Lunedì 12 novembre 2007, presso la libreria “La Torre di Abele” in Via Pietro Micca 22 a Torino, si è tenuto un incontro con Hamit Bozarslan, Maître de conference presso l’Haute École d’Études di Parigi ed autore del libro “La Turchia contemporanea” (Bologna 2006).

Stimolato dalla giornalista de “il manifesto” Orsola Casagrande, lo studioso turco trapiantato in Francia ha passato in rassegna varie “questioni” che occupano la scena politico-sociale della Turchia contemporanea, dalla “questione curda” al peso dei militari, dalla recente crisi istituzionale che ha visto un braccio di ferro tra l’esercito e il partito AKP all’adesione della Turchia all’UE.

Hamit Bozarslan non ha nascosto la sua forte preoccupazione per il nazionalismo turco, a suo avviso ben radicato anche nella sinistra, definita “nazional-socialista” (i Turchi come “popolo oppresso”). Tale nazionalismo sarebbe il collante di tendenze altrimenti contrapposte, per cui anche il partito di tendenza islamica oggi al governo non può prescindere dal fattore nazionalistico, al punto che – secondo Bozarslan – la “turchità” si servirebbe dell’Islam come elemento identitario: un “buon turco” dev’essere perciò “sunnita” e “ateo”, con un Islam svuotato del suo senso intimo. Quest’apparentemente contraddittoria miscela si riflette in una concezione dell’“altro come pericolo”, per cui anche le uccisioni di sacerdoti cattolici andrebbero inquadrate non in un conflitto interreligioso, ma nelle strategie “destabilizzatici” delle frange più accesamente nazionaliste (manipolate da chi detiene il potere).

I tre pilastri della storia turca, secondo l’autore dello studio recensito su “Eurasia” 2/2007, sarebbero: l’Innocenza, ovvero il culto dell’“età dell’oro ottomana”, riletta e strumentalizzata in base ad un cliché nazionalista turco; il Tradimento, incarnato di volta in volta dagli Armeni, dai Curdi, dai Comunisti ecc.; la Liberazione, cioè la “guerra patriottica” condotta dopo la Prima guerra mondiale da Mustafa Kemal.

Ora, tutti e tre questi fattori sarebbero condivisi anche dall’AKP, il quale differisce notevolmente dai movimenti islamisti dei Paesi arabi che rifiutano la retorica nazionalista di cui si serve il potere “laico” da essi avversato. Il nazionalismo, dunque, secondo Bozarslan, sarebbe una vera e propria tragedia della Turchia contemporanea, anche perché ha provocato una tendenza all’omogeneizzazione (turchizzazione) di una realtà decisamente plurale anche in ciò che restava dell’Impero Ottomano e che poi ha costituito la Repubblica di Turchia.

Ad ogni modo, questo spiccato nazionalismo incarnato storicamente dall’Esercito può riservare delle sorprese per quanto riguarda lo scenario regionale ed internazionale. Difatti, lo stesso Bozarslan ha riconosciuto che sebbene l’opzione militare in Iraq sia aperta perché l’Esercito è “troppo forte” (mancanza di una “società civile”), gli alti gradi militari, probabilmente giunti ad un accomodamento con l’AKP, si stanno rivelando non più filo-atlantici come in passato.

L’attacco all’Iraq, per costoro, è da interpretare come un attacco non troppo velato alla Turchia, all’Iran e alla Russia, così stanno aumentando i quadri dell’Esercito che vogliono abbandonare gli Stati Uniti per orientarsi verso il superblocco costituito dalle potenze dell’Organizzazione della Conferenza di Shangai.

In tale contesto si situa la produzione di una letteratura e di una filmografia accesamente anti-americana (l’esempio più noto è il film “La valle dei lupi”, che verrà presentato a Modena sabato 17 novembre dal Coordinamento Progetto Eurasia) che sta riscuotendo un vasto successo in Turchia e che a nostro avviso Bozarslan bolla sbrigativamente come un sistema di “legittimazione della mafia nazionalista” ed un’ammissione da parte dello Stato che l’“illegalità” (il riferimento è alla trama del suddetto film, dove agenti segreti turchi di stanza nel Kurdistan iracheno sbaragliano le forze statunitensi con metodi “illegali”, che però – forse Bozarslan non lo sa? – sono quelli praticati da tutti i servizi segreti!) viene assunta come suo normale modus operandi.

Sebbene sia comprensibile e condivisibile la critica ad un nazionalismo esuberante ed a tratti oppressivo socialmente, va tuttavia rilevato che il cambiamento verso un mondo multipolare non può passare attraverso le classiche dinamiche “di sinistra”, tanto più che l’auspicata “rivoluzione democratica” che “non può essere raggiunta con una politica dei piccoli passi” (Bozarslan) sta tingendosi regolarmente, nei Paesi oggetto delle mire degli atlantici, non di quella varietà di colori che può rendere bene l’idea di una società pluralista, ma di un monotono arancione che nasconde il verde del dollaro.

Ecco perché – come rilevato da Bozarslan – se nel 2004 la maggioranza dei Turchi era entusiasta di un ingresso nell’UE, oggi solo una minoranza desidera un esito che realizzerebbe uno dei poco auspicabili scenari evocati da Tiberio Graziani nel saggio “Turchia dall’Impero all’Eurasia”, sviando la Turchia dalla sua funzione geopolitica che è quella – al pari di quella della Russia – di ‘cerniera’ tra l’Europa e l’Asia in un’ottica d’integrazione eurasiatica.

