Caso Mavi Marmara: si è aperto a Istanbul nei giorni scorsi il procedimento giudiziario contro i massimi responsabili all’epoca dei fatti (maggio 2010) delle Forze Armate israeliane: il capo di stato maggiore dell’Esercito, Gabiel Ashkenazi, quello della Marina, Eliezer Alfred Marom e quello dell’Aviazione, Avishai Levi. Sul banco degli imputati – tutti assenti e contumaci, ovviamente – anche il capo dei Servizi di intelligence delle Forze Armate, Amos Yadlin e il generale Aluf Tal Russo.

La clamorosa iniziativa turca ha suscitato il risentimento di Tel Aviv, che – per bocca di un portavoce del ministro degli Esteri –ha tacciato di “farsa”  il processo, in coerenza con l’atteggiamento sprezzante e di chiusura assoluta al riconoscimento di responsabilità tenuto dal governo israeliano da quel 31 maggio 2010.

Quel giorno furono 9 i morti fra i viaggiatori della nave turca assaltata in acque internazionali dagli israeliani mentre cercava di portare aiuti alimentari e di primo soccorso alla striscia di Gaza, posta sotto blocco militare da Tel Aviv. Gli altri presenti sulla nave furono arrestati, portati in territorio israeliano e poi espulsi dopo maltrattamenti. Si registrarono nell’occasione anche 40 feriti gravi, di cui uno – Uğur Sűleyman Soylemez, un quarantanovenne di Ankara– in coma ancora oggi.

Le reazioni internazionali – in particolare quelle occidentali – furono generalmente blande e improntate a disimpegno, mentre il rapporto Palmer dell’ONU riconosceva un uso “eccessivo” e “irragionevole” della forza da parte israeliana pur in presenza – così si asseriva nel rapporto – di un “blocco legittimo” imposto a Gaza.

Per l’opinione pubblica turca l’impatto della tragedia fu e resta enorme, amplificata per l’appunto dalla sostanziale indifferenza da parte occidentale e dal fatto che le successive richieste di scuse e di indennizzi per le vittime rivolte da Ankara a Tel Aviv sono rimaste lettera morta, così come è proseguito il blocco nei confronti dei reclusi a cielo aperto di Gaza.

Le richieste di condanna del pubblico ministero potrebbero comportare anche sentenze di ergastolo, con possibile emissione di ordini di arresto internazionali, ma soprattutto con un definitivo tracollo delle relazioni fra Turchia e Israele. “Tutto è ora in mano alla Corte”, ha sottolineato il vicepresidente dell’IHH (l’organizzazione che predispose la missione della Mavi Marmara), Hűseyin Oruç, mentre un migliaio di manifestanti si è riunito davanti al Tribunale chiedendo giustizia per i nove connazionali assassinati

Nel frattempo la Turchia ha annullato l’acquisto di alcuni droni tattici israeliani Aerostar, e – a quanto riferisce il quotidiano Zaman – il Primo ministro Erdoğan ha preannunciato una sua visita a Gaza in compagnia dell’ex Presidente palestinese Mahmoud Abbas, allo scopo di cercare di sanare le tensioni fra Fatah e Hamas e di offrire solidarietà alla popolazione palestinese.


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Aldo Braccio ha collaborato con “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” fin dal primo numero ed ha pubblicato diversi articoli sul relativo sito informatico. Le sue analisi riguardano prevalentemente la Turchia ed il mondo turcofono, temi sui quali ha tenuto relazioni al Master Mattei presso l'Università di Teramo e altrove. È autore dei saggi "La norma magica" (sui rapporti fra concezione del sacro, diritto e politica nell'antica Roma) e "Turchia ponte d’Eurasia" (sul ritorno del Paese della Mezzaluna sulla scena internazionale). Ha scritto diverse prefazioni ed ha pubblicato numerosi articoli su testate italiane ed estere. Ha preso parte all’VIII Forum italo-turco di Istanbul ed è stato più volte intervistato dalla radiotelevisione iraniana.