Dopo il viaggio a New York del presidente iraniano Rohani e le inaspettate aperture diplomatiche all’Occidente e soprattutto agli USA, l’attenzione mediatica e degli esperti si è concentrata sulle relazioni tra Iran e Stati Uniti. Come “ciliegina sulla torta” del disgelo apparente tra Teheran e Washington poi, abbiamo potuto apprezzare la telefonata storica tra i due leader, Obama e Rohani, primo contatto diretto tra personalità politiche di spicco delle due nazioni da più di trent’anni a questa parte. Nel recente passato c’erano stati dei contatti per quello che riguarda vicende come quella irachena e afghana, ma mai si erano riscontrati contatti diretti ad alto livello, come quello tra i due presidenti o tra i Ministri degli Esteri, Kerry e Zarif. L’importanza di questi contatti è analizzabile da diverse prospettive, in primo luogo per via del fatto che i due paesi in questione non hanno più relazioni diplomatiche dal 1979, cioè da quando a Teheran un gruppo di rivoluzionari fece irruzione nell’ambasciata a stelle e strisce sequestrando il personale all’interno dell’edificio. Da allora i due paesi hanno vissuto in una situazione di costante guerra fredda.

Ma un eventuale miglioramento dei rapporti bilaterali non ha un impatto solo sulla forza e la tenuta di questi due attori della politica internazionale, ma anche su quella di altri attori, sia in Medio Oriente che a livello globale. Come sappiamo il cuore della geopolitica è rappresentato dallo scontro tra le varie potenze, e la concorrenza avviene su diversi livelli: economia, politica, cultura, strategia militare ecc. I vari attori geopolitici sono in continua lotta tra di loro, per il primato e per la supremazia. Il miglioramento dei rapporti tra USA e Iran ha un effetto diretto sulle altre potenze del Medio Oriente e dell’Asia occidentale. Non a caso alcuni paesi della regione hanno accolto con freddezza le notizie provenienti da Washington, in quanto un disgelo tra USA e Repubblica Islamica porterebbe ad un indebolimento delle istanze anti-iraniane di alcuni attori regionali. Paesi come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Kuwait e Azerbaigian, sicuramente non vedono di buon occhio un riavvicinamento tra Teheran e Washington. Tutto ciò in base al fatto che questi governi hanno impostato la loro politica regionale su un principio unico, l’opposizione all’Iran, e proprio per questo negli ultimi anni hanno ricevuto molto appoggio da Washington. Ora che Obama sembra voler intrattenere migliori relazioni con Teheran, la paura dei vari attori regionali filoamericani è di essere se non abbandonati, quanto meno “discriminati” dalle nuove scelte della Casa Bianca.

A un livello più basso, esistono serie preoccupazioni per un miglioramento delle relazioni USA-Iran in paesi come Pakistan, Turchia, Egitto e Turkmenistan. Ma il paese in generale più preoccupato per un miglioramento dei rapporti tra l’Iran e gli USA, almeno a livello mediorientale, è sicuramente Israele. A livello globale possiamo dire che certamente nazioni come Russia e Cina hanno beneficiato molto dai pessimi rapporti tra Iran e USA, basterebbe pensare al fatto che le potenze orientali sono i principali fornitori, anche a prezzi non di certo agevolati, di capacità militare e altro alla Repubblica Islamica. Se l’Iran dovesse riallacciare i legami con gli USA e con l’Occidente, Cina e Russia si troverebbero dinnanzi a una concorrenza per ciò che concerne la conquista del mercato iraniano, mentre ora possono agire come monopolisti. Non bisogna inoltre dimenticare il fatto che all’interno di Iran e USA vi sono comunque delle forti opposizioni al miglioramento dei rapporti bilaterali. In Iran il tutto è principalmente riconducibile a certi ambienti religiosi e non, fortemente ideologizzati e antiamericani. La loro opposizione al miglioramento delle relazioni Iran-USA deriva da questioni ideologiche. In altri casi invece vi sono dei monopolisti in ambito economico che campano e prosperano grazie alle sanzioni internazionali; per loro la fine delle sanzioni significherebbe anche la fine del lucro. Lo stesso si può dire per gli USA, dove gli ultraconservatori e i filoisraeliani sono molto contrari al ripristino delle relazioni bilaterali, con il timore che ciò possa isolare Tel Aviv in Medio Oriente. In generale possiamo notare come la vicenda sia molto complessa, e abbia diversi risvolti da analizzare, sia a livello interno di Iran e USA, sia in Medio Oriente, sia per le conseguenze per l’intero scacchiere globale; Russia e Cina rischiano di perdere la “carta iraniana” nelle loro trattative con l’Occidente.

 

 

* Seyyed Hadi Zarghani è docente di geopolitica presso l’università “Ferdowsi” di Mashad (Iran)

 

 

Traduzione a cura di Ali Reza Jalali


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