Nel 2022 ricorreranno sia il centenario della nascita sia il trentennale della morte di Jean Thiriart (1922-1992), un “geopolitico militante”[1] di cui “Eurasia” si è occupata più volte, rendendo accessibili al pubblico italiano numerosi articoli da lui pubblicati su periodici oggi praticamente irreperibili[2]. Strenuo e indefesso propugnatore, nell’Europa divisa tra il blocco atlantico e quello euro-sovietico, della necessità storica di “edificare una grande Patria: l’Europa unitaria, potente, comunitaria”[3], nel 1964 Thiriart ne indicò le dimensioni geografiche e demografiche: “Nel contesto di una geopolitica e di una civiltà comune (…) l’Europa unitaria e comunitaria si estende da Brest a Bucarest. (…) Contro i 414 milioni di Europei vi sono i 180 milioni di abitanti degli USA e i 210 milioni di abitanti dell’URSS”[4]. Concepito come terza forza sovrana ed armata, indipendente da Washington e da Mosca, l’“impero di 400 milioni di uomini” preconizzato da Thiriart avrebbe dovuto instaurare con l’URSS un rapporto di coesistenza basato su condizioni precise: “Con l’URSS una coesistenza pacifica non sarà possibile se non dopo che tutte le nostre province dell’Est avranno riacquistata l’indipendenza. La vicinanza pacifica con l’URSS comincerà il giorno in cui questa retrocederà entro le frontiere del 1938. Ma non prima: ogni forma di convivenza che possa implicare la divisione dell’Europa non è che una frode”[5]. Secondo Thiriart la coesistenza pacifica tra l’Europa e l’URSS avrebbe avuto il suo esito più logico in “un asse Brest-Vladivostok. (…) Se l’URSS vuole conservare la Siberia, deve fare la pace con l’Europa, con l’Europa da Brest a Bucarest, lo ripeto. L’URSS non ha, ed avrà sempre meno, la forza per conservare Varsavia e Budapest da una parte e Chita e Khabarovsk dall’altra. Dovrà scegliere, o rischiare di perdere tutto. (…) L’acciaio che si produce nella Ruhr potrebbe servire benissimo a difendere Vladivostok”[6].

L’asse Brest-Vladivostok teorizzato all’epoca da Thiriart sembrava avere più che altro il significato di un accordo finalizzato a definire le rispettive aree d’influenza dell’Europa unitaria e dell’URSS, poiché “nella prima metà degli anni Sessanta Thiriart ragiona ancora nei termini di una geopolitica ‘verticale’[7], che lo porta a pensare secondo una logica più ‘eurafricana’ che ‘eurasiatica’, ovvero a delineare un’estensione dell’Europa da Nord a Sud e non da Est a Ovest”[8].

Lo scenario abbozzato nel 1964 venne sviluppato da Thiriart negli anni successivi, cosicché nel 1982 egli poteva definirlo nel modo seguente: “Non bisogna più ragionare o speculare in termini di conflitto fra l’URSS e noi, ma in termini di avvicinamento e poi di unificazione. (…) bisogna aiutare l’URSS a completarsi nella grande dimensione continentale. Ciò triplicherà la popolazione sovietica, che per questo fatto stesso non potrà più essere una potenza a dominante ‘carattere russo’. (…) Sarà la fisica della storia a costringere l’URSS a cercare rive sicure: Reykjavik, Dublino, Cadice, Casablanca. Al di qua di questi limiti l’URSS non avrà mai tranquillità e dovrà vivere in una preparazione militare incessante. E costosa”[9].

Ormai la visione geopolitica di Thiriart era diventata dichiaratamente eurasiatista: “L’Impero euro-sovietico – si legge in un suo articolo del 1987 – si inscrive nella dimensione eurasiatica”[10]. Tale concetto venne da lui ribadito nel lungo discorso pronunciato a Mosca tre mesi prima di morire: “L’Impero europeo – disse – è, per postulato, eurasiatico”[11].

