Quando si prendono in considerazione sondaggi di opinione bisogna tenere sempre presente di non trovarsi dinanzi la verità o a una fotografia reale dello stato delle cose. Come per le ricerche di mercato è importante ricordare che non servono per migliorare i prodotti o la soddisfazione del cliente: servono a chi ha commissionato la ricerca per capire l’opinione diffusa e tentare di sfruttarla al meglio. Nel nostro caso ci soffermiamo su una ricerca d’opinione elaborata da un centro di studi statistici statunitense per un pubblico prevalentemente statunitense, e quindi questa particolarità va tenuta a mente dal lettore, anche più dei metodi di ricerca (1), sia perché chi elabora la ricerca ne modifica il fenomeno, sia perché il risultato finale ha degli scopi precisi che hanno inciso quindi su tutto l’elaborato.

Indagare sull’opinione mondiale nei confronti degli Stati Uniti oggi è di grande interesse perché può aiutare nell’analisi delle attuali e future mosse globali di Washington. In una situazione di rinnovata guerra fredda (2) torna d’attualità, seppur con profonde novità, lo scontro fra potenze che sono oggi, fortunatamente, non più soltanto due.

Di certo risulta che gli Usa rimangono la potenza globale con maggiore seguito, e non potrebbe essere altrimenti, ma l’interesse deve concentrarsi sulle variazioni di questa fiducia e su chi la esprime.

Le popolazioni che indicano come principale alleato gli Stati Uniti sono quelle di: Bangladesh, India, Indonesia, Giappone, Filippine, Corea del Sud, Thailandia e Vietnam. Di questi le popolazioni di Giappone, Filippine e Vietnam considerano la Cina come la più grande minaccia; dal Bangladesh si guarda con maggior sospetto all’India che a sua volta teme il Pakistan.

Bisogna invece guardare a Malaysia e Pakistan per trovare popolazioni che considerano miglior alleato la Cina e vedono la peggior minaccia negli Stati Uniti. Interessante invece che i cinesi vedano la Russia come alleato migliore e sempre gli Usa come minaccia. Chiaramente invece per gli americani i migliori alleati rimangono gli inglesi e la peggior minaccia rimane il classico impero del male, il che ci riporta in piena guerra fredda, ossia la Russia.

Come è evidente i maggiori cambiamenti nell’opinione mondiale riguardano il campo asiatico: negli ultimi anni l’ascesa di Pechino ha modificato la percezione di molti, il 53% delle popolazioni asiatiche dicono che la crescita cinese è positiva per la propria vita e invece è calato di circa il 10% il numero di coloro che vedono gli Usa come prima economia mondiale: oggi sono il 40% contro un incremento del 12% della Cina che si attesta al 31%. E’ dal 2010 che anche le popolazioni europee vedono la Cina come prima economia mondiale, anche se questo trend, seppur in contraddizione con i fatti globali, va diminuendo: le motivazioni sono tutte da trovare nella rinnovata propaganda a stelle e strisce che segue il nuovo scontro geopolitico con gli Usa tornati alla ribalta attraverso un’azione Nato molto aggressiva.

Rimangono quindi gli Stati Uniti la nazione più attrezzata nel diffondere il proprio marchio nel mondo, vero e proprio bene geopolitico da curare e perfezionare. Nonostante le ultime guerre e scandali relativi allo spionaggio, che hanno fatto calare la fiducia nei confronti della gestione americana dei dati personali, la potenza atlantica è ancora ben vista da gran parte delle popolazioni globali. E’ una media del 65% globale che esprime fiducia verso Washington, nello specifico il 74% dalla regione africana, 66% da Europa (ma da questa media è esclusa l’opinione dei russi) e Asia, 65% America Latina e soltanto 35% dal vicino e medio oriente.

Interessante quindi indagare sull’opinione nazione per nazione: gli italiani esprimono opinione favorevole alla politica Usa passando dal 76% del 2000 al 78% odierno. L’attitudine favorevole è aumentata anche per quanto riguarda i francesi che nello stesso arco di tempo hanno dimenticato del tutto il gollismo passando dal 62% al 75% di favorevoli. Curioso vedere invece la controtendenza dalla Polonia che passa dal 86% al 73% e del Regno unito dall’83% al 66%, mentre la popolarità degli Stati Uniti in Grecia è a un bassissimo 34%.
Non sorprende invece il dato russo: la fiducia nei confronti degli Usa riguarda una piccola fetta di popolazione ed è addirittura scesa dal 37% del 2000 al 23% attuale. Anche la fiducia degli ucraini, per rimanere nell’area è scesa dal 70% al 57%.
Nel vicino e medio oriente invece solo in Israele c’è una ottima opinione degli Usa all’84% mentre Egitto, Giordania, Turchia si attestano rispettivamente al 10, 12 e 19 per cento. Nei territori Palestinesi la fiducia verso gli Stati Uniti è del 30%, invece arriva al 41% e 42% in Libano e Tunisia.
Nella zona asiatica, a parte i picchi di fiducia nei fedeli alleati Filippine (92%) e Corea del Sud (82%), la media supera di poco il sessanta percento passando dal 50% cinese, al 55% indiano fino al non altissimo 66% giapponese. In Pakistan, come accennato, la fiducia verso gli Usa è al 14%, come vedremo anche a causa dell’utilizzo dei droni nell’area.
Se in Africa l’opinione diffusa è sempre abbastanza alta (in Uganda il picco più basso al 62%), in America Latina non sorprende la bassa fiducia degli argentini al 36%, invece sorprende, ma per questo rimandiamo alle premesse iniziali dell’articolo, il 62% dei venezuelani fiduciosi.

