Fonte: “Affari Internazionali

 

Nonostante i tagli al bilancio comuni a molti paesi europei, Gran Bretagna e Francia mantengono forti investimenti nel settore della difesa, e in particolare in Ricerca & Sviluppo, mentre in l’Italia permane un problema di squilibrio tra le varie voci del bilancio della difesa che mette a rischio la tenuta stessa dello strumento militare. È quanto si ricava dallo studio annuale IAI su Economia e industria della difesa: tabelle e grafici , appena pubblicato. 

Orizzonte europeo
Nel 2010 alcuni dei più importanti paesi europei hanno tagliato le spese per la difesa: rispetto all’anno precedente: il Regno Unito le ha ridotte di più del 10%, la Spagna di quasi del 4%, l’Italia di circa il 2%, mentre la Germania e la Francia le hanno mantenute sostanzialmente stabili (+0,3%). Ciononostante, la Gran Bretagna è ancora il paese dell’Unione europea che, in termini assoluti, spende di più, con 38,4 miliardi di euro, seguito dalla Francia e dalla Germania (32,1) e, a distanza, dall’Italia (14,3) e dalla Spagna (7,7).

Per avere un quadro più completo, inoltre, è utile rapportare queste spese al prodotto interno lordo (Pil). Si scopre così che la Gran Bretagna ha speso per la difesa ben il 2,3% del Pil, la Francia l’1,7%, la Germania l’1,2%, l’Italia lo 0,9% e la Spagna lo 0,7%.

Il calcolo si riferisce, nello specifico, alla “funzione difesa”, ossia ai costi relativi al funzionamento delle Forze Armate: personale, addestramento, acquisizione e manutenzione degli equipaggiamenti, ricerca, e investimenti in infrastrutture militari. Sono escluse invece le voci che non riguardano il funzionamento dello strumento militare, come ad esempio le pensioni.

Funzione difesa, 2010, dati in miliardi di euro.
Fonte: “Economia e industria della difesa: tabelle e grafici”, IAI, aprile 2011.

Ricerca e sviluppo
Prendendo in considerazione le spese per gli investimenti (ossia i fondi per l’acquisto di nuovi mezzi ed equipaggiamenti, inclusi i programmi internazionali) e quelle per Ricerca & Sviluppo (R&S) la classifica cambia, così come la tendenza nei vari paesi: rispetto al 2009, Gran Bretagna e Germania hanno tagliato i fondi di quasi il 10%, la Spagna del 35%, mentre l’Italia li ha aumentati di circa il 10% e la Francia dello 0,6%.

Se si leggono i dati assoluti, tuttavia, il quadro che si delinea è, di nuovo, simile al precedente: Francia e Gran Bretagna sono i paesi che, in Europa, spendono significativamente di più in investimenti e R&S (15,4 e 10,5 miliardi di euro), lasciando molto indietro la Germania (7,6), l’Italia (3,2) e la Spagna (1,1).

I paesi dell’Ue, che come aggregato hanno una popolazione e un Pil maggiori di quelli degli Stati Uniti, nel 2009 hanno speso complessivamente in investimenti circa un quarto degli americani, mentre il rapporto tra le rispettive spese in R&S è stato di uno a sei. Oltre al gap in valore assoluto, c’è quindi un problema di sotto-finanziamento delle attività necessarie per mantenere il passo con l’evoluzione tecnologica e della minaccia. Basti pensare, ad esempio, alle nuove problematiche della sicurezza informatica.

Un altro dato da considerare per quanto riguarda il quadro europeo è il rapporto tra le spese per la funzione difesa e il personale militare, che si ottiene dividendo le prime per il numero totale di soldati inquadrati nelle forze armate di un determinato paese. Anche in questo caso, coerentemente con quanto evidenziato poco sopra, emerge che tutti i paesi citati hanno diminuito le risorse della difesa destinate al personale militare. Nuovamente, l’Italia si colloca ben al di sotto dei suoi alleati europei, segnalando in parte lo squilibrio interno tra le voci di spesa del proprio bilancio: il nostro paese spende infatti 81.000 euro per ogni soldato, contro i 194.000 del Regno Unito, i 136.000 della Francia e i 124.000 della Germania.