L’idea di un “Impero euro-sovietico” venne formulata da Thiriart in un libro scritto nel 1984 e uscito postumo nel 2018[12]. Nel 1984, scriveva l’autore, “la storia conferisce ai Sovietici l’eredità, il ruolo, il destino che per un breve momento era stato assegnato al Reich: l’URSS è la principale potenza continentale in Europa, è l’heartland dei geopolitici. Il mio discorso attuale è rivolto ai capi militari di quel magnifico strumento che è l’Armata sovietica, uno strumento al quale manca una grande causa”[13]. Partendo dalla constatazione che nel mosaico europeo costituito di Stati satelliti degli USA e dell’URSS l’unico Stato realmente indipendente, sovrano e militarmente forte era quello sovietico, Thiriart assegnava all’URSS un ruolo analogo a quelli svolti dal Regno di Sardegna nel processo di unificazione italiana e dal Regno di Prussia nel mondo germanico o, per citare un parallelo storico più antico proposto dallo stesso Thiriart, dal Regno di Macedonia nella Grecia del IV secolo a.C.: “La situazione della Grecia del 350 a.C., frantumata in Stati cittadini rivali e spartita fra le due potenze dell’epoca, Persia e Macedonia, presenta un’evidente analogia con la situazione dell’attuale Europa occidentale, divisa in piccoli e deboli Stati territoriali (Italia, Francia, Inghilterra, Germania federale) sottomessi alle due superpotenze”[14]. Perciò, come vi fu un partito filomacedone ad Atene, così sarebbe stato opportuno creare nell’Europa occidentale un partito rivoluzionario che collaborasse con l’Unione Sovietica; la quale, oltre a liberarsi dalle pastoie ideologiche dell’incapacitante dogmatismo marxista, avrebbe dovuto evitare ogni tentazione di instaurare un’egemonia russa sull’Europa, altrimenti la sua impresa sarebbe inevitabilmente fallita, così come era fallito il tentativo napoleonico di instaurare un’egemonia francese sul continente. “Non si tratta – precisava Thiriart – di preferire un protettorato russo ad un protettorato americano. No. Si tratta di fare scoprire ai Sovietici, i quali probabilmente ne sono inconsapevoli, il ruolo che essi potrebbero svolgere: ingrandirsi identificandosi con tutta l’Europa. Così come la Prussia, ingrandendosi, diventò l’Impero tedesco. L’URSS è l’ultima potenza europea indipendente che dispone di un’importante forza militare. Ad essa manca l’intelligenza storica”[15].

* * *

Da trent’anni l’URSS non esiste più. Tuttavia la Federazione Russa, col suo immenso territorio esteso dalla Crimea fino a Vladivostok, è oggi, come l’URSS nel 1984, l’unico Stato realmente indipendente e sovrano in un’Europa che, invece, è frazionata in una moltitudine di staterelli sottoposti all’egemonia di Washington. Infatti l’unico territorio europeo che non sia occupato dalle basi militari degli USA o della NATO è quello russo. L’unico esercito che non sia integrato in un’organizzazione militare egemonizzata dagli Stati Uniti d’America è quello della Federazione Russa. L’unica capitale europea che non sia tenuta a chiedere permessi agli USA e a render loro conto è Mosca. Ed anche sul piano spirituale ed etico è soltanto la Russia a difendere quei valori che, patrimonio dell’autentica civiltà europea come di ogni civiltà normale, sono bersaglio della massiccia offensiva scatenata dai barbari d’Occidente “contro i fondamenti di tutte le religioni del mondo e contro il codice genetico delle civiltà, con l’obiettivo di abbattere tutti gli ostacoli sulla via del liberalismo”. Sono parole del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, che in un’analisi apparsa sulla rivista russa “Russia in Global Affairs” ha denunciato il pericolo mortale della “guerra in atto contro il genoma umano, contro ogni etica e contro la natura”[16].

In un’Europa ormai incapace anche semplicemente di immaginare la possibilità e la legittimità di un regime politico diverso da quello democratico che le è stato imposto nelle due fasi successive del 1945 e del 1989, soltanto la classe di governo russa si dimostra consapevole del fatto che la democrazia non è per nulla l’unico ordinamento possibile, indistintamente valido in ogni luogo della terra, indipendentemente dalle specificità etniche, culturali e religiose. Ad esempio, commentando l’intervento degli Stati Uniti in Afghanistan, Sergej Lavrov ha detto: “Probabilmente la conclusione più importante è che non bisogna insegnare a nessuno come vivere, tanto meno costringerlo”; ed ha ricordato i casi dell’Iraq, della Libia e della Siria, dove “gli americani volevano far vivere tutti come avrebbero voluto”[17]. Qualche giorno prima, il 20 agosto 2021, Vladimir Putin aveva impartito all’Europa rincretinita la stessa lezione di realismo politico, contro “il Moloch dell’universale” – tanto per usare l’espressione coniata da un filosofo connazionale del Presidente russo, Vissarion G. Belinskij (1811-1848). Ha dichiarato testualmente Putin: “Non si può imporre il proprio stile di vita ad altri popoli, perché hanno le loro tradizioni. Questa è la lezione da trarre da quanto accaduto in Afghanistan. D’ora in poi lo standard sarà il rispetto delle differenze, perché non si può esportare la democrazia, che uno lo voglia o no”[18].