* Nota bio-bibliografica su Enrico Galoppini.
Insegna Storia dei Paesi islamici presso la Facoltà di Scienze della Formazione – corso di Lingue e culture dell’Asia e dell’Africa – dell’Università Kore di Enna e presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Torino. Diplomato in lingua araba (diploma di “fine corso”) presso l’Università della Giordania e l’Istituto Bourghiba di Tunisi (1998-1999). Come interprete e traduttore dall’arabo all’italiano ha lavorato ad un progetto di catalogazione del patrimonio urbanistico e archeologico yemenita finanziato dal MAE (2000-2001), e come accompagnatore di viaggi culturali nel Vicino Oriente. Insegna lingua araba da vari anni. Anima, dal 2002, il sito “Aljazira.it”. È nel comitato di redazione della rivista di Studi geopolitici «Eurasia». Fa parte del Comitato scientifico di un progetto di ricerca dell’ISSE (Istituto Studi Storici Europei) e dell’Istituto LUCE sui rapporti tra l’Italia e il Mondo arabo-islamico in età contemporanea: il risultato è il dvd Italia e Islam. Dalla guerra di Libia a Nassirya. Ha tenuto varie conferenze in Italia e all’estero (anche in Paesi arabi) sui temi dell’islamofobia, dell’informazione e della guerra (temi trattati anche in interviste radiofoniche ad emittenti nazionali ed estere), ed ha partecipato alla presentazione di libri e riviste. Particolarmente interessato agli aspetti religioso e storico-politico del mondo arabo-islamico, alla storia del colonialismo, all’attualità politica internazionale e alla geopolitica, ma anche a fenomeni di costume, collabora o ha collaborato a numerose testate, tra le quali «Eurasia», «LiMes», «Imperi», «Levante», «La Porta d’Oriente», «Kervàn», «Africana», «Meridione. Sud e Nord del mondo», «Diorama Letterario», «Rinascita», «Italicum», «Il Consapevole», «Luci sulla città». Tra le sue pubblicazioni: · L’oggetto misterioso. L’immagine dell’Islàm nell’Italia tra le due guerre mondiali, “Africana”, V, 1999, pp. 97-113. · Il pregiudizio sulle popolazioni della Libia in epoca coloniale. Uno strumento al servizio della «missione di civiltà», “La Porta d’Oriente”, n. 2, agosto 2000, pp. 66-87. · Il Fascismo e l’Islàm (prefaz. di F. Cardini), Parma 2001. · Tripoli bel suol d’affari [storia delle relazioni italo-libiche nell’ “era Gheddafi”], “LiMes”, 5/2002, pp. 121-136. · Introduzione al libro di S. Fabei, Il Reich e l’Afghanistan, Parma 2002, pp. 5-12. · Prefazione al libro di P. J.-M. Benjamin, Iraq, trincea d’Eurasia, Parma 2002, pp. 5-16. · Fascismo, Nazionalsocialismo e Islâm: un anelito ancora attuale e una messa a punto bibliografica, in G. Igonetti (a cura di), Islam e Occidente, Napoli 2003, pp. 143-165. · Road Map o Wall Map? [il “Muro di separazione” in Palestina], “LiMes”, 5/2003, pp. 191-201. · Democrazia Export. Le elezioni del 30 gennaio 2005 nell’Iraq occupato, “Oltremare – Osservatorio sul Mediterraneo”, n. 10, marzo 2005, pp. 16-26 – inserto della rivista “Meridione. Sud e Nord del Mondo”, a. IV, n. 6, nov.-dic. 2004. · Mondo islamico e disinformazione: la dimensione mediatica dello “scontro di civiltà”, “Eurasia”, 3/2005, pp. 193-198. · Il Celeste Impero e la Mezzaluna [storia dei rapporti tra il mondo islamico e la Cina], “Eurasia”, 1/2006, pp. 85-101. · L’Islam non va ai talk-show [analisi del c.d. “Islam mediatico], “Imperi”, n. 8, anno 3, 2006, pp. 11-26 (con bibliografia ragionata). · Ma l’Islam è davvero un problema? [Il rapporto tra islamofobia e strategie geopolitiche atlantiche], “Imperi”, n. 9, a. 3, 2006, pp. 173-179. · La traslitterazione dall’arabo all’italiano (in tre parti, su “La Porta d’Oriente”, tra 2006 e 2007) · Disinformazione e Islàm: attori, tattiche, finalità (libro in corso di pubblicazione).


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Enrico Galoppini scrive su “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” dal 2005. È ricercatore del CeSEM – Centro Studi Eurasia-Mediterraneo. Diplomato in lingua araba a Tunisi e ad Amman, ha lavorato in Yemen ed ha insegnato Storia dei Paesi islamici in alcune università italiane (Torino ed Enna); attualmente insegna Lingua Araba a Torino. Ha pubblicato due libri per le Edizioni all’insegna del Veltro (Il Fascismo e l’Islam, Parma 2001 e Islamofobia, Parma 2008), nonché alcune prefazioni e centinaia di articoli su riviste e quotidiani, tra i quali “LiMes”, “Imperi”, “Levante”, “La Porta d'Oriente”, “Kervàn”, “Africana”, “Rinascita”. Si occupa prevalentemente di geopolitica e di Islam, sia dal punto di vista storico che religioso, ma anche di attualità e critica del costume. È ideatore e curatore del sito "Il Discrimine".