L’Italia nel 2011
Ma come impegnerà l’Italia concretamente le risorse per la difesa nel 2011? Il calcolo non è facile né univoco. La metodologia adottata dallo studio dello IAI include solo le voci che contribuiscono realmente a produrre sicurezza esterna per il paese, ossia la funzione difesa, le spese per le missioni militari all’estero, quelle per le infrastrutture e gli investimenti per l’acquisizione e lo sviluppo di armamenti.

Da questo esame emerge che nel 2011 la spesa per la difesa dell’Italia ammonterà a 17,8 miliardi di euro. Nel conteggio vengono inclusi, oltre ai fondi per la funzione difesa (14,4 miliardi), le spese per le missioni internazionali per la parte riguardante le Forze Armate e i fondi gestiti da altri dicasteri, ma che sono funzionali alla produzione di sicurezza esterna, come quelli presso il ministero dello sviluppo economico riguardanti i programmi d’investimento e di R&S in materiali di cui beneficia anche la difesa.

Una somma dunque inferiore ai 20,36 miliardi indicati nella Nota Aggiuntiva allo stato di previsione per la Difesa per l’anno 2011. Nello specifico, saranno destinati 10,77 miliardi al personale (funzione difesa, carabinieri e fondo missioni), 1,81 all’esercizio, 3,76 alle infrastrutture e 5,15 all’investimento e alla R&S (dei quali circa 1,7 erogati dal ministero dello sviluppo per progetti industriali di rilevanza nazionale).

Questi numeri confermano i forti squilibri nella composizione della spesa che si registrano ormai da diversi anni. Nonostante le spese per il personale diminuiscano rispetto all’anno precedente, esse rappresentano oltre il 65% dei fondi complessivi della funzione difesa: una percentuale molto lontana dal modello ottimale del 40-30-30 (rispettivamente per personale, esercizio ed investimento), fissato anni fa come obiettivo per la realizzazione del nuovo Modello di difesa.

Spese Funzione difesa Italia, 2002-2011, dati in milioni di euro.
Fonte: “Economia e industria della difesa: tabelle e grafici”, IAI, aprile 2011.

Capitale umano
Preoccupante, in particolare, è il taglio di quasi il 7% del capitolo relativo all’esercizio, che comprende voci come la formazione e l’addestramento del personale, nonché la manutenzione e il supporto degli equipaggiamenti. Il notevole impegno italiano nelle missioni internazionali implica un’usura costante dei materiali e dei mezzi, e quindi la necessità di investire nella loro manutenzione e sostituzione.

Altrettanto, se non più importante, è l’investimento nel capitale umano delle Forze Armate, la cui qualità è ampiamente riconosciuta in ambito internazionale, cioè nell’addestramento e nella specializzazione dei reparti impegnati in missioni molto diverse tra loro, che vanno dall’attuazione della no fly zone e dell’embargo navale in Libia, alla contro-guerriglia in Afghanistan, dalle operazioni di pace nei Balcani al contrasto alla pirateria nel Golfo di Aden.

Gli attuali vincoli di bilancio rendono improbabile un aumento significativo dei fondi destinati alla funzione difesa. L’unica opzione possibile per migliorare l’efficacia e l’efficienza dello strumento militare è perciò una sua razionalizzazione.

Per l’Italia si pone, in realtà, un problema serio di sostenibilità dello strumento militare:una sfida che il paese deve affrontare se vuole che le sue forze armate possano non solo assicurare un’efficace difesa, ma anche sostenere adeguatamente la proiezione internazionale del paese.

 

 

Alessandro Marrone è ricercatore presso l’Area Sicurezza e Difesa dello Iai.
Giulio Maria Raffa è stato stagista presso l’Area Sicurezza e Difesa dello Iai
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