, anche in Italia, testimoniano dei serbi di Pristina, per strada, che lanciano fiori e saluti ad increduli soldati russi ai bordi dei loro blindati: evidentemente non avevano alcun timore ad esporsi.

Come è possibile che dopo l’arrivo di altre decine di migliaia di soldati della forza militare internazionale l’UCK abbia avuto tutta questa facilità nell’epurare i serbi ma anche gli albanesi giudicati “collaborazionisti” con Belgrado?

Con un po’ di buona volontà il tenace Marty potrà trovare la risposta anche tra le pieghe del suo rapporto.

* Stefano Vernole è redattore di “Eurasia”

Note

  1. “Kosovo: les relations de Thaci avec Israel irritent le monde arabe” http://laquestionesiciliana.blogspot.com/2008/10/kosovole-relazioni-di-thai-con-israele.html
  2. “Israele riceveva organi umani da trafficanti del Kosovo” http://italian.irib.ir/notizie/mondo/item/87344-criminalit%C3%A0-israele-riceveva-organi-umani-da-trafficanti-del-kosovo

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