I cambiamenti, come dicevamo, sono l’aspetto più interessante: nell’ultimo anno, quindi dal 2013 al 2014, la popolarità Usa è calata maggiormente in Russia (-28%), Uganda (-11%), Brasile (-8%) è invece aumentata nei territori palestinesi del +14% (ma in questo caso bisognerebbe aggiornare i dati al nuovo attacco israeliano in corso questi giorni), in Francia (+11%) e Cina (+10%).

La forza del marchio Usa e quindi della propaganda nel diffonderlo si misura concentrando l’attenzione sulle giovani generazioni. Queste sono tutte generalmente più favorevoli agli Usa di quelle adulte: praticamente in tutte le nazioni si passa da un massimo di 25% verso percentuali più basse, della parte di popolazione giovane (18-29 anni) che apprezza gli Usa più di quella adulta (maggiori di 50 anni); in altre parole la popolazione giovane apprezza più gli Usa di quella adulta con percentuali considerevoli, soprattutto in popolazioni asiatiche (in Cina la differenza è del 21%), ma anche in Brasile (il gap è del 16%) e Russia (differenza del 10%).

Anche la popolarità di Obama pare difendersi bene, anche se ha subito importanti colpi: nell’ultimo anno ha avuto un calo in doppia cifra in Germania (-17%), Russia (-14%), Argentina (-13%), Brasile (-17%) e Giappone (-10%). In Cina invece la popolarità di Obama è cresciuta del 20%.

Oltre la crisi economica i temi che più hanno colpito l’immagine Usa nel mondo è l’utilizzo dei droni e le rivelazioni di Edward Snowden relative allo spionaggio militare, industriale e politico che gli Usa effettuano anche sugli alleati europei. Inoltre la competizione con la Cina comporta profondi mutamenti nell’area asiatica.
Curioso notare per esempio come soltanto la popolazione israeliana sia favorevole all’utilizzo dei droni (65%) addirittura con più forza della stessa popolazione americana (52%). Per il resto l’opinione diffusa è totalmente negativa. Allo stesso modo se si chiede alle popolazioni se gli Usa rispettano le libertà dei propri cittadini, in molti risponderanno più di anni fa che non li rispettano. Quasi solo i più stretti alleati asiatici, gli africani, Israele e a sorpresa gli italiani, credono ancora nella garanzia americana dei diritti della popolazione americana.

Come si accennava nella competizione globale ha un posto importante la Cina che va presa in considerazione in quante forte competitor degli Stati Uniti; Pechino non piace al popolo Usa: il 55% la guarda con sfavore, ma ancora peggio la vedono tedeschi (64%) ed italiani (70%); in generale tutta Europa ha un’opinione cattiva dell’Impero celeste (solo in Grecia i favorevoli sono di più) e questo è probabilmente effetto della nuova guerra fredda globale, con l’Europa occidentale saldamente dietro la cortina di ferro della Nato. Ovviamente in Ucraina e Russia l’opinione sulla Cina è fortemente favorevole (64%). E lo stesso succede in Tunisia e in Palestina. Molto significativa è invece la totale opinione favorevole espressa nei confronti della Cina sia in Africa che in America Latina.

In una situazione come quella attuale, in cui la gli scontri geopolitici stanno aumentando di intensità per via dell’affermarsi di un multipolarismo che minaccia l’unipolarismo dell’ex unica grande potenza Usa, l’opinione globale viene tenuta costantemente sotto controllo dagli attori, in special modo da quello americano che è meglio attrezzato al riguardo, in quanto è una delle armi con cui affrontare l’arena globale. Non è un caso se proprio in questi giorni come ambasciatore statunitense a Mosca sia stato nominato John “Terminator” Tefft, ossia un grande nemico della Russia; e se quest’ultima ha accettato la nomina il motivo è che ormai lo scontro è insanabile e ci si trova davvero davanti un’escalation in cui l’Europa si ritrova schierata suo malgrado. L’analisi geopolitica deve progredire per posizionarsi con maggiore efficacia ed efficienza così da compiere scelte che vadano a vantaggio della popolazione europea nel complesso e non solo del maggiore azionista della Nato.

* Matteo Pistilli è vicepresidente del Centro Studi Eurasia Mediterraneo e redattore di “Eurasia, rivista di studi geopolitici”.

NOTE
1. La ricerca è condotta fra marzo, aprile e maggio 2014 da Princeton Survey Research Associates International e rielaborata dal Pew Research Center http://www.pewglobal.org su campioni di popolazione adulta sulle diverse nazionalità, selezionate per regione e zona urbana, alcune tramite interviste faccia a faccia, altre attraverso interviste telefoniche.
2. La seconda guerra fredda, Eurasia, rivista di geopolitica XXXIV (2 – 2014). Collegamento: http://www.eurasia-rivista.org/la-nuova-guerra-fredda/21690/


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