La circostanza nella quale Putin ha pronunciato queste parole, una conferenza stampa con la cancelliera tedesca, avrà forse richiamato alla mente di qualcuno le parole visionarie di Dostoevskij: “La Germania ha bisogno di noi più di quel che pensiamo. E non ha bisogno di noi solo per una temporanea alleanza politica, ma per un’alleanza sempiterna. L’idea di una Germania riunificata è grandiosa e maestosa e affonda le radici nella notte dei tempi. (…) Due grandi popoli, dunque, sono destinati a mutare il volto di questo mondo”[19].

Oggi ad aver bisogno della Russia non è soltanto la Germania, ma tutta l’Europa, precipitata ormai in prossimità del punto critico che Dostoevskij intravide allorché presagì che “tutte le grandi potenze dell’Europa finiranno per essere annientate, per la semplice ragione che saranno logorate e sovvertite dalle tendenze democratiche”[20] e che la Russia avrebbe solo dovuto attendere “il momento in cui la civiltà europea giungerà all’ultimo respiro, per raccoglierne ideali e obbiettivi”[21].

Certo, la situazione attuale non induce la Russia a prendere in considerazione, anche solo come possibilità teorica, l’assunzione del ruolo di potenza aggregatrice dell’Europa. Tuttavia, se a Mosca ancora manca quella che Jean Thiriart chiamava l’“intelligenza storica” necessaria a concepire il disegno grandioso della liberazione dell’Europa dall’occupazione americana e della costruzione di una superpotenza imperiale compresa fra l’Atlantico e il Pacifico, a favorire la nascita di una tale intelligenza saranno probabilmente le condizioni oggettive che la Russia si troverà a dover affrontare nei prossimi anni.


NOTE

[1] Tale definizione (cfr. “Eurasia” 2/2018, p. 13) è stata impiegata per intitolare l’edizione italiana dell’unica biografia di Thiriart: Yannick Sauveur, Jean Thiriart, il geopolitico militante, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2021. Edizione francese: Qui suis-je ? Thiriart, Éditions Pardès, Grez-sur-Loing 2016. Si veda l’intervista rilasciata da Sauveur a Robert Steuckers: Yannick Sauveur, biografo di Jean Thiriart, “Eurasia”, 4/2017, pp. 199-206.

[2] Praga, l’URSS e l’Europa, 1/2012; Criminale nocività del piccolo nazionalismo: Sud Tirolo e Cipro, 2/2013; La geopolitica, l’Impero, l’Europa, 1/2014; L’Europa fino a Vladivostok (prima parte), 4/2015; L’Europa fino agli Urali: un suicidio!, 2/2016; Intervista a Jean Thiriart (di Gene H. Hogberg), 2/2016; La NATO: strumento di servitù, 2/2017; Illusioni nazionaliste, 3/2017; L’Europa fino a Vladivostok (seconda parte), 4/2017; Esiste un “buon popolo” americano?, 1/2018; Carteggio col generale Perón, 1/2018; USA: un impero di mercanti, 2/2018; L’Occidente contro l’Europa, 3/2018; Dalla “Grande Europa” all’Europa più grande, 3/2018; L’imperialismo d’integrazione e gli Stati unitari, 4/2019; La stella polare della politica americana, 1/2019; Il vero pericolo tedesco, 2/2019; Il fallimento dell’impero britannico, 3/2019; Nazioni fittizie e nazionalismi illusori, 4/2019; Gli Arabi e l’Europa, 2/2020; Il mito europeo contro le utopie europee, 4/2020; La NATO: strumento di servitù, 1/2021; La pace americana: la pace dei cimiteri, 3/2021; La Russia in permanente stato d’assedio, 4/2021.

