Intervista del vicedirettore di “Eurasia” Stefano Vernole al periodico iraniano “Bayt al-moqaddas” (28 luglio 2019)

Come analizza le attuali tensioni in Medio Oriente?

Le attuali tensioni in Medio Oriente derivano essenzialmente dal fallimento del piano neocons USA per la Siria. La vittoria di Bashar al Assad consente all’Asse della Resistenza di mantenere una forte influenza in un’area geopoliticamente strategica e decisiva per il controllo dell’economia mondiale. Allo stesso tempo, fallisce il tentativo di circondare l’Iran e dividere Russia e Cina, tre paesi i cui destini sembrano sempre più connessi. Ora rimane importante assicurare una seria deterrenza militare sia a Damasco che a Teheran, per evitare altre future aggressioni militari e contribuire invece alla ricostruzione del paese, dopo aver neutralizzato le ultime sacche della ribellione dei takfiri. Da un punto di vista simbolico, l’intervento militare di Mosca a sostegno del governo di Damasco segna un’inversione di una tendenza decisiva nella destabilizzazione permanente dell’area da parte delle forze atlantiste.

Ritiene che le pressioni di Trump sull’Iran avranno successo?

Dipende da quali sono i veri obiettivi di Donald Trump, un presidente degli Stati Uniti che, eletto in modo un po’ anomalo rispetto al passato, ha contro di sé i due partiti storici del suo paese e una buona parte dell’establishment e dei media. Approfittando di questa sua posizione, la lobby sionista di “estrema destra” si è assicurata un buon “cavallo” per scalzare l’Iran dall’egemonia regionale. Resta da capire quanto Trump sia davvero deciso ad avventurarsi in azioni militari contro Teheran, visto che finora si è limitato ai gesti simbolici. La situazione è diversa da un punto di vista economico, in quanto il presidente degli Stati Uniti è il tipico uomo d’affari che si siede ad un tavolo per ottenere vantaggi commerciali con tutti. Per quanto riguarda l’Iran, mi sembra che la pressione stia finendo in un vicolo cieco, data l’opposizione di Europa, Russia e Cina al rafforzamento delle sanzioni economiche. Non so quanto possano essere efficaci le contromisure adottate per aggirarle; paradossalmente è più facile per gli USA favorire una vittoria dell’ala conservatrice a Teheran piuttosto che un’improbabile caduta del complesso sistema politico iraniano. Più passano gli anni, più gli Stati Uniti si indeboliscono; se finora non sono riusciti a scatenare un conflitto, dubito che vi riusciranno tra qualche anno; è più probabile, nel caso in cui i riformisti di Rohani vengano sconfitti, che scoppi qualche altro conflitto di bassa intensità combattuto attraverso terzi, ma non una vera guerra generalizzata nella regione.


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Stefano Vernole, laureato in Storia contemporanea e in analisi dei conflitti, delle ideologie e della politica nel mondo contemporaneo, ha lavorato nel campo della catalogazione bibliografica e nel settore della Pubblica Amministrazione.
È giornalista pubblicista, responsabile relazioni esterne del Centro Studi Eurasia Mediterraneo. È autore di Ex Jugoslavia: gioco sporco nei Balcani. Frammentazione nazionale e risiko geopolitico del Kosovo (2013), La questione serba e la crisi del Kosovo (2008), nonché coautore di La lotta per il Kosovo (2007), Tibet crocevia tra passato e futuro (2014), Alla scoperta del Tibet (2015), Lo Xizang (Tibet) e la Nuova Via della Seta (2016).