[3] Jean Thiriart, Un empire de 400 millions d’hommes: l’Europe, Bruxelles 1964. Trad. it. di Massimo Costanzo: Un impero di 400 milioni di uomini: l’Europa, Giovanni Volpe, Roma 1965, p. 19. Trad. it. di Giuseppe Spezzaferro: L’Europa: un impero di 400 milioni di uomini, Avatar, Dublino 2011.

[4] Jean Thiriart, Un impero di 400 milioni di uomini: l’Europa, cit., pp. 17-18.

[5] Jean Thiriart, Un impero di 400 milioni di uomini: l’Europa, cit., p. 21.

[6] Jean Thiriart, Un impero di 400 milioni di uomini: l’Europa, cit., pp. 26-29.

[7] Sui concetti di geopolitica “verticale” ed “orizzontale”, si vedano le osservazioni critiche sviluppate da Carlo Terracciano in relazione alla prospettiva geopolitica “verticale” di Aleksandr Dugin: C. Terracciano, Europa-Russia-Eurasia: una geopolitica “orizzontale”, “Eurasia”, 2/2005, pp. 181-197.

[8] Lorenzo Disogra, L’Europa come rivoluzione. Pensiero e azione di Jean Thiriart, Prefazione di Franco Cardini, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2020, p. 30.

[9] Jean Thiriart, Entretien accordé à Bernardo Gil Mugurza [rectius: Mugarza] (1982), in: AA. VV., Le prophète de la grande Europe, Jean Thiriart, Ars Magna 2018, p. 349.

[10] Jean Thiriart, La Turquie, la Méditerranée et l’Europe, “Conscience européenne”, n. 18, luglio 1987.

[11] Il lungo articolo L’Europe jusqu’à Vladivostok, diffuso nella traduzione russa sul periodico “Den’” e pubblicato in francese sul n. 9 di “Nationalisme et République” nel settembre 1992, venne ripreso nella conferenza stampa che Jean Thiriart tenne a Mosca il 18 agosto di quel medesimo anno. La traduzione italiana è apparsa su “Eurasia”: la prima parte nel n. 4/2013 (pp. 177-183), la seconda parte nel n. 4/2017 (pp. 131-145).

[12] Jean Thiriart, L’Empire euro-soviétique de Vladivostok à Dublin, Préface de Yannick Sauveur, Éditions de la Plus Grande Europe, Lyon-Bruxelles-Moscou 2018; trad. it. di C. Mutti: L’Impero euro-sovietico da Vladivostok a Dublino, a cura di Yannick Sauveur, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2018.

[13] Jean Thiriart, L’Impero Euro-sovietico da Vladivostok a Dublino, cit., p. 204.

[14] Jean Thiriart, L’Impero Euro-sovietico da Vladivostok a Dublino, cit., p. 190.

[15] Jean Thiriart, L’Impero Euro-sovietico da Vladivostok a Dublino, cit., p. 191.

[16] L’Occidente sta conducendo una guerra contro tutte le religioni e il codice genetico umano, afferma il diplomatico russo, https://strategika51.org, 30 giugno 2021.

[17] Lavrov su campagna militare Usa in Afghanistan: “non insegnate a nessuno come vivere”, Sputnik Italia, 25 agosto 2021.

[18] ANSA, Mosca, 20 agosto 2021.

[19] F. Dostoevskij, Diary of a writer, London 1949, vol. II, pp. 912-913.

[20] F. Dostoevskij, Diary of a writer, cit., vol. I, p. 296.

[21] F. Dostoevskij, Kriticeskie stat’i, in Sobranie sočinenij, Pietroburgo, 1894-1895, vol. IX, p. 25.


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Claudio Mutti, antichista di formazione, ha svolto attività didattica e di ricerca presso lo Studio di Filologia Ugrofinnica dell’Università di Bologna. Successivamente ha insegnato latino e greco nei licei. Ha pubblicato qualche centinaio di articoli in italiano e in altre lingue. Nel 1978 ha fondato le Edizioni all'insegna del Veltro, che hanno in catalogo oltre un centinaio di titoli. Dirige il trimestrale “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”. Tra i suoi libri più recenti: A oriente di Roma e di Berlino (2003), Imperium. Epifanie dell’idea di impero (2005), L’unità dell’Eurasia (2008), Gentes. Popoli, territori, miti (2010), Esploratori del continente (2011), A domanda risponde (2013), Democrazia e talassocrazia (2014), Saturnia regna (2015).